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Krishna danza sulla testa del serpente Kaliya (miniatura Moghul di fine XVI secolo) |
Krishna, ottava incarnazione del dio Vishnu, è una delle
divinità più popolari ed amate del pantheon induista, d’altronde lui stesso è
riconosciuto come rappresentazione dell’amore, divino, familiare ed, in minor
misura, sensuale.
Grazie ad un’estesa mitologia, di Krishna sono noti
numerosi episodi di una certa importanza, descritti con dovizia di particolari
in numerosi testi sacri, su tutti il Mahabharata, lo Srimad Bhagavatam,
l’Harivamsa ed il Vishnu Purana.
Le forme maggiormente descritte sono quelle di bambino
monello, di ragazzo pastore che suona il flauto, di giovane uomo in compagnia
della moglie Radha o circondato dalle gopi (pastorelle) e di saggio uomo maturo,
guerriero e sovrano.
La figura di Krishna bambino è particolarmente amata,
considerando che a tutti piacciono i bambini vispi ed intelligenti.
Krishna era in realtà riconosciuto come un monello, che
passava il tempo a giocare con i suoi amichetti e ad essere sgridato dalla
madre Yashoda.
Ogni tanto Krishna, perfettamente conscio di essere un dio,
si stufava di essere continuamente rimproverato ed un giorno decise di dare a
sua madre una bella lezione.
Mentre lei lo teneva in braccio e lo sgridava per l’ultima
marachella, Krishna aprì la bocca e mostrò a Yashoda l’intero universo.
Lei fu talmente colpita che rimase paralizzata, così
Krishna, per continuare il gioco illusorio della vita, le fece dimenticare
l’accaduto e lasciò che lei continuasse a rimproverarlo.
Un secondo significativo episodio della vita di Krishna
bambino avvenne con la comparsa del mostro Kaliya, un gigantesco serpente che
viveva nel fiume Yamuna presso Vrindavan, terra natale di Krishna,
terrorizzando gli abitanti locali.
Appena venuto a conoscenza della situazione, Krishna si
diresse al fiume e vi si tuffò, sparendo per molti minuti.
Quando tutti ormai pensavano che il mostro l’avesse ucciso,
dall’acqua emerse il gigantesco serpente, sottomesso a Krishna che danzava
allegramente sulla sua testa.
L’episodio ha anche alcuni significati metafisici yogici,
in quanto il serpente rappresenta l’energia kundalini, che Krishna dimostra di
avere sotto suo completo controllo fin da bambino.
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Krishna solleva la collina di Govardhan |
Un altro famoso incidente della vita di Krishna avvenne
quando, già grandicello, ebbe una disputa con il dio Indra.
Vedendo gli abitanti del suo villaggio che preparavano un
gigantesco rituale per appagare Indra, dio della pioggia, Krishna si chiese se
invece di spendere tempo e risorse per sacrifici e cerimonie, non sarebbe stato
meglio che i contadini preparassero per bene i campi ed i pastori costruissero
ripari per le proprie mucche.
Convinti gli abitanti, questi non compirono il rituale,
facendo arrabbiare terribilmente Indra che decise di scatenare una potente
pioggia per spazzare via il villaggio.
Krishna, per tutta risposta, prese la vicina collina di
Govardhan e tenendola in equilibrio su un dito, la usò come un ombrello per
proteggere tutta la zona dall’inondazione.
Particolare teologico che traspare da questa storia è il
definitivo declino dell’antico dio Indra ed un cambiamento nella filosofia induista,
che passa da una forma di devozione improntata sui sacrifici e l’appagamento
delle divinità, ad una più spirituale.
Questo episodio, come volendo anche gli altri di cui stiamo
accennando, è stato reso famoso nei secoli grazie a numerose rappresentazioni
artistiche, sia sotto forma di pitture che sculture.
Il testo sacro più importante per il culto di Krishna è
sicuramente il Mahabharata, un antico e vasto poema epico, che racconta, oltre
alle vicende della vita del dio, i fatti che porteranno alla guerra di
Kurukshetra tra la dinastia dei Pandava ed i cugini Kauravas.
Proprio al momento dello scoppio della guerra è legato
l’episodio più significativo della figura divina di Krishna.
Arjuna, terzo dei cinque fratelli Pandava, trovandosi sul
campo di battaglia, venne assalito da forti dubbi e rimorsi nell’entrare in
guerra contro i suoi stessi parenti, per quanto colpevoli di tradimento.
Krishna, che in quel momento aveva preso la forma di guida
e cocchiere di Arjuna, gli spiegò che quello era invece il suo dovere di
guerriero nella lotta per stabilire il dharma (etica).
In questo modo lui non si renderebbe colpevole di alcun
peccato, fintanto che non si identifica con l’azione che compie, cioè senza
aspettarsi alcun guadagno.
Chiaramente i significati sono molto più profondi di queste
due righe e toccano vari aspetti centrali della filosofia induista, il dharma,
il karma, la bhakti (devozione) e la jnana (conoscenza).
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