giovedì 16 marzo 2017

Breve cenno alla mitologia del dio Krishna

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Krishna danza sulla testa del serpente Kaliya
(miniatura Moghul di fine XVI secolo)
Krishna, ottava incarnazione del dio Vishnu, è una delle divinità più popolari ed amate del pantheon induista, d’altronde lui stesso è riconosciuto come rappresentazione dell’amore, divino, familiare ed, in minor misura, sensuale.
Grazie ad un’estesa mitologia, di Krishna sono noti numerosi episodi di una certa importanza, descritti con dovizia di particolari in numerosi testi sacri, su tutti il Mahabharata, lo Srimad Bhagavatam, l’Harivamsa ed il Vishnu Purana.
Le forme maggiormente descritte sono quelle di bambino monello, di ragazzo pastore che suona il flauto, di giovane uomo in compagnia della moglie Radha o circondato dalle gopi (pastorelle) e di saggio uomo maturo, guerriero e sovrano.

La figura di Krishna bambino è particolarmente amata, considerando che a tutti piacciono i bambini vispi ed intelligenti.
Krishna era in realtà riconosciuto come un monello, che passava il tempo a giocare con i suoi amichetti e ad essere sgridato dalla madre Yashoda.
Ogni tanto Krishna, perfettamente conscio di essere un dio, si stufava di essere continuamente rimproverato ed un giorno decise di dare a sua madre una bella lezione.
Mentre lei lo teneva in braccio e lo sgridava per l’ultima marachella, Krishna aprì la bocca e mostrò a Yashoda l’intero universo.
Lei fu talmente colpita che rimase paralizzata, così Krishna, per continuare il gioco illusorio della vita, le fece dimenticare l’accaduto e lasciò che lei continuasse a rimproverarlo.

Un secondo significativo episodio della vita di Krishna bambino avvenne con la comparsa del mostro Kaliya, un gigantesco serpente che viveva nel fiume Yamuna presso Vrindavan, terra natale di Krishna, terrorizzando gli abitanti locali.
Appena venuto a conoscenza della situazione, Krishna si diresse al fiume e vi si tuffò, sparendo per molti minuti.
Quando tutti ormai pensavano che il mostro l’avesse ucciso, dall’acqua emerse il gigantesco serpente, sottomesso a Krishna che danzava allegramente sulla sua testa.
L’episodio ha anche alcuni significati metafisici yogici, in quanto il serpente rappresenta l’energia kundalini, che Krishna dimostra di avere sotto suo completo controllo fin da bambino.

Krishna Lifting Mount Govardhan - Google Art Project.jpg
Krishna solleva la collina di Govardhan
Un altro famoso incidente della vita di Krishna avvenne quando, già grandicello, ebbe una disputa con il dio Indra.
Vedendo gli abitanti del suo villaggio che preparavano un gigantesco rituale per appagare Indra, dio della pioggia, Krishna si chiese se invece di spendere tempo e risorse per sacrifici e cerimonie, non sarebbe stato meglio che i contadini preparassero per bene i campi ed i pastori costruissero ripari per le proprie mucche.
Convinti gli abitanti, questi non compirono il rituale, facendo arrabbiare terribilmente Indra che decise di scatenare una potente pioggia per spazzare via il villaggio.
Krishna, per tutta risposta, prese la vicina collina di Govardhan e tenendola in equilibrio su un dito, la usò come un ombrello per proteggere tutta la zona dall’inondazione.
Particolare teologico che traspare da questa storia è il definitivo declino dell’antico dio Indra ed un cambiamento nella filosofia induista, che passa da una forma di devozione improntata sui sacrifici e l’appagamento delle divinità, ad una più spirituale.
Questo episodio, come volendo anche gli altri di cui stiamo accennando, è stato reso famoso nei secoli grazie a numerose rappresentazioni artistiche, sia sotto forma di pitture che sculture.

Il testo sacro più importante per il culto di Krishna è sicuramente il Mahabharata, un antico e vasto poema epico, che racconta, oltre alle vicende della vita del dio, i fatti che porteranno alla guerra di Kurukshetra tra la dinastia dei Pandava ed i cugini Kauravas.
Proprio al momento dello scoppio della guerra è legato l’episodio più significativo della figura divina di Krishna.
Arjuna, terzo dei cinque fratelli Pandava, trovandosi sul campo di battaglia, venne assalito da forti dubbi e rimorsi nell’entrare in guerra contro i suoi stessi parenti, per quanto colpevoli di tradimento.
Krishna, che in quel momento aveva preso la forma di guida e cocchiere di Arjuna, gli spiegò che quello era invece il suo dovere di guerriero nella lotta per stabilire il dharma (etica).
In questo modo lui non si renderebbe colpevole di alcun peccato, fintanto che non si identifica con l’azione che compie, cioè senza aspettarsi alcun guadagno.

Chiaramente i significati sono molto più profondi di queste due righe e toccano vari aspetti centrali della filosofia induista, il dharma, il karma, la bhakti (devozione) e la jnana (conoscenza).

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