mercoledì 16 marzo 2016

Il fiume Gange

La discesa dal cielo di Madre Ganga
Il Gange è noto per essere il fiume più sacro dell’induismo, sebbene la sua importanza sia tale da essere rispettato ed onorato anche dai seguaci di altre religioni che vivono nei pressi delle sue sponde.
O forse, più propriamente, dovremmo dire “venerata e rispettata” visto che, secondo gli indù, i fiumi rappresentano l’aspetto materno, femminile di Dio.
La Madre Ganga, come viene spesso affettuosamente chiamata, deve gran parte dei suoi poteri, soprattutto quello di cancellare i peccati di coloro che si bagnano nelle sue acque, al fatto di discendere direttamente dal cielo (o dal paradiso) e che per attutire la sua caduta sulla terra, altrimenti distruttiva, Shiva l’aiuti lasciandola passare attraverso i suoi spessi capelli.
Il rapporto d’amore tra Madre Ganga e Shiva è comunque reciproco in quanto l’acqua del fiume aiuta a sua volta Shiva a rinfrescarsi la testa, caldissima a causa dell’energia accumulata attraverso le sue pratiche ascetiche.
Nell’iconografia classica, tra i capelli di Shiva viene sempre rappresentato un viso o una figura di donna che spruzza acqua dalla bocca, talvolta seduta su un coccodrillo, la cavalcatura di Madre Ganga.
La facoltà di cancellare i peccati viene spesso collegata anche ad un interessante fenomeno chimico che pare avvenisse fino a qualche decennio fa, grazie al quale, riempiendo e sigillando un contenitore con l’acqua del Gange, essa rimaneva pura e limpida anche a distanza di anni, senza che si formasse alcun batterio.
Questo fenomeno oggi non è più possibile, anzi, rischia di presentarsi di nuovo ma a causa dell’elevatissimo inquinamento, dovuto al fatto che, se Ganga è una madre amorevole, gli esseri umani sono dei figli ingrati e irriconoscenti.
Un fenomeno fisico ben documentato, che potrebbe essere almeno in parte la spiegazione di quello chimico che avveniva in passato, è la grandissima quantità di detriti che il Gange trascina lungo il suo percorso, fin dalla sorgente dove l’acqua sgorga già sabbiosa e d’un colore grigio-marroncino.
Questo fenomeno è il motivo per cui la grande pianura gangetica risulta essere particolarmente fertile, ma allo stesso tempo crea anche non pochi problemi, come è facile notare, ad esempio, nei mesi di Ottobre e Novembre quando, terminate le piogge, l’acqua rientra nel letto del fiume lasciando i dintorni ricoperti da spessi strati di fango.
Addirittura, nella città di Kolkata (Calcutta), che si trova su uno dei primi rami del delta del Gange, per l’esattezza sull’effluente Hoogly, ciò è stato una delle varie cause della caduta economica della città, ricca e prospera fino ai primi del ‘900, poiché il continuo riversarsi di detriti ha causato il progressivo interramento del porto, limitando sempre di più le dimensioni delle navi che vi potevano accedere, decretando quindi il crollo dei commerci sui quali si fondava l’economia della città.
Bisogna anche notare che essendo Ganga una madre estremamente generosa, sulle sue sponde si verifica un sempre crescente sovrappopolamento, che è sicuramente una delle cause dei suoi problemi di inquinamento.

Venendo al suo effettivo percorso di circa 2.525 km, la sorgente si trova esattamente a 4.000 m s.l.m., tra le alte montagne himalayane, dentro ad una grande grotta collocata sotto ad un ghiacciaio e chiamata Gaumukh, la bocca della mucca, per la vaga somiglianza della conformazione della grotta con il muso dell’amato bovino, seppur il continuo recedere e mutare del ghiacciaio ne cambi spesso l’aspetto.
Scendendo di circa 20 chilometri, intorno ai 3.200 metri di altitudine, si incontra il primo centro abitato sul Gange, il sacro paesino di Gangotri, che ospita il tempio più importante dedicato alla Madre Ganga.
A causa del clima rigido e soprattutto delle invernali nevicate che bloccano l’unica strada d’accesso, il paese rimane chiuso da circa metà Novembre fino a metà Aprile.
Continuando a scendere alternandosi tra ripide rocce e ampie pietraie, il Gange giunge a Uttarkashi, cittadina sacra, come si evince anche dal nome che significa “Kashi (Benares) del Nord”; e infatti ospita un interessante complesso di templi di cui il più importante è dedicato a Shiva Vishwanath, la stessa forma del Dio che viene venerata a Benares.
Lasciando le alte montagne, giunto sulle verdi colline pre-himalayane, il Gange incontra Rishikesh, noto luogo sacro tra i maggiori centri indiani per lo yoga.
L’ottima posizione geografica e il clima, né troppo freddo né troppo caldo, sono due fattori che indubbiamente hanno favorito, fin dai tempi antichi, l’insediamento di numerosi ashram e centri per la meditazione.
Dopo circa 30 km, giungendo definitivamente in pianura, si trova la sacrissima città di Haridwar, con i suoi suggestivi e affollatissimi templi, ghat e vicoli.
Altra caratteristica della città è quella di far parte dei 4 luoghi sacri dove ciclicamente si tengono i giganteschi raduni religiosi indù chiamati Mela, seppur in realtà la relazione tra queste manifestazioni e il Gange sia solo secondaria.
Abbandonata Haridwar, il Gange scorre placido per molti chilometri senza incontrare luoghi sacri di particolare rilievo anzi, al contrario, incontra numerosi centri industriali che ne causano gran parte dell’inquinamento.
In particolare la città di Kanpur, non ce ne vogliano i suoi numerosi abitanti, è un grande centro industriale noto anche per l’inquinantissima lavorazione di pellame, con una popolazione di circa 5 milioni di persone, ed è facile immaginare le condizioni dell’acqua del fiume una volta attraversata quest’area.
Navigando lentamente per qualche centinaio di chilometri si giunge in un altro importantissimo luogo di culto legato alla Madre Ganga, la città di Allahabad.
Qui il Gange si incontra con il secondo fiume più importante dell’induismo, lo Yamuna, e secondo la mitologia, in questo punto a loro si unisce anche l’etereo Saraswati, il fiume della Conoscenza Spirituale.
Oltre  all’importanza religiosa, il luogo di incontro del Gange e dello Yamuna solleva anche un certo interesse scientifico sull’evidente differenza tra il colore verde dell’acqua dello Yamuna e il grigio-marroncino del Gange (seppur gli indiani, teneramente, sostengono sia bianco).
La differenza chiaramente è dovuta ai territori attraversati dai due fiumi, seppur sgorghino non molto lontani l’uno dall’altro e seguano percorsi quasi paralleli.
Superata Allahabad, con l’immissione dello Yamuna, il Gange aumenta la sua portata e scorre nell’ampio letto sabbioso fino a Vindhyachal, cittadina sacra legata al culto di Kali.
A circa un’ottantina di chilometri da Vindhyachal si trova Benares, la città sacra indù per eccellenza, anche grazie alla presenza del Gange.
Una delle tantissime teorie mistico-religiose, più o meno plausibili, riguardo le proprietà spirituali di Madre Ganga a Benares, deriva dalla semplice ma arguta osservazione che in questo punto, contrariamente a quello che avviene lungo quasi tutto il suo percorso, il fiume scorre verso nord, cioè verso l’alto, “verso la mente”.
Poco oltre Benares, il Gange entra nello stato del Bihar, povero e agricolo, la cui capitale Patna è una grande e popolosissima città che Madre Ganga è costretta ad attraversare per intero.
Per fortuna in questo tratto si immettono nel Gange numerosi grandi affluenti che portano l’acqua dalle cime himalayane del Nepal, per cui l’inquinamento viene in qualche modo “diluito”.
Oltre Patna il Gange attraversa zone contadine piuttosto arretrate, costellate di piccoli paesi e luoghi sacri, come per esempio Munger, situato nei pressi di una piccola e suggestiva isola fluviale.
Superato il Bihar, Madre Ganga entra nello stato del Bengala Occidentale dove inizia a frammentarsi nel suo ampissimo delta e seppur la maggior parte prosegua in Banlgadesh, il luogo sacro considerato la fine del Gange e il suo definitivo mergersi in mare, si trova in territorio indiano.

In particolare si tratta di un’isola sabbiosa quasi disabitata, chiamata Ganga Sagar, dove tutti gli anni, nel mese di Gennaio, viene organizzata un grande fiera religiosa proprio in onore della Madre Ganga.

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