venerdì 31 marzo 2017

Uccelli del Nepal, introduzione

Nonostante le modeste dimensioni del territorio, il Nepal ospita un numero sorprendentemente alto di specie di uccelli.
Per avere dei termini di paragone, il Nepal ha un superficie di circa 147.000 km quadrati e sul suo territorio si possono incontrate circa 900 specie aviarie; la vicina India, di per sé considerabile un paradiso avifaunistico, ospita circa 1.250 specie di uccelli, ma su una superficie di ben 3.287.000 km quadrati, ventidue volte più grande di quella del Nepal; in Italia, che per gli standard europei risiedono un buon numero di specie aviarie, il rapporto è di circa 301.000 km quadrati di superficie, grossomodo il doppio del Nepal, ma con “sole” 520-530 specie di uccelli presenti.
Il motivo di questa notevole differenziazione è dato dai numerosi ecosistemi presenti in Nepal, che vanno dalle pianure meridionali sul livello del mare, fino alle più alte montagne del pianeta, con gli 8.848 metri del Monte Everest.
Geograficamente il Nepal può essere diviso in tre fasce orizzontali abbastanza definite: le pianure del Terai a sud, le colline pre-himalayane al centro e le alte montagne nella fascia settentrionale.

La zona meridionale del Nepal, confinante con l’India e chiamata Terai, é costituita dalla parte più settentrionale della pianura gangetica ed ospita quindi specie aviarie tipiche delle pianure del nord dell’India.
La zona orientale confina con lo stato del Bihar e si tratta di una vasta area di campagna piuttosto depressa economicamente, soggetta a siccità ed inondazioni, ma molto fertile e quindi densamente popolata.
La presenza del fiume Koshi e della grande diga che forma un esteso bacino idrico, sono di fondamentale importanza per lo sviluppo dell’area, ma anche per il sostentamento di un buon numero di specie di uccelli, sia locali che migratori.
L’area centro-occidentale del Terai confina principalmente con lo stato indiano dell’Uttar Pradesh ed è occupata da grandi foreste ed almeno due fiumi di notevole portata, il Karnali ed il Gandaki.
Data la ancora scarsa popolazione, queste aree sono particolarmente apprezzate dal punto di vista naturalistico e protette in due grandi parchi nazionali, il Chitwan National Park ed il Bardia National Park, che ospitano un elevato numero di specie di flora e fauna, e quindi di uccelli.

La fascia centrale del Nepal è occupata dalle colline pre-himalayane, fino ad un’altitudine di circa 2.500-3.000 metri.
Sebbene qui si trovino alcune delle valli più densamente popolate del paese, la Valle di Kathmandu e quella della città di Pokhara, le sterminate foreste che coprono la maggior parte di queste colline ospitano un’avifauna particolarmente varia.
Anche climaticamente la posizione risulta essere molto favorevole, potendo saltuariamente ospitare anche gli uccelli tipici delle pianure, che col caldo estivo spesso risalgono le colline, e quelli delle montagne, che durante i periodi più freddi dell’inverno possono scendere in cerca di temperature più miti.
In effetti anche la pur popolosa Valle di Kathmandu e la crescente Valle di Pokhara, si trovano più o meno circondate da verdeggianti colline e non molto lontano dalle alte montagne himalayane, quindi offrono condizioni abbastanza ospitali per varie specie di uccelli.

La zona settentrionale del Nepal è occupata dalle montagne che vanno dai 3.000 metri fin sopra agli 8.000 ed è quindi solo sparsamente popolata.
Considerando che sull’Himalaya le nevi perenni iniziano attorno ai 5.000 metri di altitudine, questa fascia ospita un elevato numero di uccelli d’alta montagna, cui si aggiungono alcune specie più estreme in grado di sopravvivere alle più elevate altitudini.
Grazie alla presenza di numerosi e comodi trekking, nonostante la posizione remota, alcune di queste zone sono facilmente esplorabili in cerca delle locali specie di uccelli.

Invero, i trekking, attività durante la quale si trascorrono una media di 6-8 ore a camminare tra boschi incontaminati, sono probabilmente l’esperienza migliore per la conoscenza dell’avifauna nepalese.

martedì 28 marzo 2017

I fiumi più lunghi dell'India, IV parte

Il Triveni Sangam di Allahabad
Per completare la nostra panoramica sui fiumi indiani, un breve cenno a 4 corsi d’acqua noti, più che per la loro lunghezza, per l’importanza culturale: il Beas, il Sarayu, il Phalgu ed il Saraswati.

Il Beas è il più breve dei 6 fiumi indiani del bacino dell’Indo, con un percorso di 460 chilometri, ma dalla discreta importanza storico-culturale.
Storicamente il Beas, chiamato Hyphasis in greco, rappresenta il punto più orientale raggiunto dalla truppe di Alessandro Magno, che sulle sue sponde ammutinarono proprio a causa della frustrazione nel dover compiere ripetute ed impegnative traversate di fiumi.
Più recentemente, nella seconda metà del XX secolo, il Beas è stato interessato da numerosi progetti ingegneristici con la costruzione di alcune dighe per l’irrigazione dei campi e la produzione di energia elettrica.
Oltre a questo, il fiume Beas è piuttosto noto turisticamente, grazie ai meravigliosi panorami di montagna che si sviluppano lungo la prima parte del suo percorso, dalla sorgente presso il Passo di Rohtang a 4.600 m s.l.m., fino a scendere lungo la piacevole Valle di Kullu, dove si trovano alcuni noti centri turistici, come la cittadina di Manali.

Il fiume Sarayu è lungo 350 chilometri e si forma nello stato dell’Uttar Pradesh, dall’incontro del fiume Sharda (confine naturale tra India e Nepal) e del Karnali, del quale il Sarayu viene da alcuni geografi considerato l’estensione meridionale.
Si guadagna però un posto nella nostra lista per l’importanza religiosa, data la presenza sulle sue sponde della città sacra di Ayodhya, luogo di nascita e morte, nonché regno, del dio Rama, settima incarnazione di Vishnu.
Seppur oggigiorno si trovi in un’area ancora fortemente depressa, Ayodhya è meta continua di pellegrinaggi, che prevedono, come primo rituale, un bagno purificatore nelle acque del Sarayu.
Il fiume rappresenta essenzialmente il confine settentrionale della città, cui si aggiunge un braccio che entra per poche centinaia di metri nel centro urbano.
Qui si trovano alcuni ghat e templi che si affacciano sull’acqua, il cui instabile livello è assicurato da un semplice ma effettivo sistema di chiuse.
L’importanza di questo tratto di fiume è dato dal fatto che qui il dio Rama si immerse per abbandonare le spoglie mortali e tornare in cielo.

Se il corso del fiume Sarayu può essere considerato modesto, quello del Phalgu è estremamente ridotto, arrivando solo a poche decine di chilomtetri, dalla confluenza di due piccoli rivoli collinari nei pressi della cittadina di Bodhgaya, nello stato del Bihar, fino all’incontro con il fiume Punpun, un affluente meridionale del Gange.
Oltre a questo, seppur talvolta sia soggetto ad inondazioni, il Phalgu è un fiume monsonico ed al di fuori della stagione delle piogge la sua portata è estremamente ridotta.
La sua importanza non può quindi che essere religiosa e data dalla presenza, a breve distanza tra loro, di due luoghi sacri, la già citata Bodhgaya, dove il Buddha ricevette l’illuminazione, e la città di Gaya, nota nell’induismo per i rituali dedicati ai defunti ed agli antenati; per questi motivi il fiume Phalgu è citato in numerosi testi sacri sia buddisti che indù.
In particolare, piuttosto interessante è il tratto del fiume che costeggia la città di Gaya, sulle cui sponde si trova il Vishnupad Mandir, uno dei templi più sacri dedicati a Vishnu, nonché un grande campo crematorio, situato nell’ampio letto sabbioso del fiume (per ulteriori dettagli su Gaya e Bodhagaya rimandiamo a due precedenti post http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/02/la-citta-di-gaya.html, http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/07/luoghi-sacri-buddisti-ii-parte-bodhgaya.html).

L’importanza del fiume Saraswati è prettamente storico-religiosa visto che geograficamente il corso d’acqua si è estinto nel II millenno a.C..
Citato ripetutamente nei Veda, il fiume Saraswati, dalla cui divinizzazione nacque la dea Saraswati, scorreva da nord a sud nel Rajasthan occidentale, parallelo al corso del fiume Indo ed all’attuale confine indo-pakistano.
Almeno questa è la teoria più diffusa tra gli studiosi, che comunque sono abbastanza concordi nell’affermare che facesse parte di quello che oggi è il bacino fluviale endoreico (privo di emissari) del fiume monsonico Ghaggar-Hakra.
Sulle sue sponde fiorì la cultura sanscrita vedica, la cosiddetta civiltà dell’Indo o di Harappa, fino alla progressiva desertificazione che portò allo spostamento della civilizzazione verso oriente sulle sponde dei fiumi Yamuna e Gange.
Oggigiorno la caratteristica principale con la quale viene riconosciuto il fiume Saraswati è quella mistica, dalla quale deriva la nota abitudine induista di considerare sacro l’incrocio tra due fiumi, chiamato dal sanscrito sangam, poiché si presume che ai due fiumi fisici si unisca centralmente il mistico Saraswati, considerato il fiume della conoscenza spirituale.
Il luogo più importante per questa tradizione è la città sacra di Allahabad, attraversata dal Gange e dallo Yamuna, che qui si incontrano, con il Saraswati, presso il Triveni Sangam (per ulteriori dettagli http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2016/06/il-sangam-ed-i-mela-di-allahabad.html).

lunedì 27 marzo 2017

I fiumi più lunghi dell'India, III parte

I fiumi indiani trattati in questa terza parte sono 5: Jhelum, Tapti, Koshi, Ravi e Gandaki.

Il Jhelum è uno dei cinque fiumi storici del Punjab, il terzo per lunghezza con 725 chilometri, e nasce tra le montagne del Kashmir, prima di diventare un tributario del Chenab.
Essendo il più occidentale dei cinque, scorre in gran parte in Pakistan o in territori contesi con l’India, ma le sue acque sono interamente assegnate al Pakistan, secondo l’Indus Water Treaty, un importante trattato firmato nel 1960 tra i due paesi, proprio per regolare pacificamente, e produttivamente, la distribuzione della acque dei 6 fiumi del bacino dell’Indo che interessano entrambi (per ulteriori dettagli rimandiamo ad un post sui bacini idrici indiani http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2017/03/i-fiumi-indiani-introduzione-generale.html).
Come il Chenab, anche il Jhelum ha avuto una notevole importanza storica legata alla spedizione nel nord dell’India di Alessandro Magno.
Fu infatti sulle sponde del fiume Hydaspes, nome greco per il Jhelum, che Alessandro sconfisse nel 325 a.C. il re indiano Poro, permettendo l’avanzamento macedone in Punjab.
Qui Alessandro fece costruire una città che chiamò Bucephala, in onore del suo cavallo Bucephalus, morto in seguito ad una ferita riportata durante la Battaglia di Hydaspes, oggigiorno nei pressi della città Pakistana di Jhelum.

Il percorso di circa 724 km del fiume Tapti o Tapi inizia in Madhya Pradesh, attraversa il nord del Maharashtra, quindi entra in Gujarat per sfociare presso la città industriale di Surat, precisamente nel porto di Magdalla.
Nonostante il dicretamente lungo percorso e la notevole ampiezza generale del bacino, il Tapti non presenta nessuna particolare caratteristica, attraverando zone anonime e prive di qualsivoglia interesse.

Al contrario, il fiume Koshi o Kosi, lungo anch’esso circa 720 km, è un corso d’acqua piuttosto interessante, di notevole importanza geografica, economica e culturale.
La sua origine nelle zone meridionali del Tibet è alquanto confusa a causa dei numerosi piccoli torrenti presenti tra i ghiacciai e le alte montagne.
Anche entrando in territorio nepalese sono ben 7 i fiumi tributari di questo corso d’acqua, che dopo aver attraversato il canyon Chatra Gorge nel Nepal orientale, viene infatti chiamato Saptkoshi, con sapt che significa appunto sette.
Superato il confine indo-nepalese, il Koshi attraversa il nord dello stato del Bihar per andare infine a sfociare nel Gange.
Il suo percorso è caratterizzato dalla presenza di numerosi ecosistemi, partendo dall’altopiano tibetano, le montagne e le colline himalayane, le catene collinari del Mahabharat e Shivalik, ed infine le pianure del Terai.
Data l’ampiezza e ricchezza del bacino idrico, purtroppo il Koshi è noto per le numerose e devastanti alluvioni, il cui numero elevato di vittime dipende dal fatto che, grazie alla fertilità dei terreni, proprio le aree a maggior rischio inondazioni sono le più popolate.
Fin dagli anni ’60 il governo indiano, in collaborazione con quello nepalese, sta cercando di limitare i danni con la costruzione di dighe, sbarramenti e canali, su tutti il grande Koshi Barrage, ma la situazione è molto complicata.
Culturalmente il Koshi è citato sia nei Veda che nel Mahabharata ed in alcuni purana, ma non ospita centri religiosi di particolare interesse.
Al contrario, negli ultimi decenni, il bacino del Koshi sta attirando un numero sempre maggiore di turisti, grazie alla presenza del Sagarmatha National Park, il parco nazionale sorto attorno al Monte Everest, ed il Koshi Tappu Wildlife Reserve, che protegge invece le foreste collinari e di pianura.
In lento ma costante sviluppo sono anche le attività sportive d’avventura che si possono praticare sul fiume Koshi, come rafting e canyoning.

Anche il fiume Ravi nasce sull’Himalaya ed ha un percorso di 720 chilometri, dalle montagne della Valle di Kangra, in Himachal Pradesh, fino alla pianura del Punjab pakistano, dove si unisce al Chenab, prima di mergere nell’Indo.
Essendo il terzo fiume più orientale del bacino dell’Indo, regolato dal già citato trattato stipulato tra India e Pakistan, lo sfruttamento delle sue acque in territorio indiano, circa la prima metà, è stato assegnato all’India, mentre la seconda metà al Pakistan.
In realtà la distribuzione dell’acqua del Ravi crea più problemi a livello nazionale, con numerose e lunghe dispute giudiziarie tra gli stati indiani attraversati, Himachal Pradesh e Punjab, che si contendono soprattutto il diritto di costruire dighe e canali.
A parte questo, il Ravi possiede una certa importanza storico-artistica grazie alla presenza, sulle sue sponde, della città pakistana di Lahore, in passato ricca e contesa dai più potenti regnanti della zona, ed oggigiorno dotata di numerosi pregevoli edifici in stile persiano ed indu-mussulmano.

Il Gandaki è uno dei più importanti fiumi del Nepal, che nasce al confine con il Tibet e sfocia, dopo un percorso di 630 km, nel fiume Gange, presso la città di Patna, capitale dello stato del Bihar.
L’importanza del Gandaki in Nepal è prettamente naturalistica, attraversando regioni montane di indubbia bellezza e quella che viene considerata la gola più profonda del mondo, detta Kali Gandaki Gorge, dove il fiume scorre tra la montagna del Dhaulagiri, alta 8.167 m, a ovest e l’Annapurna I, alta 8.091 m, a est.
Questa prima parte del percorso è piuttosto nota turisticamente per i trekking attorno al massiccio dell’Annapurna, mentre nelle pianure il Gandaki forma il confine occidentale del grande Chitwan National Park, che ospita alcune delle specie di animali più rare del subcontinente come tigri, rinoceronti e gaviali.
Anche una volta entrato in India il Gandaki attraversa alcune zone forestali di un certo interesse, come l’area del Valmiki National Park in Bihar.
Culturalmente il Gandaki riveste una certa importanza per l’induismo in quanto si ritiene che proprio sulle sponde di questo fiume il saggio e poeta Valmiki scrisse il Ramayana, il poema epico che narra le gesta del dio Rama, ed il cui ashram è stato individuato all’interno del Parco Nazionale di Chitwan.
Ultima caratteristica cultural-religiosa-naturalistica del fiume Gandaki è la presenza, nel tratto più settentrionale, di numerosi shaligram, pietre tondeggianti di colore scuro che contengono fossili di conchiglie marine, la cui forma viene considerata una rappresentazione aniconica del dio Vishnu. (per ulteriori dettagli rimandiamo ad un post specifico sull’argomento http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/09/breve-cenno-ai-shaligram.html).

sabato 25 marzo 2017

I fiumi più lunghi dell'India, II parte

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Il fiume Chambal nei pressi di Kota in Rajasthan
In questa seconda parte della nostra panoramica sui fiumi più lunghi dell’India, accenneremo brevemente a 6 corsi d’acqua tra i 960 ed i 765 chilometri: Chenab, Chambal, Gomti, Mahanadi, Son e Kaveri.

Il Chenab è lungo circa 960 chilometri, partendo dalle remote regioni montane dell’Himachal Pradesh, fino alle pianure del Pakistan, dove merge nel fiume Indo, dopo aver assorbito gli altri 4 fiumi storici del Punjab, Sutlej, Jhelum, Ravi e Beas (per ulteriori dettagli su questo bacino idrico rimandiamo al primo post dedicato ai fiumi indiani http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2017/03/i-fiumi-indiani-introduzione-generale.html).
Oltre all’importanza del Chenab per l’agricoltura, di notevole interesse storico è il luogo d’incontro di questo fiume con l’Indo, in quanto pare ospitare le fondamenta dell’antica Alessandria sull’Indo, città fondata da Alessandro Magno.
Stando a Diodoro Siculo, questa importante colonia macedone sulle rive del fiume Acesines (nome greco del Chenab dall’originale sanscrito Asekini) era abitata da circa 10.000 persone, principalmente veterani traci e locali.

Il fiume Chambal è lungo anch’esso circa 960 km ed è un tributario dello Yamuna.
Originario delle colline Vindhya dello stato centrale del Madhya Pradesh, scorre in direzione nord-nord est, bagnando il Rajasthan e costituendo in alcuni tratti un confine naturale tra i due stati, prima di entrare brevemente in Uttar Pradesh e sfociare nello Yamuna.
L’importanza del Chambal è soprattutto naturalistica, grazie al fatto che, attraversando aree forestali scarsamente abitate, possiede acque particolarmente pulite che ospitano flora e fauna molto varie, tra cui i rari delfini del Gange, i gaviali e ben 8 specie di tartarughe.

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Il fiume Gomti presso Jaunpur all'inizio dell'800
Il fiume Gomti nasce da una riserva idrica nella zona occidentale dello stato dell’Uttar Pradesh, che attraversa per lungo prima di sfociare, dopo circa 900 km, nel Gange.
La sua portata è piuttosto irregolare in quanto dipende principalmente da piccole sorgenti e dalle piogge monsoniche.
L’importanza religiosa del Gomti è abbastanza limitata, mentre maggiore è quella storica, attraversando città dal ricco passato come Lucknow (ancora oggi capitale dell’Uttar Pradesh), Sultanpur e Jaunpur (alcuni secoli fa capitali di piccoli ma ricchi principati mussulmani).
Piccola curiosità, lungo le sponde di questo fiume sono facilmente rinvenibili opercoli di alcune lumache di fiume, chiamati localmente Gomti Chakra e considerati nell’induismo amuleti di buon auspicio per la protezione dei bambini.

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Il fiume Mahanadi in Chhattisgarh
Il Mahanadi è un fiume di 858 chilometri che scorre nella zona centro-orientale dell’India ed è il corso d’acqua più importante dello stato dell’Orissa.
Come gli altri fiumi del centro del paese che non sgorgano da ghiacciai di montagna, il Mahanadi è stagionale e si forma dalla confluenza di numerosi rivoli, quindi è difficile individuare il punto preciso da cui far partire il suo percorso, che comunque si trova tra le colline dello stato del Chhattisgarh.
Di scarso interesse religioso, il Mahanadi (letteralmente grande, maha, fiume, nadi) storicamente è stato sfruttato per fini commerciali sfociando, con un vasto delta, presso alcuni centri urbani che in passato erano fiorenti porti, come Cuttack e Sambalpur.
Fino a metà del secolo scorso infatti la parte finale del Mahanadi era interamente navigabile per quasi 200 chilometri, permettendo quindi un rapido trasporto delle merci che arrivavano dal mare verso il centro-nord del paese, ma successivamente con la costruzione della diga di Hirakud terminata nel 1957, la navigabilità del Mahanadi venne compromessa e limitata ormai al solo delta ed alla grande riserva d’acqua creatasi con la diga.
Costruzione della diga che, seppur abbia portato numerosi disagi e controversie, si sta rivelando estremamente utile nel tenere sotto controllo le periodiche e devastanti inondazioni che in passato avevano fatto guadagnare al Mahanadi il poco edificante titolo di “Dispiacere dell’Orissa”.

Il fiume Son è il secondo tributario meridionale del Gange dopo lo Yamuna, con una lunghezza di circa 784 chilometri.
La sorgente si trova ad Amarkantak, tra le colline del Madhya Pradesh, non molto lontano da dove sgorga il fiume Narmada, solo che il Son, invece di scorrere in direzione ovest, sale verso nord, entrando in Uttar Pradesh, Jarkhand e Bihar, prima di confluire nel Gange presso la città di Patna.
A causa della sua scarsa profondità ma notevole ampiezza, il Son non è facilmente sfruttabile e rappresenta una discreta sfida dal punto di vista ingegneristico, motivo del numero limitato di dighe e ponti.

Le cascate di Hogennakal sul fiume Kaveri
Come il Godavari ed il Krishna, anche il Kaveri sgorga presso la zona occidentale dell’altopiano del Deccan per andare a sfociare sul lato opposto nel Golfo del Bengala.
Trovandosi però più a sud, dove il cono della penisola indiana si restringe, il Kaveri ha una lunghezza decisamente inferiore, stimata attorno ai 765 km.
Importante corso d’acqua fin dall’antichità, il Kaveri ospita sulle proprie sponde alcuni centri religiosi, storiche cittadine, nonché il primo impianto idroelettrico dell’Asia, costruito nel 1902 per rifornire di elettricità la città di Bangalore.
Anche lo sfruttamento per l’irrigazione è notevole, con la presenza di ben 12 dighe e vari canali.

venerdì 24 marzo 2017

I fiumi più lunghi dell'India, I parte

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Immagine satellitare del corso dell'Indo
Iniziando la nostra panoramica sui fiumi più lunghi dell’India, in questa prima parte ne descriveremo brevemente 9: Indo, Brahmaputra, Gange, Godavari, Sutlej, Yamuna, Krishna, Narmada e Karnali o Ghaghara, accomunati da una lunghezza superiore ai 1.000 chilometri.
Come termine di paragone, ricordiamo che il Po è lungo 652 km.

Il fiume più lungo a toccare il territorio indiano è l’Indo, centrale nella cultura, storia e geografia del subcontinente, ma decisamente meno importante rispetto ai confini dell’India moderna.
Dei suoi quasi 3.200 chilometri, infatti, solo il 5% scorre in India, nelle remote regioni a nord-ovest del paese, mentre il resto, escludendo il 2% iniziale in Cina, taglia longitudinalmente il Pakistan.
Culturalmente, seppur quella della Valle dell’Indo fu la prima grande civiltà dell’area, il suo lento declino e lo spostamento degli interessi religiosi ed economici verso il bacino del Gange, da secoli aveva reso l’importanza del fiume Indo solo marginale, ben prima della divisione politica del subcontinente indiano.
Oggigiorno, seppur abbia perso la passata importanza storica e religiosa, l’Indo rappresenta comunque il fondamentale bacino idrico di un paese molto popoloso ed ancora legato all’agricoltura come il Pakistan.
Per ulteriori dettagli sul bacino dell’Indo e degli altri cinque fiumi che interessano l’India, rimandiamo al precedente post generale sui fiumi indiani (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2017/03/i-fiumi-indiani-introduzione-generale.html).

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Allagamento causato dal fiume Brahmaputra
Anche il secondo fiume più lungo a bagnare l’India, il Brahmaputra, non si può definire del tutto un fiume indiano visto che nasce in Cina, dove scorre per buona parte dei 2.900 chilometri di lunghezza totale, prima di entrare in India negli stati del nord-est, per poi mergere insieme ad altri fiumi (su tutti Gange e Meghna) nel grande delta fluviale del Bangladesh.
Rispetto agli altri corsi d’acqua del subcontinente indiano, il Brahmaputra riceve la maggior parte dell’acqua dai ghiacciai tibetani, che attraversa in gran numero durante la prima lunga tratta cinese, invece che dalle piogge monsoniche, rendendo la sua portata più regolare e sfruttabile anche per la navigazione.
Nel resto del subcontinente invece, l’utilizzo dei fiumi come linee di comunicazione è limitato a semplici servizi locali, proprio a causa dell’irregolare quantità d’acqua trasportata.

Il Gange è sicuramente il fiume più importante dell’India, dove sgorga e scorre quasi per intero, esclusa la parte finale del delta che si trova in Bangladesh.
Lungo le sue sponde sorgono alcuni dei luoghi sacri più importanti dell’induismo, senza contare il numero di piccole e grandi città che fanno della pianura gangetica una delle aree più popolate al mondo.
Per ulteriori dettagli rimandiamo ad un precedente post dedicato interamente al fiume Gange (http://informazioniindiaenepal.blogspot.com/2016/03/il-fiume-gange.html).

Il Godavari è il secondo fiume più lungo (1.465 km), dopo il Gange (2.600 km), a scorrere interamente in territorio indiano, partendo dalle colline del Maharashtra, per attraversare tutto l’altopiano del Deccan ed andare a sfociare nel Golfo del Bengala.
Pur senza raggiungere l’importanza del Gange, anche il Godavari è particolarmente riverito dai devoti indù e lungo le sue sponde sorgono numerosi centri religiosi, come Badrachalam, Trimbakeshwar, Nashik, Paithan, Antarvedi e Kovvur.
Attraversando grandi aree forestali, il Godavari ospita anche varie specie di flora e fauna, in molti casi protetti all’interno di Parchi Nazionali e Santuari Faunistici.

Il fiume Sutlej, lungo circa 1.370 chilometri, nasce in Tibet, scorre verso occidente attraversando il nord-ovest dell’India, bagna la regione del Punjab, di cui è il maggiore dei cinque fiumi storici (da cui il nome, panch, cinque, e jab, fiume), quindi entra in Pakistan per mergere nel Chenab e formare il Panjnad che dopo 45 chilometri sfocia nell’Indo.
L’importanza del Sutlej, più che culturale, è economica, essendo il Punjab indiano considerato il granaio del paese e le sue acque, insieme a quelle degli altri fiumi della regione, sono da secoli sfruttate per l’agricoltura.

Lo Yamuna (con circa 1.370 km) è il più lungo tributario del Gange ed un fiume di notevole importanza storica e religiosa.
Lungo il suo corso sorgono numerosi centri indù e grandi città, passate e presenti capitali, come Delhi ed Agra.
Per questo motivo, abbiamo già precedentemente trattato l’argomento Yamuna in un post specifico al quale rimandiamo (http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/06/il-fiume-yamuna.html).

Il fiume Krishna, per portata, viene considerato il quarto fiume più grande dell’India, dopo Gange, Godavari e Brahmaputra ed ha una lunghezza di circa 1.300 chilometri.
Come il Godavari, il Krishna nasce non molto lontano dalla costa occidentale dell’India, ma sfocia nella costa orientale del Golfo del Bengala, attraversando tutto l’altopiano del Deccan.
Anche lungo il suo corso sorgono alcuni centri religiosi, di secondaria importanza, e varie aree protette, seppur la caratteristica principale del Krishna sia forse l’elevato numero di grandi dighe e sbarramenti che ne costellano il percorso.
D’altronde le regioni attraversate sono spesso soggette a periodi di siccità e la costruzione di dighe garantisce una certa salvaguardia delle risorse idriche, oltre a generare preziosa energia elettrica.

Il Narmada, anch’esso lungo circa 1.300 km, segue il percorso inverso rispetto al Godavari ed al Krishna, nascendo nella zona orientale della penisola, ma andando a sfociare nella costa occidentale.
In questo modo attraversa lo stato del Madhya Pradesh e viene considerato per convenzione il confine naturale tra il nord ed il sud del subcontinente indiano.
Tra i luoghi più importanti legati al Narmada vi sono: Amarkantak, la sorgente del fiume, importante luogo di culto apprezzato anche per la verdeggiante natura circostante; le Marble Rock, delle spettacolari formazioni rocciose che l’acqua del fiume crea attraversando dei canali di calcare e basalto presso la città di Jabalpur; l’isola sacra di Omkareshwar, dove il fiume compie delle curve che ricordano il simbolo indù dell’Om.

Il Karnali, chiamato anche Ghaghara, nasce in Tibet, attraversa longitudinalmente il Nepal (del quale è il fiume più lungo con 507 km dei 1.080 totali), quindi entra in India per andare a sfociare nel Gange, nello stato del Bihar.
Gran parte del percorso del Karnali in territorio nepalese avviene attraverso zone ancora scarsamente abitate tra alte montagne e dense foreste, dove il corso del fiume è protetto all’interno di numerosi parchi e riserve naturali, che ospitano alcuni degli animali fluviali più rari del subcontinente indiano, come i delfini del Gange ed i gaviali.
Dai pressi del confine con l’India fino al Gange invece, il Karnali attraversa zone densamente abitate dove la sua maggior importanza è legata all’agricoltura ed alla fondamentale irrigazione dei campi.

giovedì 23 marzo 2017

I fiumi indiani, introduzione generale

Come abbiamo avuto modo di osservare in precedenti post sulla geografia ed il clima del subcontinente indiano (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/search/label/Geografia%20e%20clima), la posizione dell’India in generale non risulta particolarmente favorevole dal punto di vista dello sviluppo umano.
Gangas ir intakai.png
I fiumi che formano il bacino del Gange
Unica eccezione è l’abbondanza di grandi corsi d’acqua, lungo le cui sponde, come accaduto storicamente anche nel resto del mondo, si sono evoluti i primi insediamenti urbani di una certa importanza.
Nella cultura induista i fiumi sono considerati sacri in quanto manifestazione dell’aspetto materno di Dio e come tali vengono quindi venerati alla stregua di divinità, seppur purtroppo questo non sia un deterrente per limitare il loro inquinamento e sfruttamento, che in alcuni casi arrivano quasi a minare la loro stessa esistenza.
Ciononostante, l’induismo può essere considerato la religione dei fiumi, grazie alla loro importanza soprattutto in fatto di rituali e cerimonie, che preferibilmente vengono celebrate lungo le sponde di acque sacre.
Seppur tutti i corsi d’acqua siano considerati sacri, tradizionalmente sono 7 i fiumi più importanti dell’induismo: il Gange, lo Yamuna, il Narmada, il Godavari, il Kaveri, l’Indo ed il Saraswati.

La nostra panoramica segue l’ordine dettato dalla lunghezza, seppur non sia un parametro univoco, in quanto alcuni grandi fiumi scorrono in India solo per brevi o parziali tratti del loro percorso.
Prendendo come fonte la versione inglese di Wikipedia, abbiamo stilato una classifica dei primi 20 fiumi in ordine di lunghezza, cui abbiamo aggiunto altri 3 corsi d’acqua di una certa importanza ed un breve cenno al Saraswati, fiume vedico ormai estinto.

N.
Fiume
Chilometri
Origine
1
Indo
3202
Himalaya-Indo
2
Brahmaputra
2900
Himalaya-Brahmaputra
3
Gange
2525
Himalaya-Gange
4
Godavari
1465
Western Ghats
5
Sutlej
1450
Himalaya-Indo
6
Yamuna
1376
Himalaya-Gange
7
Krishna
1300
Western Ghats
8
Narmada
1290
Satpura Range
9
Karnali Ghaghara
1080
Himalaya-Gange
10
Chenab
960
Himalaya-Indo
11
Chambal
960
Vindhya Range
12
Gomti
900
Shivalik Range
13
Mahanadi
858
Eastern Ghats
14
Son
784
Satpura Range
15
Kaveri
765
Western Ghats
16
Jhelum
725
Himalaya-Indo
17
Tapi Tapti
724
Satpura Range
18
Koshi o Kosi
720
Himalaya-Gange
19
Ravi
720
Himalaya-Indo
20
Gandaki
630
Himalaya-Gange
21
Beas
460
Himalaya-Indo
22
Sarayu
350
Terai
23
Phalgu
Poche decine
Bihar
24
Saraswati
0
Rajasthan

Prima di addentrarci nei dettagli dei singoli corsi d’acqua, dedichiamo alcune righe di introduzione generale ai bacini idrici indiani.
Come intuibile dalla colonna riferita all’origine dei fiumi, la maggior parte dei grandi corsi d’acqua dell’India provengono principalmente da 3 zone: l’Himalaya a nord, le colline Satpura al centro ed i Western Ghats a sud.
I fiumi che scendono dall’Himalaya creano tre grandi sistemi idrici, quello dell’Indo e del Gange, nei quali convergono la maggior parte dei corsi d’acqua minori e che, soprattutto il secondo, interessano l’India; i maggiori fiumi del bacino del Brahmaputra si trovano principalmente il Bangladesh, quindi esulano dal nostro tema.

Il bacino idrico dell’Indo interessa l’India con 6 fiumi, l’Indo e 5 suoi affluenti che danno il nome alla vasta regione geografica del Punjab (panch, cinque, e jab, fiume), divisa tra India e Pakistan.
Il Sutlej, il Chenab, il Jhelum, il Ravi ed il Beas (in ordine di lunghezza) sono anche conosciuti con il nome comune di Panjnad River, che si forma dalla successiva convergenza di questi 5 fiumi prima di entrare nell’Indo: il Jhelum ed il Ravi si uniscono al Chenab, il Beas si unisce al Sutlej, quindi il Chenab ed il Sutlej si uniscono per formare appunto il Panjnad che scorre per 45 chilometri prima di incontrare l’Indo.
Oltre alle divisioni geografiche, questi 6 fiumi fanno parte dell’Indus Waters Treaty, un importante trattato firmato nel 1960 tra India e Pakistan per regolare in maniera pacifica, e produttiva, la distribuzione delle acque.
Molto salomonicamente, i 3 fiumi orientali, Sutlej, Beas e Ravi, sono stati dati all’India, mentre lo sfruttamento delle acque dei 3 occidentali, Chenab, Jhelum e Indo, è in concessione al Pakistan.

Il bacino idrico del Gange comprende principalmente fiumi himalayani che si uniscono sulla sponda settentrionale del Gange negli stati dell’Uttar Pradesh e Bihar.
Parziale eccezione è lo Yamuna, che pur nascendo sull’Himalaya, pochi chilometri ad est della sorgente del Gange, scorre quasi parallelo per unirsi da sud nella città di Allahabad, al centro dell’Uttar Pradesh meridionale.
Completa eccezione sono invece alcuni corsi d’acqua provenienti dalle catene collinari del centro dell’India e che sfociano anche loro sulla sponda sud del Gange.
Seppur si tratti di fiumi di portata minore di quelli d’origine himalayana, ben 2 sono presenti nella nostra lista dei 20 fiumi indiani più lunghi, il Chambal, di 960 km, originario delle colline Vindhya ed il Son, di 784 km, proveniente dalle colline Satpura.

I fiumi del centro-sud dell’India hanno anche loro bacini inferiori rispetto ai grandi corsi d’acqua himalayani, ma molti di loro sono particolarmente lunghi e possono raggiungere portate notevoli.
Curioso notare che la maggior parte di questi fiumi, tra cui i 3 più importanti originati nei Ghati Occidentali (Godavari, Krishna e Kaveri), scorrono lateralmente lungo l’asse orizzontale, piuttosto che in verticale da nord a sud, nascendo a pochi chilometri da una costa per andare a sfociare dopo un lungo percorso nella costa opposta.