lunedì 31 ottobre 2016

L'Islam in India, lo stile architettonico indo-islamico cosiddetto delle province, sud, I parte

Il Sultanato della dinastia Bahmani regnò su gran parte del sud dell’India dal 1347 al 1527, quando verrà diviso in 5 regni minori noti collettivamente con il nome di Sultanati del Deccan, che resisteranno fino al 1686, e dai quali si creerà nel 1724 l’ultimo grande regno mussulmano del sud, lo Stato di Hyderabad, governato dai Nizam delle dinastia Asaf Jah fino al 1948.
Dal punto di vista architettonico molti di questi ricchi sovrani commissionarono numerose opere, in uno stile indo-islamico decisamente più omogeneo di quello delle province mussulmane del nord, ma non per questo meno originale.

I Sultani Bahmani ed il Sultanato di Bidar
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Le rovine della Mahmud Gawan Madrasa di Bidar
La dinastia dei Bahmani per i primi 78 anni, dal 1347 al 1425, ebbe come capitale Gulbarga, quindi dal 1425 al 1527 si trasferì nella vicina Bidar (entrambe attualmente nel nord dello stato del Karnataka), dove sono conservati alcuni pregevoli edifici risalenti a quel periodo.
Gulbarga è piuttosto nota, almeno localmente, per l’omonimo Forte, iniziato dalla dinastia indù Kakatyia di Warangal, ma rinnovato ed ampliato nel 1347 dal primo sovrano dei Bahmani, Al-ud-din Bahmani.
Oltre alle possenti mura, al suo interno si trova la grande Jama Masjid, priva di minareti e completamente coperta con un tetto provvisto di numerose cupole, rette da ampi archi e colonnati.
Sempre a Gulbarga si possono ammirare le rovine del Chor Gumbad, un massiccio mausoleo, situato molto piacevolmente sulla cima di una bassa collina verdeggiante.

La successiva capitale Bahmani fu Bidar, dove ancora oggi si trovano il magnifico Forte ed altri edifici di pregevole valore artistico, sopratutto tombe e mausolei.
Come nel caso di Gulbarga, anche il Forte di Bidar sorge sulle rovine di un forte precedente, che venne ricostruito da Ahmed Shah Wali Bahmani tra il 1429 ed il 1432.
Le mura, lunghe circa 2,5 km, sono intervallate da 7 grandi portali e 37 bastioni, ed al loro interno ospitano numerosi edifici in buono stato di conservazione.
Purtroppo lo stesso non si può dire della gigantesca e magnifica Mahmud Gawan Madrasa costruita nel 1472.
Questo edificio sui generis servì da scuola islamica per circa un secolo e mezzo, quando venne convertita ad usi militari, tra cui conservare polvere da sparo, che causò un incidente che distrusse circa un quarto dell’edificio.
Le tombe della dinastia Bahmani sono situate nel vicino paese di Ashtur e sono l’ultimo esempio di architettura indo-islamica durante il Sultanato Bahmani.

Infatti le tombe più notevoli di Bidar, che si possono ammirare nel parco che ospita la Tomba di Ali Barid Shah I, sono opere costruite non dalla dinastia Bahmani, bensì dalla dinastia Barid Shahi, che fondò il Sultanato di Bidar, che esisterà dal 1489 al 1619, senza lasciare altre testimonianza architettoniche degne di nota.

Il Sultanato di Bijapur
Il vicino Sultanato di Bijapur, governato dalla dinastia Adil Shahi, avrà un’esistenza leggermente più lunga, dal 1490 al 1686, e grazie al patrocinio dei liberali regnanti attirerà in zona numerosi studiosi, poeti, santi ed artisti.
Il fiore all’occhiello dell’architettura di Bijapur è sicuramente il Gol Gumbaz, un grande mausoleo terminato intorno al 1656.
Nonostante l’apparentemente anonima pianta quadrata, con lati di poco meno di 50 metri, la Gol Gumbaz è uno splendido edificio, dotato di una grande cupola (gumbaz) circolare (gol) da cui il nome e di quattro torri-minareti a sette piani muniti di numerosi archi e sormontati da cupole.
All’interno di quella centrale scorre il cosiddetto “Corridoio dei Sospiri”, nome che deriva dal fatto che, grazie ad un ottima acustica, ogni minimo rumore può essere udito fin dall’altra parte del mausoleo.
Sempre a Bijapur notevole è anche il complesso dall’Ibrahim Roza, un grande mausoleo costruito nel 1627, composto da un alto portale, la tomba del sovrano Ibrahim Adil Shah ed una moschea, tutti edifici molto elaborati muniti di slanciati minareti decorativi.
La Jama Masjid di Bijapur, costruita nel 1578, presenta invece uno stile più sobrio, con un ampio giardino circondato da un grande porticato munito di numerose colonne ed una grande cupola semicircolare, protetta anch’essa da una serie di piccoli archi.

Il Sultanato di Berar
Il Sultanato di Berar regnò dal 1490 al 1572, con la dinastia Imad Shahi, i cui contributi artistici furono minimi a causa delle continue lotte con il vicino Sultanato di Ahmednagar.
Di conseguenza, le uniche testimonianze dei sovrani Imad Shahi si possono rintracciare nei forti Gawilghur e Narnala, che vennero occupati e rinnovati durante il loro regno.
Oggi purtroppo sono entrambi in rovina, ma si sono salvate le mura, alcuni portali e qualche edificio, e grazie alla loro posizione dominante offrono degli ottimi scorci sul panorama circostante.

Il Sultanato di Ahmednagar
La Tomba di Salabat Khan II
La dinastia Nizam Shahi fondò il Sultanato di Ahmednagar nel 1490, che regnerà su un’ampia area centro-occidentale dell’India fino al 1636.
Grazie ad un buon sistema di riscossione delle tasse, apportando miglioramenti al già efficiente sistema dei sovrani Moghul, il Sultanato di Ahmednagar fu piuttosto ricco ed i sovrani che lo regnarono ebbero modo di dedicarsi con successo anche alle arti.
In particolare fondarono una delle prime scuole di pittura del Deccan, mentre a livello architettonico si segnala innanzitutto il Forte di Ahmednagar, fatto costruire dal fondatore della dinastia Nizam Shahi, Malik Ahmad Nizam Shahi I, nel 1427.
Data l’importanza strategica, nel corso dei secoli il Forte di Ahmednagar venne ampliato ed ulteriormente fortificato dai successivi sovrani dell’area fino al 1803 quando, dopo la II Guerra Anglo-Maratha passò ai britannici, che la utilizzarono come prigione, in particolare durante il periodo dell’Indipendenza Indiana, con numerosi leader dell’Indian National Congress arrestati e qui detenuti.
Tra gli ospiti illustri trascorsero nella prigione del Forte di Ahmednagar quasi tre anni Jawaharlal Nehru, Abdul Kalam Azad e Sardar Patel.
Ad una dozzina di chilometri dalla città, sulla cima di una collina, si trova la Tomba di Salabat Khan II, un ministro della fine del XVI secolo, una torre ottagonale a tre piani, dotate di grandi archi.

La forma piuttosto tozza dell’edificio deriva dal fatto che originariamente doveva essere molto più alta e raggiugnere i sette piani.

sabato 29 ottobre 2016

L'Islam in India, lo stile architettonico indo-islamico cosiddetto delle province, nord

Come descritto nei post riguardo la storia dell’Islam in India (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/search/label/L%27Islam%20in%20India), seppur spesso i regnanti mussulmani ebbero sotto il loro potere gran parte del subcontinente indiano, fin dai tempi del Sultanato di Delhi si verificarono delle scissioni, che crearono piccoli e grandi regni islamici più o meno indipendenti.
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La Jama Masjid di Jaunpur
Lo stile architettonico indo-islamico sviluppato da queste dinastie è piuttosto eterogeneo e ciò che li accomuna non sono tanto le similitudini bensì l’indipendenza artistica, che seguiva essenzialmente i gusti personali dei sovrani che li commissionavano.

Nel nord dell’India si possono osservare ottimi esempi in numerose aree e città che furono in vari periodi governate da regnanti mussulmani con spiccati interessi architettonici: i Sultani del Bengala, i Nababbi di Lucknow, i Sultani di Jaunpur, i Nababbi di Bhopal ed il Sultanato di Gujarat, sviluppatosi poi con i Nababbi di Junagadh.
Nel sud invece, si creò nel 1347 il Sultanato dei Bahmani che nel 1527 verrà sostituito dai cinque Sultanati del Deccan, da cui sorgeranno infine i Nizam dello stato di Hyderabad.

Il Sultanato del Bengala
Il Sultanato del Bengala si creò con l’indipendenza di quest’area da Delhi già nel 1342 e seppur venne poi riassorbito dall’Impero Moghul nel 1576, manterrà una certa indipendenza fino all’arrivo dei britannici.
Questo permise anche ai ricchi sovrani di creare un proprio stile architettonico, dove chiaramente sono numerose le contaminazioni locali bengalesi.
Molte di queste opere si trovano attualmente nel territorio del Bangladesh, che costituiva il fulcro del Sultanato del Bengala.
Qui ottimi esempi di architettura indo-islamica del Sultanato del Bengala si possono ammirare nella cittadina di Bagerhat, ricca di pregiate moschee di tale importanza storico-artistica da essere protette dall’UNESCO.
Nello stato indiano del West Bengal poco lontano dal confine con il Bangladesh si trova l’Adina Mosque, costruita nel 1373 e considerata ancora oggi la moschea più grande del subcontinente indiano.
Purtroppo ne sono rimaste solo delle rovine, comunque impressionanti per dimensioni.

I Nababbi di Lucknow
I Nababbi di Lucknow erano famosi per il loro stile di vita eccentrico di cui si possono riscontrare ampie tracce nelle originali opere architettoniche da loro create.
I complessi della Bara Imambara e della Chota Imambara sono giustamente piuttosto famosi, tanto che le abbiamo dedicato un post, al quale rimandiamo (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2016/10/la-citta-di-lucknow.html).

I Sultani di Jaunpur
Jaunpur è oggi una polverosa e caotica città sperduta nella desolata campagna gangetica dello stato indiano dell’Uttar Pradesh, ma in passato è stata la capitale di un piccolo regno mussulmano sotto la dinastia Sharqi che governò quest’area dal 1394 al 1479.
Questi sovrani tenevano in grande considerazione il patrocinio delle arti e seppur regnarono per un breve periodo, i loro gusti ricercati influirono sia sulla musica che l’architettura.
Le opere più importanti ammirabili ancora oggi a Jaunpur sono la Atala Masjid, la Lal Darwaja Masjid e la Jama Masjid dotate di caratteristiche facciate dotate di eleganti archi, quasi addossate sulla grande cupola principale.

I Nababbi di Bhopal
Lo stato di Bhopal venne fondato da Dost Mohammad Khan, un soldato afghano al servizio dei Moghul, che alla morte di Aurangzeb nel 1707 conquistò alcuni territori e creò il proprio regno che resistette sotto varie forme di protettorato, prima dei Nizam di Hyderabad poi dei britannici, fino al 1949.
Una caratteristica peculiare di questo lungo dominio del Nababbi di Bhopal fu l’essere stato governato da ben 4 donne, chiamate Begum, che si dedicarono molto sapientemente anche alle infrastrutture della città, come il sistema fognario, le ferrovie e le poste, e chiaramente anche alla costruzione di grandi moschee.
La più nota è la Taj-ul-Masajid, che letteralmente significa la Regina delle Moschee, e seppur non sia mai stata portata a compimento è particolarmente bella, con i tetti dei minareti e delle cupole di marmo bianco che constrasta molto bene con il marroncino dell’arenaria.
Nei pressi si trova anche il Taj Mahal Palace, un grande palazzo voluto come la moschea dalla Shah Jahan Begum che regnò  su Bhopal verso la fine del XIX secolo.
La Jama Masjid, costruita nel 1837 è caratterizzata da tozzi minareti e da tre cupole bianche, mentre la Moti Masjid possiede dei minareti rosso cupo ed una facciata in marmo bianco.
Una citazione merita anche la Dhai Seedi ki Masjid, situata all’interno di un ospedale, che viene considerata la moschea più antica di Bhopal e la più piccola dell’Asia.

Il Sultanato del Gujarat
La Jama Masjid di Ahmedabad, prima del crollo dei minareti
Il potente Sultanato del Gujarat regnò quasi duecento anni, dal 1407 al 1573, dalla capitale Ahmedabad, dove sono state costruite un buon numero di pregevoli moschee.
Purtroppo l’area del Gujarat è spesso vittima di devastanti teremoti che hanno danneggiato molti edifici della città tra cui, in particolare, i minareti di molte moschee, che non erano di certo costruiti per reggere le forti vibrazioni delle scosse sismiche.
Anzi, una particolarità di alcune moschee di Ahmedabad è proprio la presenza di cosiddetti minareti oscillanti, dovuta alla particolarità che se uno viene fatto vibrare, dopo qualche secondo anche l’altro subirà un’oscillazione.
Classico esempio è la massiccia Jama Masjid, fatta costruire nel 1423 da Ahmed Shah, il fondatore della città nel 1411, della quale gli alti minareti “oscillanti” furono danneggiati dal sisma del 1819 e definitivamente distrutti da quello del 1957, senza contare gli ulteriori danni alla struttura principale, composta da ben 15 cupole e 260 colonne, causati dal terremoto del 2001.
Anche la Ahmed Shah’s Mosque del 1414 venne fatta costruire dal sovrano Ahmed Shah e con le sue splendide colonne e jali (finestre composte da lastre di marmo traforate) è la più antica moschea della città.
La Sidi Sayyed’s Mosque è nota per la ricercatezza dei jali tra cui uno molto elegante che rappresenta un albero.
La Sidi Bashir Mosque possiede due elaborati e massicci minareti oscillanti, inseriti, con gusto, nelle mura del portale centrale; purtroppo il sisma del 2001 ha provocato alla struttura danni notevoli.
Anche la Raj Babri Masjid possedeva due minareti oscillanti di cui uno venne danneggiato dagli inglesi che cercavano di studiare la struttura ed entrambi crollarono durante il terremoto del 2001.

I Nababbi di Junagadh
Ma l’opera più originale del Gujarat, e forse dell’India, è il piccolo complesso della Mahabat Maqbara nella città di Junagadh, dove si trovano due eleganti e decoratissimi mausolei, dedicati a due passati Nababbi.
Oltre alla profusione di intricate finestre, guglie e cupole, molto caratteristici sono i quattro minareti della tomba Bahar-ud-din Bhar, dotati di inusuali ed eleganti scale a chiocciola esterne; stile che viene ripreso anche nella vicina e più recente moschea.

Purtroppo non si conosce molto di questo meraviglioso monumento a parte il fatto che venne edificato intorno al 1892.

giovedì 27 ottobre 2016

L'Islam in India, lo stile architettonico indo-islamico della dinastia Moghul, II parte

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La Tomba di Itimad-ud-Daulah di Agra, chiamata Baby Taj
Il figlio di Akbar, l’imperatore Jehangir, non aveva la stessa spiccata passione artistica del padre, ma ebbe comunque modo, durante i 22 anni al potere, di dedicarsi all’architettura, iniziando con il mausoleo che accoglie le spoglie del suo illustre genitore.
La Tomba di Akbar venne edificata tra il 1605 ed il 1613 a Sikandar, nei pressi di Agra, ed è composta da un grande edificio ricco di archi e chatri (chioschi), ispirato alla Buland Darwaza di Fatehpur Sikri (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2016/10/lislam-in-india-lo-stile-architettonico_26.html).
I quattro eleganti minareti di marmo situati agli angoli saranno invece ripresi nel Taj Mahal.
Sempre a Sikandar, Jehangir tra il 1623 ed il 1627 edificò la Tomba di Mariam-uz-Zamani, la moglie induista di Akbar, quindi la matrigna di Jehangir, sfruttando un precedente padiglione di arenaria costruito dal sultano di Delhi Sikander Lodi ed abbellendolo con un tipico giardino Moghul.
Ma l’opera architettonica più importante di questo periodo è sicuramente la Tomba di Itimad-ud-Daulah, il suocero di Jehangir, fatto edificare dalla figlia Nur Jahan, moglie dell’Imperatore, tra il 1622 ed il 1628.
Lo stile di questo gradevole edificio, chiamato localmente “Baby Taj” (piccolo Taj Mahal), rappresenta una fase di transizione dello stile architettonico Moghul, dal primo periodo, nel quale il materiale principale era l’arenaria con decorazioni di marmo, al secondo periodo, basato su marmo decorato con la tecnica della pietra dura.

Con l’imperatore Shah Jahan (figlio e successore di Jehangir), che regnò per ben 31 anni dal 1627 al 1658, l’architettura Moghul raggiunse il suo massimo splendore, con la costruzione di numerosi pregevoli edifici, tra cui l’impareggiabile Taj Mahal di Agra.
Come anticipato a proposito di suo nonno Akbar, Shah Jahan compì anche molti pregevoli interventi nel Forte di Agra, dove tra l’altro trascorse gli ultimi anni di vita dopo essere stato deposto dal figlio Aurangzeb.
Oltre ad Agra, Shah Jahan ebbe modo di sbizzarrirsi architettonicamente con la costruzione di una nuova città fortificata nell’area di Delhi, chiamata Shahjahanabad, e che oggi viene identificata con la cosiddetta Old Delhi.
Gli edifici più significativi e meglio conservati si trovano all’interno del grande Red Fort, così chiamato dal colore dell’arenaria con la quale è stato costruito.
Ma per maggior dettagli su Old Delhi rimandiamo ad un post ad essa interamente dedicato (http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/07/la-citta-di-delhi-i-parte.html).

Sotto Aurangzeb l’impero Moghul raggiunse la sua massima espansione, ma a causa della nota intransigenza del sovrano, le sue conquiste durarono poco ed alla sua morte, nel 1707, iniziò il declino della dinastia.
Avendo trascorso i ben 49 anni di regno in campagne militari, a distruggere templi ed a perseguitare gli indù, Aurangzeb non si interessò particolarmente all’arte e sono pochi gli esempi di architettura Moghul costruiti durante il suo regno.
Notevole è comunque la Moschea della Perla edificata nel 1659 all’interno del Red Fort di Delhi, per il culto privato dell’imperatore.

Oltre a questa, spinto del suo noto fanatismo religioso, Aurangzeb fece costruire anche altre moschee, spesso proprio distruggendo templi indù, come avvenne a Varanasi, dove costruì la Gyanvapi Mosque, sul punto in cui sorgeva l’originale Vishwanath Temple dedicato a Shiva.
Anche la Alamgir Masjid, sempre a Varanasi, venne fatta edificare da Aurangzeb sul sito di un precedente tempio vishnuita.
La posizione dominante sul lungofiume la rendono un chiaro e gradevole punto di riferimento nel panorama  della città ed è nota per il fatto che i due minareti originali, alti ben 64 metri, vennero sostituiti nel 1949, quando uno dei due collassò.
Anche a Mathura, luogo di nascita del dio Krishna, Aurangzeb rase al suolo il Kesava Deo Temple, nelle fondamenta del quale si trova la stanza dove venne alla luce Krishna, e vi costruì sopra la possente, ma non molto elegante, Katra Masjid.

L’unico mausoleo degno di nota edificato grazie ad Aurangzeb è la Bibi ka Maqbara (la Tomba della Signora), fatto costruire dal figlio dell’imperatore, Azam Shah, nel 1678, in memoria della madre-imperatrice.
Situato ad Aurangabad, nello stato del Maharashtra, viene chiamato il Taj del Deccan, a causa della stretta somiglianza con il Taj Mahal di Agra.
E seppur chiaramente non si possa paragonare al suo illustre ispiratore, si tratta comunque di un meraviglioso edificio in marmo bianco che domina il panorama della città.
Con la morte di Aurangzeb nel 1707 l’Impero Moghul iniziò un lungo ed inesorabile declino, ed i sovrani che si succedettero ebbero raramente tempo, possibilità e capacità per erigere i grandiosi edifici dei loro predecessori.

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La Moschea Wazir Khan di Lahore
Per finire il nostro sguardo generale all’architettura Moghul del subcontinente indiano, è doveroso fare un breve cenno alla città di Lahore.
Seppur oggi sia politicamente parte del Pakistan, la lunga storia di Lahore è infatti legata indissolubilmente con quella indiana, considerando anche che il confine attuale si trova a soli 24 chilometri.
In particolare, l’interessante città di Lahore può vantare di essere stata una delle città favorite dai sovrani Moghul, tanto che dal 1586 al 1598, sotto l’imperatore Akbar, ne fu addirittura la capitale.
Grazie a questo, Lahore ospita vari edifici in stile Moghul, secondi per numero solo a quelli di Delhi.

La maggior parte di questi sono ospitati all’interno della cosiddetta “Walled City of Lahore”, una porzione della città che venne fortificata proprio durante l’impero Moghul.
Purtroppo delle 13 porte originali ne sono rimaste solo 6, essendo state le altre distrutte dagli inglesi nel tentativo di defortificare la città; operazione che purtroppo avvenne anche a Delhi dove delle 13 porte originali di Shahjahanabad (Old Delhi http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/07/la-citta-di-delhi-i-parte.html) ne sono rimaste solo 5.
L’opera più importante, storicamente ed architettonicamente, è il grande Lahore Fort, fatto costruire sopra a fortificazioni pre-esistenti dall’imperatore Akbar alla fine del XVII secolo e successivamente ampliato e custodito dai suoi successori.
All’interno sono numerosi gli edifici di notevole importanza artistica, tra cui: la Diwan-i-Aam (sala delle udienze pubbliche), il Sheesh Mahal (il palazzo degli specchi che ospitava l’harem), il Naulakh Pavillion (un grazioso padiglione in marmo bianco, commistione di numerosi stili), la Moti Masjid (la Moschea della Perla in marmo bianco), solo per citare i più importanti.

Non molto lontano dal forte è situtat la Badshahi Mosque, uno dei monumenti più conosciuti di Lahore, che venne fatta edificare da Aurangzeb, per commerorare alcune vittoriose campagne militari, seppur pare che la costruzione di questa grandiosa moschea abbia causato una grave crisi finanziaria.
Terminata nel 1673, per molti anni fu la più grande moschea al mondo e ad oggi è la seconda del Pakistan per dimensioni.
Lo stile è ispirato a quello della Jama Masjid di Delhi, seppur la Badshahi Mosque sia ancora più gigantesca, con il cortile che pare possa ospitare ben 100.000 persone.
Oltre alle dimensioni, bisogna anche notare la ricercatezza artistica dei dettagli, sia dei grandi portali d’accesso, dei lunghi porticati, delle ampie cupole, degli alti minareti e della stanza principale.

Sempre all’interno della Walled City of Lahore, si trova quella che viene considerata la moschea in stile Moghul più riccamente decorata, la meravigliosa Wazir Khan Mosque, commissionata dal raffinato Shah Jahan e costruita tra il 1634 ed il 1642.
Tutti gli edifici all’interno del complesso, i portali, il portico, il mirab (il muro che indica La Mecca), la tomba di un santo ed i minareti, sono splendidamente decorati sia con squisite ceramiche che affreschi con motivi floreali, creando ambienti straordinariamente colorati.
Stilisticamente viene fatto ampio uso di muqarna, una soluzione decorativa tipica mussulmana, in cui grandi nicchie vengono suddivise in tante nicchie più piccole, creando un elegante effetto “alveare”.

Seppur in città e nei suoi dintorni si trovino altri ottimi esempi d’architettura Moghul, come ultimo riferimento artistico di Lahore dobbiamo necessariamente citare gli splendidi Giardini di Shalimar, creati, neppure a dirlo, durante il regno dell’imperatore Shah Jahan.

Costruiti su terrazze a tre piani, chiamati da quello inferiore al più alto “apportatrice di vita, bontà e piacere”, i Giardini Shalimar ospitano: più di 400 fontane, 5 cascate, vari padiglioni e chiaramente numerose specie di piante, fiori e alberi.

mercoledì 26 ottobre 2016

L'Islam in India, lo stile architettonico indo-islamico della dinastia Moghul fino all'imperatore Akbar

La Tomba di Humayun in un disegno del 1820
La dinastia Moghul regnò su gran parte del nord dell’India (e per un breve periodo anche su quasi tutto il sud) tra il 1526 ed il 1858.
Il momento di massimo splendore dell’Impero, durante il quale si venne a creare lo stile architettonico Moghul, durò circa 150 anni, tra il 1555, quando il sovrano Humayun riprese il controllo di Delhi dopo esser stato scacciato per 15 anni dalla dinastia afghana Suri, fino al 1707, con la morte del sesto imperatore Aurangzeb e l’inizio del declino dell’impero Moghul.
                  
Il primo sovrano Babur regnò per soli 4 anni e non ebbe quindi molto tempo per dedicarsi all’architettura, seppur venga accreditato di aver introdotto nella penisola indiana il concetto del char bagh, la divisione dei giardini in quattro (char) parti (bagh), tipica persiana.
Suo figlio Humayun, salito al trono in giovane età, venne scacciato dall’India dalla dinastia Suri, che seppur abbia regnato per appena 15 anni, dal 1540 al 1555, ebbe modo di edificare alcuni interessanti monumenti.
Chiaramente questi non possono essere considerati in stile Moghul, ma rappresentano anch’essi degli ottimi esempi di arte indo-islamica, seppur sui generis visto che non si possono attribuire neppure a quella del Sultanato di Delhi (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2016/10/lislam-in-india-lo-stile-architettonico.html).

La parentesi della dinastia Suri
Sher Shah Suri, il fondatore della dinastia, regnò per soli 5 anni, durante i quali ebbe però modo non solo di migliorare l’organizzazione dell’Impero, ma anche di fondare la propria capitale, sempre nell’area di Delhi, nota oggi come Purana Qila, il Vecchio Forte.
A causa della sua improvvisa scomparsa, l’opera venne completata dal figlio, Islam Shah Suri, che regnerà 9 anni fino al 1554.
Oltre alle possenti mura, al giorno d’oggi si possono ancora ammirare: i tre grandi portali, la moschea Qila-i-Kuhna, con unica cupola ma ben 5 pregevoli archi sulla facciata principale, ed il Sher  Mandal, una torre ottagonale a due piani, iniziata da Babur, portata avanti da Sher Shah Suri e terminata da Humayun, che la utilizzava come osservatorio e libreria privati.

Al di fuori dell’area di Delhi esistono alcune altre testimonianze architettoniche della dinastia Suri, che sono ottimi esempi di arte indo-islamica, per l’esattezza indo-afghana, data l’origine dei sovrani.
A Patna, capitale del Bihar, Sher Shah Suri fece costruire una pregevole moschea in marmo bianco, che porta il suo nome, dotata di una grande cupola centrale, circondata da altre quattro cupole più piccole, posizionate in modo che da qualunque lato si osservi l’edificio se ne vedano solo tre, con la più grande al centro.
Nell’anonima cittadina di Sasaram, sempre nello stato indiano del Bihar, si trova la tomba di Sher Shah Suri, un magnifico mausoleo costruito al centro di un piccolo lago artificiale, costruito su base ottagonale, munito di una grande cupola abbellita da pregevoli chatri (piccoli padiglioni a cupola, tipo chioschi, retti da quattro colonne).
Sempre a Sasaram, in stile molto simile alla precedente, bisogna segnalare anche la tomba di Hasan Khan Suri, padre di Sher Shah Suri
Infine, come ultimo esempio d’architettura indo-afghana, seppur oggi si trovi politicamente in Pakistan, bisogna citare il Forte di Rohtas, una grande fortezza fatta costruire da Sher Shah Suri per tenere a bada delle tribù locali, e che venne successivamente utilizzata anche da altri sovrani, durante campagne militari nell’area del Punjab, storicamente la porta d’accesso all’India e quindi estremamente ambita.
Le mura di questo forte, ancora ben conservato considerando il lungo e tumultuoso passato, misurano 4 chilometri e sono intervallate da ben 12 massicci ed eleganti portali.
All’interno si possono ancora osservare la grande e tozza Shahi Masjid (la Moschea Reale), il malridotto Rani Mahal (Palazzo della Regina) e ben tre baoli (pozzi a gradini http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/08/i-baoli-pozzi-gradini.html): quello principale, Main Baoli, è il più ampio e composto da ben 148 gradini; il Shahi Baoli, di soli 60 gradini, era riservato alla famiglia reale, da cui il nome (com’è piuttosto noto shah significa re), che poteva servirsi anche di piccole stanze ricavate nella struttura; il Sar Baoli, vicino all’omonima porta, è il più piccolo dei tre e veniva probabilmente usato dai soldati.

Lo stile Moghul di Akbar il Grande
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La Buland Darwaza di Fatehput Sikri
Il secondo regno di Humayun, dopo aver riconquistato il trono di Delhi sconfiggendo definitivamente i sovrani Suri, durò appena un paio d’anni, fino al 1556, per passare al figlio Akbar, sotto il quale fiorì l’arte Moghul, in particolare proprio l’architettura.
Il cosiddetto stile Moghul può essere considerato un’amalgama tra quello islamico, persiano, turco e indiano, con elementi ricorrenti quali: grandi cupole a bulbo, slanciati minareti, ampi saloni, enormi portali, numerosi chatri e l’utilizzo di piattaforme rialzate sulle quali fondare gli edifici.
Anche il materiale utilizzato è caratteristico, principalmente arenaria rossa e marmo bianco.
Gli esempi rimasti ancora oggi in buono stato di conservazione sono numerosi, iniziando nel 1574 con la splendida Tomba di Humayun, padre di Akbar, situata a Delhi (http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/08/la-citta-di-delhi-iii-parte.html) e considerata il primo esempio maturo di architettura Moghul.

Successivamente l’attenzione dell’imperatore Akbar si rivolse ad Agra, la capitale della dinastia, dove si dedicò all’ampliamento del forte, tra il 1565 ed il 1574.
Purtroppo non è rimasto molto degli edifici del Forte di Agra fatti costruire da Akbar, a causa dei numerosi cambiamenti apportati da suo nipote abiatico Shah Jahan.

La più grande opera architettonica voluta da Akbar è stata la fondazione di Fatehpur Sikri, una nuova capitale costruita poco lontano da Agra, proprio per assecondare i gusti architettonici dell’Imperatore.
Purtroppo avendo scopi più artistici che pratici, Fatehpur Sikri ebbe vita breve e fu presto abbandonata a causa della mancanza d’acqua e della difficile dinfendibilità, ma ospita ancora oggi alcune delle migliori testimonianze d’architettura Moghul.
La Buland Darwaza, ad esempio, è un grande ed elaborato portale attraverso il quale si accede all’ampio cortile della Jama Masjid, dove sono ospitate alcune tombe, tra cui quella del santo sufi Salim Chisti, custodita in un piccolo e grazioso mausoleo in marmo bianco.
All’interno dell’area posta sotto al patrocinio dell’UNESCO, sono conservati alcuni dei più originali edifici indo-islamici del subcontinente indiano, come la Sala delle Udienze Pubbliche, quella delle Udienze Private, l’Anup Talao, l’Ibadat Khana ed il Panch Mahal.
L’Anup Talao è una vasca ornamentale quadrata, con una piattaforma al centro accessibile grazie a quattro pontili situati su ogni lato.
L’Ibadat Khana è invece la stanza dove Akbar trascorreva le ore notturne discutendo di religione e spiritualità con importanti rappresentanti delle religioni professate nel suo grande impero.
Al centro è collocato il seggio dove sedeva l’imperatore, dal quale partono delle passerelle che lo collegano ai posti dove sedevano i religiosi.
Il Panch Mahal, come suggerisce il nome, è un palazzo (mahal) a cinque (panch) piani, che si restringono verso l’alto, terminando al quinto con un chatri.

Considerando gli schermi traforati protettivi e la suddivisione degli interni, si può dedurre che questo elegante palazzo aperto sorretto da ben 176 colonne, fosse stato progettato ad uso delle donne di Corte.

lunedì 24 ottobre 2016

L'Islam in India, lo stile architettonico indo-islamico del Sultanato di Delhi

Qutb Minar Delhi 1865.jpg
Il Qutab Minar in una foto del 1865
Con la dipartita degli inglesi e la susseguente spartizione su base religiosa del subcontinente in tre stati, molti mussulmani residenti in India si spostarono in Pakistan e Bangladesh (al tempo Pakistan Orientale), ma grazie alla maggior tolleranza degli indù, non furono pochi quelli che rimasero sul suolo indiano.
Al giorno d’oggi in India i fedeli mussulmani sono il 14% degli abitanti, seppur in alcune zone la percentuale si aggiri attorno al 30%
In tutto i fedeli islamici in India sono 172 milioni, che di fatto rendono il paese il terzo al mondo per numero di mussulmani, dopo Indonesia (205 milioni) e Pakistan (175 milioni).

Nonostante i lunghi secoli sotto sovrani mussulmani furono tutt’altro che pacifici e tranquilli, bisogna notare quanto la loro presenza abbia arricchito la cultura della penisola indiana, con numerosi contributi in quasi tutti i campi del sapere umano, dalle lingue, alla scienza, dalla società alle arti.
Le arti in particolare trassero enormi benefici dalla contaminazione mussulmana, soprattutto l’architettura con la diffusione del cosiddetto stile indo-islamico e la creazione di magnifici edifici, spesso religiosi, moschee e mausolei, ma anche laici, come forti e palazzi.
Formalmente lo stile indo-islamico viene diviso in tre gruppi originali, del Sultanato di Delhi, Moghul e delle provincie mussulmane, a cui aggiungere il più recente revival indo-saraceno.

La città di Delhi è quella che conserva il maggior numero di testimonianze del ricco passato mussulmano, avendo servito come capitale per molte dinastie.
Come accennato nel post dedicato all’arrivo dell’Islam in India (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2016/10/lislam-in-india-dalle-prime-invasioni.html) il Sultanato di Delhi governò su gran parte del nord dell’India per circa trecento anni, e seppur le testimonianze architettoniche rimaste non siano molte, sono sicuramente molto significative, proprio per essere i primi esempi di sincretismo fra l’arte islamica e quella locale.
Con la caduta dei Sultani, sostituiti dai Moghul, Delhi rimase ancora per lungo tempo la capitale dell’impero e si arricchì ulteriormente di magnifici esempi d’architettura indo-islamica, con l’affermazione dello stile Moghul.
Anche sotto i britannici e dopo l’Indipendenza Indiana, Delhi mantenne il suo ruolo di capitale ed ebbe quindi modo di arricchire ulteriormente la sua eterogenea architettura con alcuni ottimi esempi di revival indo-saraceno.

Le più antiche testimonianze d’architettura mussulmana si trovano nella zona sud del Territorio di Delhi, con il complesso del Qutab Minar, fatto costruire da Qutb-ud-din, generale degli invasori Ghuridi, che fonderà la dinastia dei Mamelucchi da cui si formerà il Sultanato di Delhi.
L’elaborata torre, che dà il nome al complesso è alta ben 73 metri ed è considerata la torre di pietra (marmo ed arenaria) più alta al mondo.
Di notevole importanza storico-artistica sono: l’adiacente Quwwat-ul-Islam Masjid (La Moschea del Potere Islamico), considerata la prima moschea costruita nel nord dell'India, ed il grande portale chiamato Alai Darwaza, fatto erigere dal secondo sultano di Delhi della dinastia Khilji, Alauddin Khilji, nei primi anni del 1300.

Sempre lo stesso sovrano tentò di far costruire un’altra torre che sarebbe dovuta essere alta addirittura il doppio del Qutab Minar, chiamata Alai Minar, ma la costruzione venne interrotta, dopo aver raggiunto circa 25 metri, e dopo la morte del sovrano, nel 1316, il progetto venne definitivamente abbandonato; oggi rimane solo la gigantesca base circolare.
Con la scomparsa di Alauddin Khilji, l’area si arricchì di un altro antico edificio, in perfetto stile indo-afghano, per contenere le spoglie del sovrano, con annessa una madrassa fatta precedentemente costruire dallo stesso.

La dinatia Tughlaq nel 1321, con Ghyas-ud-din Tughlaq, fondò la città fortificata di Tughlaqabad (oggigiorno nell’area meridionale di Delhi), della quale sono rimaste solo le grandi mura ed il bel mausoleo dedicato al fondatore.
Già nel 1327 Tughkaqabad venne abbandonata e nel 1356 il terzo discendente della dinastia, Feroz Shah Tughlak fondò il forte Feroz Shah Kotla, munito di grandi mura, che ospita l’antica e possente Jama Masjid, una colonna di Ashoka (http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/02/limperatore-ashoka.html) ed un baoli (pozzo a gradini, per ulteriori dettagli http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/08/i-baoli-pozzi-gradini.html).

Dopo la dinastia Tughlaq, i successori Sayyd regnarono solo per 36 anni, dal 1415 al 1451,  ed a parte una piccola eccezione che vedremo tra poco, non ebbero il tempo materiale di lasciare particolari testimonianze architettoniche.
Nel 1451 i Sayyd furono sostituiti dalla dinastia afghana dei Lodi, ultimi Sultani di Delhi, fino al 1526 quando verranno sconfitti nella battaglia di Panipat da Babur che fonderà l’Impero Moghul.
I Lodi non fondarono un proprio centro urbano, ma si accontentarono di edificare alcuni interessanti mausolei in un’area che oggi porta il nome di Lodi Gardens.
La tomba più antica attorno alla quale si sviluppò il complesso, venne edificata dal 1444 al 1445 dalla dinastia Sayyd, per l’esattezza dall’ultimo sovrano Alauddin Shah in onore del suo predecessore Mohammed Shah.

Il primo contributo artistico dei Lodi in quest’area fu la costruzione della Bara Gumbad (la Grande Cupola), un possente ma elegante edificio sormontato da un’ampia cupola, che funge da portale per la adiacente moschea delle tre cupole.
Tra il 1489 ed il 1517 venne costruito il Shisha Gumbad (la Cupola di Vetro), un grazioso mausoleo che ospita un membro sconosciuto della dinastia Lodi.
Il nome deriva dal fatto che originariamente la cupola era rivestita di mattonelle blu, che sotto il sole brillavano come fossero di vetro; purtroppo al giorno d’oggi ne sono rimasti solo pochi frammenti.
L’ultimo grande contributo architettonico della dinastia Lodi ed ultimo esempio di arte indo-islamica del Sultanato di Delhi, è la grande Tomba di Sikander Lodi, edificata nei due anni successivi alla sua morte, quindi nel 1517-18, dal figlio Ibrahim Lodi.

Come gli altri edifici ospitati nel complesso, l’ispirazione architettonica è la tomba di Mohammad Shah, la prima edificata nel 1444-45, con alcune variazioni, come il porticato sottostante a base ottagonale.

domenica 23 ottobre 2016

L'Islam in India, dalla dinastia Moghul ai Britannici

MughalLa dinastia Moghul regnò su gran parte dell’India tra il 1526 ed il 1857, esclusa una breve parentesi di quindici anni, tra il 1540 ed il 1555, per l’invasione da parte della dinastia afghana Suri.
Oltre a questo, bisogna anche notare che dopo la morte dell’ultimo grande imperatore Aurangzeb nel 1707, la dinastia Moghul iniziò a decadere rapidamente e regnò quasi solo nominalmente fino al 1858, quando l’ultimo sovrano Bahadur Shah II venne deposto dagli inglesi e mandato in esilio in Birmania.
Il periodo d’oro della dinastia Moghul fu quindi quello dal 1555 fino al 1707, durante il quale si succedettero al trono cinque imperatori: Humayun, Akbar, Jehangir, Shah Jahan e Aurangzeb.

Il primo sovrano Babur, di nobilissima discendenza (Gengis Khan da parte della madre e Tamerlano da parte del padre), ebbe infatti sicuramente il merito di creare la dinastia e fondare l’impero, ma non il tempo di consolidarlo prima della prematura morte, a 47 anni, e di lasciarlo al giovane figlio Humayun.
Questi salì al potere nel 1530, a soli 22 anni ed a causa dell’inesperienza nel 1540 verrà deposto dalla dinastia Suri e costretto a fuggire in Persia.
Qui però ebbe modo di migliorare i rapporti con la potente dinastia Safavide, riorganizzare l’esercito Moghul e nel 1555 riconquisterà il trono di Delhi, sconfiggendo i Suri ed instaurando un regime più accorto ed effettivo all’interno del vasto impero.
Come il padre Babur, anche Humayun non potè godere a lungo dei frutti delle sue vittorie e morì solo un anno dopo nel 1556, lasciando comunque al figlio Akbar un impero in buono stato.

Akbar (1542-1605) fu il più grande imperatore della dinastia Moghul, non solo per le conquiste militari, che ampliarono e rafforzarono i confini dell’impero, ma anche per la notevole tolleranza verso le masse indù, interrompendo la distruzione dei templi ed invece integrando sempre più gli abitanti locali nell’amministrazione del vasto territorio (per ulteriori dettagli rimandiamo ad un post a lui dedicato (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2016/10/lislam-in-india-dalle-prime-invasioni.html).

Il figlio di Akbar, Jehangir, non fu altrettanto illuminato come il padre ed i suoi 22 anni di governo (dal 1605 al 1627) sono ricordati essenzialmente per aver stabilito i primi contatti con gli inglesi.
Il quinto sovrano Moghul, Shah Jahan, regnò per ben 31 anni, prima di essere deposto dal suo stesso figlio Aurangzeb, ed è noto per i suoi contributi all’arte, su tutti il Taj Mahal di Agra.
Aurangzeb salì al trono nel 1658 ed il suo regno durò ben 49 anni, trascorsi in gran parte ad espandere l’impero, combattere i ribelli Maratha (una casta di guerrieri del Maharashtra) nel centro dell’India e a distruggere templi indù.
La sua nota intransigenza fu infatti una delle cause delle difficoltà a governare su un impero così grande ed alla sua morte, nel 1707, lo lascerà al figlio, Bahadur Shah I, in pessimo stato.

Anche l’arrivo degli inglesi influì sul declino dell’Impero Moghul, iniziando con la sconfitta nella battaglia di Plassey (1757), combattuta dal Nababbo del Bengala (vassallo Moghul) insieme ai francesi, e che sancirà l’inizio del dominio britannico in India.
A parte questo episodio, i Moghul vennero inizialmente aiutati dalla Compagnia Britannica delle Indie Orientali nelle guerre contro i Maratha, ma verranno liquidati nel 1858, quando la corona reale inglese prenderà il controllo dell’India.

Dopo i Moghul
Durante l’occupazione britannica, i sovrani locali, sia indù che mussulmani, divennero vassalli, ma mantennero i propri diritti a governare, fino al 1947, con la dipartita degli inglesi, la spartizione del subcontinente e la formazione dell’India, che revocò ogni sovranità all’interno del paese.
In particolare i regnanti mussulmani più potenti del tempo erano quelli del Gujarat e di Hyderabad, che inizialmente avevano deciso di essere accorpati al Pakistan.
Si trattava però di regni con sovrani mussulmani, ma popolazioni induiste creando situazioni piuttosto delicate.
Il Nababbo di Junagarh, in Gujarat aveva scelto di cedere i suoi territori al Pakistan, ma a causa della rivolta dei sudditi a maggioranza indù, l’esercito indiano intervenne, il  Nababbo scappò in Pakistan ed il Gujarat venne annesso all’India.

I Nababbi di Hyderabad scelsero di rimanere indipendenti, decisione che chiaramente non piacque all’India che circondandone tutto il territorio compì una veloce campagna militare ed in appena cinque giorni, il Nizam di Hyderabad si arrese.

In Kashmir la situazione era invece opposta, con un maharajà indù che governava su una popolazione a maggioranza islamica e che decise di essere accorpato all’India, creando i presupposti per la confusione che regna ancora oggi in questi territori (per ulteriori dettagli http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2016/05/il-confine-indo-pakistano.html).

sabato 22 ottobre 2016

L'Islam in India, dalle prime invasioni al Sultanato di Delhi

La Cheraman Juma Masjid, la prima moschea costruita in India nel 629
I primi contatti tra il mondo mussulmano e l’India si possono far risalire all’inizio del VII secolo, con i mercanti arabi convertiti all’Islam che intrattenevano rapporti commerciali sulle coste del Gujarat e del Kerala.
Oltre ai mercanti ben presto arrivarono i missionari, con Malik Deenar, seguace e contemporaneo di Maometto, che già nel 629 fece costruire la prima moschea in India, la Cheramam Juma Masjid, nell’attuale distretto di Thrissur in Kerala.
Spinti dai racconti dei mercanti, che elogiavano la ricchezza del subcontinente indiano, anche i regnanti mussulmani iniziarono in questo periodo i primi raid marittimi, con il Califfo Omar che, partendo dalla penisola arabica, nel 636 razziò Thane, nei pressi dell’attuale Mumbai.

Le prime invasioni (dal VII al XIIsecolo)
Via terra le prime invasioni mussulmane nei territori che oggigiorno fanno parte dell’India, cominciarono leggermente più tardi, nonostante scontri tra islamici e indù si verificarono già alla fine del VII secolo per il possesso di Kabul.
La prima dinastia mussulmana che fu in grado di occupare l’attuale Pakistan e da lì penetrare nella penisola indiana fu quella Ghaznavide, con Mahmud di Ghazni (città oggi in Afghanistan), che nei primi 25-30 anni dell’XI secolo compì ben 17 spedizioni armate per razziare i ricchi templi indù, tra cui il celebre Somnath Temple in Gujarat, che diventerà per secoli una delle vittime preferite degli invasori mussulmani.
Mahmud di Ghazni non era comunque interessato a conquiste territoriali, ma semplicemente a depredare gli indiani delle loro ricchezze, soprattutto oro, argento e pietre preziose.

Con l’indebolimento della dinastia Ghaznavide, che venne scacciata da Ghazni a Lahore dai Selgiuchidi nel 1040 e quindi scomparì dopo la presa di Lahore da parte dei Ghuridi, le incursioni mussulmane in India si arrestarono per circa un secolo e mezzo, per riprendere nel 1191 con Mohammed di Ghori, che venne respinto al primo attacco, ma al secondo fu in grado di sbaragliare la confederazione di regnanti indù e conquistare quasi tutto il nord dell’India.
Anche Mohammed di Ghori non aveva un particolare interesse a risiedere permanentemente in India, ma lasciò il suo generale Qutb-ud-din a governare da Delhi sui territori conquistati.

Il Sultanato di Delhi (dal 1206 al 1526)
Dopo l’assassinio di Mohammed di Ghori nel 1206, Qutb-ud-din fondò la dinastia dei Mamelucchi, che con il terzo successore Iltutmish creò il Sultanato di Delhi, retto successivamente da altre quattro dinastie: i Khilji, i Tughlaq, i Sayyd ed i Lodi, che regneranno fino al 1526 quando verranno sostituiti dai Moghul.
I sultani di Delhi si distinsero per la loro intransigenza religiosa, con la distruzione di numerosi templi indù, ma anche per aver dato vita all’apprezzato stile architettonico indo-islamico.
Le prime quattro dinastie infatti Mamelucchi, Khilji, Tughlaq e Sayyd erano d’origine turca, mentre i Lodi erano afghani.

I Mamelucchi regnarono per quasi un secolo, dal 1206 al 1290, con dieci sultani che ebbero il merito di rafforzare l’impero e di difenderlo dai tentativi dei mongoli di Gengis Khan.
L’ultimo sultano Mamelucco, giovane e malato, venne assassinato da Jalal-ud-din Firuz Khilji, che fondò la dinastia Khilji.

Questa regnò su Delhi per circa 30 anni, con quattro sultani, di cui però solo i primi due ebbero tempo di organizzare l’impero: il fondatore Jalal-ud-din Firuz Khilji e soprattutto il successore Alauddin Khilji, che dal 1296 al 1316, ampliò e consolidò i territori sotto il Sultanato di Delhi, nonché respinse altri tentativi di invasione da parte dei mongoli.

Dopo la sua morte il regno cadde nel caos, finché nel 1320 Ghiyat al-Din Tughluq uccise a Delhi il generale Khusraw Khan dei Khlji e fondò la dinastia Tughlaq.
Questa ebbe il merito di ampliare i confini del Sultanato, tanto che nel 1335 aveva occupato tutta la penisola indiana, escluse le coste più meridionali e l’area centro-orientale corrispondente oggigiorno allo stato dell’Orissa e suoi dintorni.
Le grandi dimensioni raggiunte dal Sultanato, unito ad una scarsa organizzazione amministrativa, si rivelarò però ben presto controproducente iniziando a ridursi ed indebolirsi, tanto che alla morte di Feroz Shah Tughlaq, 1388, cadde nell’anarchia e nel 1398 subì la devastante invasione da parte di Tamerlano, re di Samarcanda.
Come i suoi predecessori Ghaznavidi e Ghuridi, anche il potente Tamerlano vedeva l’India solo come un luogo da depredare: pare che quando ripartì per tornare a Samarcanda, aveva con sé ben 90 elefanti carichi di sole pietre preziose.

Dopo la dinastia Tughlaq, fu la volta di quella Sayyid, al potere per soli 37 anni (dal 1414 al 1451), quindi della dinastia dei Lodi (dal 1451 al 1526), ultimi sultani di Delhi che vennero attaccati e sconfitti nella Prima Battaglia di Panipat da Babur (originario dell’Uzbekistan), che fonderà nel 1526 la dinastia e l’Impero Moghul.

Territori occupati dai Sultani di Delhi (copyright Javierfv1212)

Altri Sultanati (in Bengala, Gujarat e Deccan)
Nel resto dell’India, a est, nel 1342, venne creato il Sultanato del Bengala, che dopo essersi staccato da quello di Delhi, respinse un attacco da parte di Feroz Shah Tughlaq nel 1343 e governò in quest’area fino al 1576, sostituito dai Moghul, esclusa una parentesi tra il 1538 ed il 1555, quando anche il Bengala venne soggiogato dalla dinastia Suri (della quale accenniamo nel post dedicato ai sovrani Moghul).

Con l’indebolimento della dinastia Tughlaq dopo la devastazione lasciata dall’incursione di Tamerlano, anche a sud-ovest di Delhi si verificò uno scisma, con Muzaffar Shah I che nel 1407 fondò la dinastia Muzaffaride ed il Sultanato del Gujarat, che regnò fino al 1573, prima di essere soppiantato dai Moghul.

A sud invece, l’espansione del Sultanato di Delhi si arrestò nell’altopiano del Deccan, per la resistenza del potente impero indù Vijaynagar, fondato nel 1336, che resisterà fino al 1646 quando verrà sconfitto dai Sultani di Bijapur e Golkonda.
A causa dell’indebolimento della dinastia Tughlaq, dovuto in quel periodo ad una disastrosa campagna contro la Cina che provocò una profonda crisi finanziaria, già nel 1347 venne fondato il Sultanato Bahmanide, indipendente da quello di Delhi.
I Bahmanidi regnarono nel centro dell’India fino al 1527, quando il loro impero venne diviso in 5 stati minori, noti collettivamente come i Sultanati del Deccan, con sedi a Bijapur, Golkonda, Ahmadnagar, Bidar e Berar.

La loro indipendenza durò poco più di un secolo, quando iniziarono i primi scontri con la dinastia Moghul di Delhi che li soggiogò definitivamente con la campagna militare di Aurangzeb nel 1686-87.

giovedì 20 ottobre 2016

Il dono della dea Chandeshwari

Chandeshwari Temple
Il tempio di Chandeshwari a Banepa
Molto tempo fa, un uomo di Banepa (località nella zona sud-orientale della Valle di Kathmandu) una notte stava tornando a casa passando tra i campi, quando incontrò una donna con un bambino in braccio.
Vedendolo questa gli disse “Per favore, potete portare il bambino per me?”.
L’uomo, senza dire una parola, prese il bambino ed iniziò a camminare dietro la donna che si affrettava nel buio della notte.
Dopo quasi un’ora, finalmente la donna si fermò davanti ad una grande casa, si riprese il bambino, disse all’uomo di aspettarla sulla porta ed entrò.
L’uomo non vide nessun altro in casa, ma sentì parecchio rumore, come se ci fossero molte persone radunate per una festa.
Sentì anche lo sbattere di piatti e di stoviglie, e la voce di qualcuno che diceva che era stato servito un piatto di cibo in più e la donna che disse “Lasciate che serva questo piatto all’uomo che ha portato il bambino”.
La donna aprì la porta e diede all’uomo un piatto pieno di carne cruda, tra la quale si distinguevano dita e ossa umane “Portalo a casa e nascondilo per quattro giorni”.
Seppur un po’ preoccupato, l’uomo obbedì, portò l’insolito regalo a casa, dove lo nascose per quattro giorni, e quando il quinto andò a controllare, scoprì che la carne e le ossa si erano trasformate in oro e pietre preziose!

L’uomo capì che la misteriosa signora non era altri che la dea Chandeshwari e pieno di gratitudine usò parte dei soldi ricavati dal suo tesoro per pavimentare la strada principale che ancora oggi porta al tempio di Chandeshwari appena fuori Banepa.