mercoledì 17 maggio 2017

La dea vivente Kumari Devi

Le finestre dalle quali si affaccia la Kumari Devi
Una delle figure più caratteristiche della cultura induista nepalese è quella della Kumari Devi, la Dea Vivente.
Letteralmente il nome significa Dea Principessa e viene usato per descrivere una bambina considerata a tutti gli effetti una divinità, fino all’età del primo ciclo mestruale o di una qualunque altra grave perdita di sangue.
In quel momento viene spogliata del suo titolo, e vengono effettuate delle laboriose selezioni per eleggere la nuova bambina sulla quale cadrà il compito di rappresentare la divinità Taleju Bhawani, una forma benevola della dea Durga.
Alloggiata presso il bel Kumari Bahal (Palazzo della Kumari) nella piazza centrale di Kathmandu, la Kumari Devi vive in uno stato di quasi completo isolamento dal mondo esterno, escluse un paio di fugaci apparizioni giornaliere dalle finestre del cortile interno e durante le più importanti feste religiose, quando viene portata in processione sopra un palanchino per le vie della città.

Le origini di questa tradizione sono poco chiare e tra le numerose leggende che la riguardano nessuna sembra avere una netta predominanza sulle altre; il fatto comunque rimane, come il dubbio che si tratti di un’usanza ai limiti del grottesco.
Segregare una bambina all’interno di un palazzo, per quanto ampio e bello, durante gli anni più importanti della sua crescita, venerarla come una Dea e quindi liquidarla con un vitalizio economico e qualche terreno una volta che diventa adulta, non sembra un costume consono ad una società civile del XXI secolo.
Ciò che preoccupa è soprattutto il fato di queste ragazze una volta terminato il loro periodo di dee viventi, visto che in passato, a causa di forti superstizioni, per loro non era facile trovare marito, ed in una società conservatrice come quella nepalese, questo poteva essere effettivamente un grosso problema.
In tempi moderni sembra che siano tutte riuscire a sposarsi, a parte quelle più giovani, e considerati i doni che le vengono offerti finito il loro compito “divino”, in genere non hanno grossi problemi a crearsi una nuova vita.

Particolare di un bassorilievo rappresentante la dea Taleju
Alcuni anni fa, un interessante signore nepalese che lavorava in un negozio di alimentari in Freak Street a Kathmandu, ci raccontò di aver conosciuto una ex-Kumari, che vive ad Harisiddhi, una zona sacra e sud della Valle di Kathmandu, e ci diede alcuni piccoli dettagli.
Per esempio, una felice sorpresa è stato apprendere che viene molto rispettata dalla gente comune per il suo passato, ma non in maniera eccessiva o impegnativa.
Avendo ricevuto un buon terreno, in aggiunta alla pensione, anche se quella ragazza non era ancora sposata, poteva provvedere tranquillamente ai propri bisogni.
E soprattutto pare che, in realtà, il problema del matrimonio non sussista, visto che per coloro i quali non credono alla superstizione, una ex-Kumari al contrario è una moglie ambita.

Come per molte tradizioni tipiche della Valle di Kathmandu, ognuna della tre città storiche, Kathmandu, Patan e Bhaktapur, possiede la propria dea vivente, seppur quella della capitale sia da sempre è la più importante e venerata.
Considerando che il palazzo della Kumari è una della poche costruzioni della Durbar Square (Piazza Reale) sopravvissute al terremoto del 2015, una visita al suo piccolo ma elaborato cortile interno è sicuramente interessante, magari tra le 11 e le 12, o dalle 16 alle 18, quando avvengono le sue fugaci apparizioni, di circa un minuto, dalle finestre del secondo piano.

Solitamente comunque il suo arrivo è anticipato da uno degli anziani guardiani, che avvisa gli astanti di mettere via le macchine fotografiche, in quanto è tassativamente vietato fotografare la dea all’interno del suo palazzo.

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