martedì 7 marzo 2017

Breve cenno alla politica Indira Gandhi

Indira Gandhi con il padre Nehru ed i figli Rajiv e Sanjay
Indira Gandhi (1917-1984) è stata una politica indiana, Primo Ministro del paese dal 1966 al 1977 e dal 1980 fino al suo assassinio nel 1984.
La sua figura è stata piuttosto controversa a causa della sua politica molto dura, sfociata nel drammatico periodo, dal 1975 al 1977, del cosiddetto Stato d’Emergenza, durante il quale Indira Gandhi assunse poteri dittatoriali, e successivamente negli avvenimenti che porteranno alla sua morte.
Altra critica molto grave è quella di essere stata l’artefice dell’introduzione del nepotismo all’interno della politica e delle istituzioni indiane, pratica ancora oggi molto diffusa, basti pensare che suo nipote Rahul Gandhi è il leader del Partito del Congresso.
Ovviamente l’autoritarismo di Indira Gandhi ebbe anche alcuni lati positivi, con l’implementazione di numerose riforme economiche che ebbero un buon successo, raggiungendo gli obiettivi prefissati, e dando a livello internazionale un’immagine dell’India forte e decisa, come le complicate relazioni internazionali del periodo richiedevano.

Figlia del noto politico Jawaharlal Nehru (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2017/03/breve-cenno-al-politico-jawaharlal-nehru.html), Indira studiò nei migliori istituti indiani prima di recarsi in Inghilterra a completare gli studi presso l’Università di Oxford.
Sebbene non riuscì a laurearsi, per problemi di salute e complicazioni legate allo scoppio della II Guerra Mondiale, il periodo inglese fu importante a livello personale, in quanto conobbe Feroze Gandhi (nessuna parentela col più noto Mohandas Gandhi), che diventerà suo futuro marito.

Tornata in India, negli anni ‘50 Indira divenne la segretaria personale non ufficiale di suo padre, durante i ben 17 anni durante i quali fu Primo Ministro dell’India.
Alla morte di Nehru nel 1964, Indira divenne membro della Camera Alta del Parlamento Indiano e Ministro dell’Informazione, nel gabinetto del nuovo Primo Ministro Lal Bahadur Shastri.
Nel 1966 però Shastri morì all’improvviso, il Partito del Congresso indisse delle elezioni interne che videro Indira Gandhi sconfiggere Morarji Desai e quindi eletta Primo Ministro.
Durante questo primo mandato dal 1966 al 1971, Indira cercò di migliorare le alleanze politiche del partito e di centralizzare i poteri e le influenze dello stato.
In particolare tolse ogni tipo di privilegio alle vecchie dinastie regnanti, che in molti casi ricevevano ancora cospiqui vitalizi dal Governo Indiano, e soprattutto nazionalizzò ben 14 delle più grandi banche del paese, una manovra che le fece guadagnare elogi anche da parte dei suoi avversari politici.

Alle elezioni del 1971, grazie allo slogan “Garibi Hatao” (Eradichiamo la povertà), Indira Gandhi ed il Partito del Congresso vinsero facilmente le elezioni, iniziando effettivamente un ampio programma contro la povertà, ma anche con il velato scopo di fornire ad Indira un vasto appoggio politico.
Appoggio che Indira Gandhi fu comunque in grado di trovare di lì a poco con la Guerra Indo-Pakistana del 1971, che portò alla formazione del Bangladesh, durante la quale la leader di ferro, al contrario di quanto fece suo padre durante la crisi con la Cina negli anni ’60, mostrò forza e tempismo che risultarono decisivi nella vittoria dell’India.
I primi problemi inziarono ad affiorare nel 1973, anche a causa della crisi petrolifera mondiale, che colpì piuttosto duramente l’economia indiana.
Quindi nel 1975 il Tribunale di Allahabad dichiarò nulla l’elezione di Indira Gandhi alla Lok Sabha (Camera Bassa del Parlamento Indiano), a causa di numerose irregolarità come l’uso di fondi e risorse dello stato per il partito.
Nonostante venne in seguito condannata per questi motivi, rifiutò di dimettersi dalla carica di Primo Ministro, grazie all’appoggio incondizionato che ricevette all’interno del partito e dagli stessi elettori.
Al contrario, l’Opposizione cercò in tutti i modi di far crollare il governo, raggiungendo però un risultato contrario, in quanto, per placare le manifestazioni di protesta che aumentavano in tutto il paese, Indira Gandhi chiese all’allora presidente Ali Fakhruddin Ahmed di dichiarare lo Stato d’Emergenza.
In questo modo Indira Gandhi accentrò ancora di più i poteri, grazie alla pratica del Rule by Decree, che le permetteva, tramite il compiacente Presidente della Repubblica, di emanare leggi bypassando il Parlamento.
In questo modo molti leader dell’Opposizione vennero arrestati e nei due stati indiani dove regnavano, Gujarat e Tamil Nadu, venne decretato il President’s Rule, finendo sotto il diretto controllo del Governo e quindi del Partito del Congresso.
Altro particolare ben poco positivo del periodo dell’Emergenza fu l’entrata in politica del figlio giovane di Indira Gandhi, Sanjay Gandhi, il quale, pur non coprendo nessuna carica istituzionale, guadagnò un sempre maggior potere, grazie anche ad una particolare relazione personale con la madre, sulla quale pare avesse un totale controllo.

Dopo aver esteso lo Stato d’Emergenza per ben due volte, nel 1977 Indira, convinta di aver guadagnato abbastanza popolarità, indisse le elezioni, che inaspettatamente videro però la vittoria della coalizione  dell’Opposizione, capitanata dal Janata Party.
Indira e Sanjay Gandhi persero il loro posto in Parlamento ed il partito del Congresso passò dai 350 posti delle precedenti elezioni a soli 153.
Venendo meno peso e protezione politica, Indira venne messa sotto processo ed arrestata, sulla base di numerosi reati comunque non facilmente dimostrabili.
Il nuovo Governo intanto dimostrò fin da subito che in realtà l’unico punto in comune della coalizione era l’odio verso Indira Gandhi e ben presto iniziò a vacillare, permettendo ad Indira ed al Partito del Congresso di poter barattare la fine dei guai giudiziari della famiglia Gandhi con un maggior appoggio politico.
Questo non venne accettato, il Governò crollò già nell’Agosto del 1979 ed alle successive elezioni del 1980, Indira Gandhi ed il Partito del Congresso stravinsero e tornarono al potere.

L’euforia per la vittoria politica durò però molto poco: il 23 Giugno 1980, Sanjay Gandhi, mentre effettuava alcune manovre acrobatiche con il suo aereo, perse il controllo del mezzo e si schiantò al suolo, uccidendo entrambi gli occupanti del veivolo.
Questo fu un duro colpo per il Partito, del quale Sanjay ormai stava diventando il leader, ed anche personale per Indira, che comunque, diventata quasi paranoica nel fidarsi solo di persone a lei vicine, si consolò obbligando il figlio maggiore Rajiv a lasciare la sua carriera di pilota commerciale per l’Air India ed entrare in politica, continuando la tradizione nepotista famigliare.
Ma la fine politica e personale di Indira Gandhi non era lontana: a causa di infiltrazioni terroristiche sempre più marcate, il Governo Indiano entrò in conflitto con autorità politiche e religiose Sikh che porteranno all’occupazione armata del Tempio d’Oro di Amritsar da parte delle frange più violente, al quale Indira Gandhi, con l’ormai noto pugno di ferro, rispose inviando l’esercito che con un’azione particolarmente cruenta liberò il tempio uccidendo brutalmente gran parte dei miliziani.

Questo avvenne il 6 Giugno del 1984 e cinque mesi dopo, il 31 Ottobre, mentre passeggiava nel giardino della residenza del Primo Ministro, Indira Gandhi venne assassinata da due guardie del corpo sikh, che le spararono ripetutamente con le pistole d’ordinanza.

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