Un aspetto molto caratteristico della lingua hindi è la
quantità di appellativi che vengono usati nelle relazioni giornaliere.
Ciò che rende questa caratteristica piuttosto piacevole è
che, seppur l’origine sia la gerarchica divisione della società indiana,
promuove in qualche modo rispetto e familiarità verso il prossimo.
La maggior parte degli appellattivi infatti richiamano agli
elementi della famiglia, trasferendo quindi verso perfetti sconosciuti un
legame affettivo che trascende le differenze di razza, religione, paese e tutto
ciò che tende a dividere gli esseri umani.
Oltre a questo, l’argomento risulta essere interessante, e
solo apparentemente complicato, poiché permette di addentrarsi in maniera
semplice, ma abbastanza dettagliata, in alcune delle caratteristiche peculiari
della società indiana.
Apparentemente il discorso può sembrare complesso poiché il
tipo di appellativo che viene usato per rivolgersi ad una persona sconosciuta
dipende sia dalla posizione di chi interpella sia da quella di chi viene interpellato,
cui si aggiungono altre varianti dettate dalle singole situazioni.
Nonostante questo, con un minimo di conoscenza della lingua
ed un po’ di attenzione, non è molto difficile imparare almeno alcuni principi
base, anche solo osservando semplicemente il comportamento degli indiani
stessi.
Partendo dagli appellativi più formali, come la maggior
parte delle lingue, anche l’hindi possiede un termine per signora/signore,
molto semplice ed identico per donne e uomini, Ji.
Come varianti sono piuttosto comuni anche le forme
rafforzative Madame Ji e Sir Ji, che in qualche modo implicano un’ulteriore
dose di rispetto.
Entrando nella sfera degli affetti familiari, ma rimanendo
sempre ad un alto livello di rispetto, piuttosto comuni sono gli appellativi rivolti
a persone anziane verso le quali si vuole mostrare anche un minimo di intimità,
come Dadi Ji e Dada Ji, signora nonna e signor nonno.
Zia e zio si usano chiaramente per persone più giovani e
come avviene anche in italiano, principalmente vengono usate dai bambini per
relazionarsi in maniera amichevole, ma rispettosa, con adulti dell’età circa
dei loro genitori.
Curiosamente, seppur l’hindi preveda dei termini per zia e
zio (chachi e chacha), nella maggior parte dei casi, anche tra le persone meno
acculturate, si preferisce la dicitura inglese di Aunty ed Uncle, spesso con
l’aggiunta dell’onorifico Ji.
Con le persone che hanno più meno la stessa età e con le
quali si vuole instaurare un semplice rapporto privo di eccessive formalità,
molto comuni sono gli appellattivi sorella e fratello, con numerose varianti.
Verso una donna matura ma anche ragazze, per mostrare
rispetto e familiarità, si usa il termine Bahan, letteralmente sorella
maggiore, solitamente accompagnato dall’onorifico Ji, nel caso un’eccessiva
confidenza possa sembrare inopportuna.
Nei riguardi di bambine o ragazzine particolarmente giovani
ci si può rivolgere nei loro confronti con Bahinì, letteralmente sorella
minore, in questo caso mai accompagnato da Ji, che apparirebbe chiaramente
fuori luogo.
Nei confronti degli uomini si usa invece il termine Bhaià,
fratello maggiore, accompagnato da Ji in base all’età: preferibile usarlo verso
gli adulti, per non rischiare troppa familiarità non gradita, mentre verso i
ragazzi l’onorifico Ji non è necessario.
Verso i più giovani si usa l’equivalente di fratello
minore, cioè Bhai, che talvolta viene usato anche verso adulti di strati
sociali più bassi, per chiarire le gerarchie; secondo una mentalità
occidentale, questo utilizzo potrebbe sembrare poco elegante, ai limiti di un
gretto castismo, ma in un contesto indiano è ampiamente accettabile ed
acccettato considerando che comunque, seppur dall’alto al basso, si sta
chiamando qualcuno con il termine fratello, che non è di certo dispregiativo.
Come Bhainì, anche Bhai non viene mai accompagnato
dall’onorifico Ji.
Oltre a questi esistono anche altri appellattivi più
specifici in base a differenze geografiche e religiose, che vengono sempre
usate come forma di rispetto e che, se usate correttamente, vengono
particolarmente apprezzate da chi le riceve.
Ad esempio, gli adulti di sesso maschile appartenenti alla
religione sikh, spesso facilmente riconoscibili grazie al turbante e la barba incolta,
vengono chiamati con l’epiteto Sardar, che in Punjabi vuol dire signore, magari
con l’aggiunta di un Ji finale, che dà sempre un tono rispettoso.
Con i mussulmani, invece, particolarmente apprezzato è
sostituire Ji con Sahab, la forma araba per signore, ed è piuttosto diffuso
l’appellativo Bhai Sahab, signor fratello, tra ragazzi e uomini della stessa
età.
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