sabato 4 marzo 2017

Il racconto "Thakurda", II parte

Cercando di analizzare il mio passato stato mentale, penso che ci fosse anche un’altra più profonda ragione dietro al mio astio nei confronti di Kailas Babu.
Sebbene fossi il figlio di una persona ricca, passai tutti i miei esami nel tempo stabilito e nonostante fossi giovane non sprecavo le mie giornate indulgendo in piccoli piaceri o in cattive compagnie. Perfino dopo la morte dei miei genitori, non avevo l’ambizione di diventare il capo-famiglia. Riguardo il mio aspetto, dire che ero bello sarebbe presuntuoso, ma non sarebbe falso, così il mio valore sul mercato matrimoniale del Bengala era certamente alto ed ero ben deciso ad approfittarne: la bella ed istruita figlia unica di un uomo ricco, questo era ciò che volevo.

Arrivavano proposte di tutti i tipi, con offerte di doti tra le 10 e le 20 mila rupie, io le pesavo con cura ed obiettività, ma nessuna mi sembrava molto attraente. E mi trovai ad essere d’accordo con Bhavabhuti (antico scrittore indiano), che scrisse “Chissà se nascerà un mio pari? Il mondo è grande e la vita lunga”, e mi chiedevo se un simile articolo si sarebbe mai trovato entro i modesti confini del Bengala.

Genitori esagerati cantavano le mie lodi e mi facevano varie offerte e questo (a prescindere che la loro figlia mi piacesse o no) lo trovavo per me molto congeniale. Una persona decente come me, meritava le loro offerte! Nelle sacre scritture si legge che sia che le divinità concedano i loro favori, sia che non lo facciano, si irritano se non ricevono le dovute offerte: regolari offerte anche a me facevano venire questi elevati ideali.

Ho già accennato al fatto che Thakurda aveva solo una nipote, che io avevo visto spesso, ma non consideravo bella. Quindi non avevo mai pensato di sposarla. Comunque, mi aspettavo che Kailas Babu, direttamente o attraverso qualche intermediario, mi avrebbe fatto un’offerta con in mente il matrimonio di sua nipote, anche solo semplicemente perché ero un buon partito. Ma non lo fece e sentii dire da alcuni suoi amici che i Babus di Nayanjor per nessun motivo fanno la prima mossa, e perfino se questo avrebbe significato che sua nipote sarebbe rimasta nubile, Kailas Babu non avrebbe mai infranto questa regola. Mi sentivo molto offeso da questo e la mia rabbia durò a lungo e solo la mia buona educazione mi fece stare tranquillo a riguardo.

Il mio carattere però era tale che nella mia arrabbiatura c’era anche una scintilla di umorismo, come i lampi sono legati al tuono. Non potevo offendere direttamente quel vecchio, ma ero tentato da un simpatico piano. Ho già descritto come le persone venissero fuori con ogni sorta di bugia per cercare di assecondarlo. Vicino a noi abitava un Magistrato che spesso diceva “Thakurda, tutte le volte che incontro il Governatore, mi chiede sempre dei Babus di Nayanjor. Dice che i Rajas di Burdwan ed i Babus di Nayanjor sono le uniche vere famiglie nobili del Bengala”. Thakurda era molto felice di sentire questo e a sua volta, quando incontrava il Magistrato, gli chiedeva tra mille amenità “Come sta il Governatore? E sua moglie? E i loro bambini?”. Aveva intenzione di fare visita al Governatore, uno di quei giorni, ma il Magistrato sapeva che molti Governatori sarebbero andati e venuti prima che la famosa carrozza a quattro cavalli di Nayanjor sarebbe stata pronta per la visita.

Una mattina andai da Kailas Babu e prendendolo in disparte gli dissi “Thakurda, ieri sono andato a trovare il Governatore ed iniziò a parlare dei Babus di Nayanjor, così gli dissi che Kailas Babu di Nayanjor viveva a Calcutta. Era dispiaciuto di non saperlo e per non essere ancora venuto a trovarvi, così mi ha detto che sarebbe venuto oggi pomeriggio”.

Chiunque altro avrebbe intuito l’assurdità della faccenda e perfino Kailas Babu ne avrebbe riso se fosse successo a qualcun altro, ma riguardo alla sua famiglia non dubitò la notizia neppure per un attimo. Ed era allo stesso tempo felice e scontento: dove avrebbe fatto sedere il Governatore? Come avrebbe dovuto dargli il benvenuto? Come avrebbe potuto mantenere alto l’onore di Nayanjor? Non ne aveva la più pallida idea, in più non sapeva l’inglese (al tempo i Governatori erano britannici), quindi ci sarebbe stato qualche problema nella conversazione.
“Non vi preoccupate,” gli dissi “avrà un interprete, ma il Governatore si è raccomandato che non sia presente nessun altro”.

Nel pomeriggio, quando la maggior parte degli abitanti dell’area erano al lavoro nei loro uffici, o a casa a fare la siesta, una carrozza con due uomini si fermò davanti alla residenza di Kailas Babu. Un valletto in livrea annunciò “Sua Eccellenza, il Governatore”. Thakurda era pronto: vestito con i vecchi pantaloni ed il turbante, ed il servo Ganesha con i suoi vestiti ordinari. Appena sentì l’annuncio, Ganesha uscì dalla porta, trafelato e tremante, e dopo essersi ripetutamente inchinato, fece entrare un mio vecchio amico vestito con abiti inglesi.

Dopo aver steso il prezioso scialle sopra una sedia, Kailas Babu vi fece accomodare il finto Governatore ed iniziò un lungo ed umile discorso in urdu. Quindi presentò, sul piattino d’oro, uno dei pochi cimeli di famiglia che gli erano rimasti: una pila di monete d’oro dell’era Moghul. Ganesha nel frattempo era in piedi lì vicino pronto con la profumiera ed il vasetto di brillantina.

Kailas Babu ripetutamente espresse il suo dispiacere che Sua Eccellenza non era andato a visitarlo nella sua casa di Nayanjor, dove avrebbe potuto offrigli una migliore ospitalità; a Calcutta era come in esilio, un pesce fuor d’acqua, non aveva potuto organizzarsi propriamente ed altre scuse.

Il mio amico, sotto al suo cappello, scrollò la testa gravemente; secondo l’etichetta inglese in realtà avrebbe dovuto toliersi il cappello una volta entrato, ma cercava di rimanere il più coperto possibile per evitare di poter essere riconosciuto. In effetti, nessuno tranne Kailas Babu ed il suo infatutato domestico avrebbe creduto al travestimento del giovane bengalese neppure per un attimo.

Dopo una decina di minuti, il mio amico fece un inchino ed uscì. Il valletto, ben istruito, mise il piatto con la pila di monete d’oro nella carrozza e prese lo scialle dalla sedia; quindi si avvicinò a Ganesha e con naturalezza afferrò la profumiera ed il vasetto di brillantina. Kailas Babu non disse nulla, pensando che quello fosse il comportamento abituale di un Governatore, mentre io, che avevo osservato la scena da una stanza attigua, mi stavo facendo esplodere le costole cercando di soffocare le risate.
Alla fine, non potendo più resistere, mi diressi in un’altra stanza più lontana, ma appena scoppiai a ridere, notai una ragazza che piangeva sdraiata su un lettino. Quando mi vide si alzò e con i suoi occhi neri lucidi e fiammeggianti mi disse “Che cosa ti ha mai fatto mio nonno? Perché sei venuto a prenderlo in giro? Perché sei venuto?”. Quindi non potendo più resistere, si coprì il viso con il sari e scoppiò di nuovo a piangere.

Accidenti alla mia voglia di ridere! Tutto questo tempo non mi era neppure passato per la testa che non c’era solo dell’umorismo in quello che stavo facendo. Ma ora capii che avevo toccato un punto dolente e la rivoltante crudeltà delle mie azioni era stata scoperta. Scappai da quella casa, umiliato e pieno di vergogna, come un cane bastonato. Che male mi aveva mai fatto quel pover’uomo? La sua innocente presunzione non aveva mai fatto del male a nessuno, perché invece la mia presunzione era stata così cattiva?

I miei occhi si aprirono anche su un’altra cosa: per molto tempo avevo pensato a Kusum come ad un oggetto in mostra su uno scaffale, finché non avesse attratto l’attenzione di un uomo non sposato. Era lì perché io non la volevo: che la prenda chiunque la vuole, pensavo.
Ora finalmente avevo capito che in quella casa c’era una ragazza con un cuore, un cuore le cui emozioni spaziavano su una terra misteriosa: a est l’imponderabile passato, ad ovest lo sconosciuto futuro.
Una persona con un cuore simile, merita di essere scelta per le dimensioni della sua dote o la forma del suo naso e dei suoi occhi?

Non dormii per tutta la notte. Il giorno dopo mi intrufolai in casa di Kailas Babu come un ladro, portando tutte le cose di valore che avevamo sottratto al vecchio, pensando di restituirle al servo senza dire nulla.
Mentre lo cercavo, sentii nonno e nipote che parlottavano da qualche parte dentro alla casa e la ragazza che stava dicendo con dolce affetto “Nonno, cosa ti ha detto ieri il Governatore?”. Thakurda si lanciò quindi nella ripetizione del supposto appassionato panegirico che il Governatore aveva fatto sull’antica casata di Nayanjor. La ragazza ascoltò tutto con molta attenzione.

I miei occhi si riempirono di lacrime di fronte alla tenerezza ed al materno inganno che questa giovane ragazza usava con il suo anziano guardiano. Rimasi seduto in silenzio per un po’ di tempo, quando Thakurda finì la sua storia e se ne andò, mi diressi dalla ragazza con le cose che avevo rubato, le misi di fronte ai suoi piedi e me ne andai senza dire una parola.

Quando vidi di nuovo il vecchio, lo salutai con molto rispetto, inchinandomi e toccandogli i piedi, cosa che prima, seguendo costumi moderni, non avevo mai fatto e probabilmente Thakurda pensò che questo improvviso rispetto fosse dovuto alla visita del Governatore. Lui così iniziò a raccontarmi come era andata ed io lo ascoltai con piacere. Anche le altre persone presenti capirono che era stata tutta una messinscena, ma accettarono felicemente il racconto di Thakurda.

Quando tutti se ne furono andati, nervosamente ed umilmente, feci la mia proposta: seppur il mio lignaggio non era neppure paragonabile a quello dei Babu di Nayanjor, ma...
Quando finiii il vecchio mi strinse al suo petto e disse con gioia “Sono un pover’uomo, non avrei mai immaginato di avere una fortuna simile, amico mio. La mia Kusum deve aver guadagnato grandi meriti dal paradiso se tu ora ci favorisci in questo modo”, e mentre parlava i suoi occhi diventarono umidi.
Questa fu la prima volta che Kailas Babu dimenticò i suoi doveri nei confronti dei suoi nobili antenati ed ammise di essere povero, e che non avrebbe recato nessun danno ai Babus di Nayanjor accettare me.

Avevo architettato di prendere in giro il vecchio, mentre lui, con il cuore e l’anima, vedeva me come il migliore sposo per sua nipote.

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