domenica 2 ottobre 2016

L'elefante indiano

Elephant, India, ca. 1920 (IMP-CSCNWW33-OS16-17).jpgL’elefante indiano (elephas maximus indicus) è una delle tre sottospecie rimaste di elefante asiatico, insieme aelephas maximus mximus dello Sri Lanka e l’elephas maximus sumatranus, nativo dell’Isola di Sumatra.
Abita nel sud dell’Asia continentale, in un ampio areale che comprende: India, Nepal, Bangladesh, Bhutan, Birmania, Thailandia, la penisola malesiana, Laos, Cina, Cambogia e Vietnam, mentre in Pakistan si è estinto ormai da decenni.
A causa delle grandi dimensioni e degli spazi che necessita, il pericolo più grande per la conservazione dell’elefante indiano è la riduzione del suo habitat, in particolare praterie, foreste di piante decidue e sempreverdi.
Essendo un animale gregario soffre anche della frammentazione delle popolazioni, per evitare la quale vengono istituiti dei cosiddetti corridoi che permettono alle popolazioni di elefanti di incontrarsi e mischiarsi tra loro, fattore molto utile per garantire anche un’adeguata differenziazione genetica.
Grazie all’ampiezza del suo areale, il numero complessivo degli individui è piuttosto elevato, con circa 30 mila elefanti in India, 4-5 mila in Birmania, 2-3 in Thailandia, numero simile in Malasya, poco meno di un migliaio in Laos, circa 500 in Cambogia, 400 in Bhutan, un paio di centinaia in Bangladesh e in Cina, qualche centinaio in Nepal e Vietnam, superando quindi abbondantemente i 40 mila individui totali.

In India l’elefante è distribuito in quattro grandi aree: nord-ovest, nord-est, centro e sud.
Nel nord-ovest è presente una grande popolazione ai piedi dell’Himalaya, negli stati Uttar Pradesh ed Uttarkhand, soprattutto nei parchi nazionali di Rajaj e Corbett.
Nel nord-est dell’India, si possono trovare in quasi tutti i numerosi parchi nazionali dal confine col Nepal fino a quello con la Birmania.
Al centro, gli elefanti selvatici abitano le forste all’interno dello stato dell’Orissa e del confinante Jarkhand, mentre gli avvistamenti in Chattisgarh pare siano causati di solito da brevi sconfinamenti.
A sud infine, le pur frammentate ma numerose popolazioni di elefanti vivono principalmente in Kerala, Karnataka e Tamil Nadu.
Secondo una statistica del 2005 i primi dieci stati indiani per numero di elefanti sono: Kerala (6.177), Assam (5.281), Karnataka (4.035), Tamil Nadu (3.726), Orissa (1.930), Arunachal Pradesh (1.690), Uttarkhand (1.346), Jarkhand (688), Uttar Pradesh (380) e West Bengala (325).

Fisicamente l’elefante indiano assomiglia al suo cugino africano, dal quale comunque si differenzia per alcuni dettagli abbastanza evidenti.
Le dimensioni intanto sono leggermente inferiori nella specie asiatica, con un’altezza tra i 2 ed i 3 metri  mezzo al massimo ed un peso tra le 2 e le 5 tonnellate.
Le zanne invece sembrano diventare più grandi nell’elefante asiatico che possiede anche una diversa proboscide munita di un unico labbro prensile, rispetto ai due di quello africano; le orecchie sono più piccole, ma la testa in generale è più tozza.

Culturalmente l’elefante è un animale molto rappresentato ed amato, grazie alle sue caratteristiche che lo rendono un essere eccezionale.
Nella religione indù i riferimenti sono numerosi, dal mitico elefante bianco Airavata veicolo del dio Indra, a Ganesha, il figlio del dio Shiva e la dea Parvati, che decapitato per errore dal padre fu riportato in vita ma con una testa di elefante, dalla quale derivano anche alcuni attributi di Ganesha, come l’essere il dio della prosperità.
Ancora oggi molte manifestazioni religiose, soprattutto nel sud del paese, prevedono la presenza di elefanti come segno auspicioso.

Oltre a questo, in India l’elefante è sempre stato simbolo di potere e nobiltà per i regnanti, che amavano essere trasportati sul dorso di grandi pachiderma.
L’imperatore Moghul Akbar (http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/02/limperatore-akbar.html) era famoso per il suo esercito dotato di addirittura 40 mila elefanti, di cui ben 5 mila suoi personali, e per essere stato probabilmente il primo nella storia ad avere avuto la brillante idea di fornire gli elefanti di cannoni, potenziando quindi i pachidermi come arma da guerra e rendendo mobile l’artiglieria pesante.
Secondo alcune tradizione tantriche, spesso seguite da ambiziosi regnanti nella vana ricerca di procurarsi poteri miracolosi, il possedere numerosi elefanti era dovuto anche alla teoria secondo la quale sia possibile estrarre l’amrita (il nettare del’immortalità) attraverso le secrezioni del muso di un elefante imbizzarrito.
Durante i periodi di musth (dal persiano inebriato, ubriaco), gli elefanti tendono infatti a produrre temporina una sostanza liquida prodotta da ghiandole temporali, che contiene vari peptidi come proteine e lipidi, e che anticamente in India era considerata simbolo di potenza e vigore.
Parte di questa credenza deriva anche dall’errata convinzione, fino a tempi recenti, che la condizione di musth degli elefanti adulti maschi fosse legata al periodo dell’accoppiamento, cosa improbabile visto che il ciclo delle femmine non segue le stagioni, mentre il periodo dei musth è solitamente l’inverno.
Oggigiorno perfino il governo indiano, durante le parate del Giorno della Repubblica, il 26 Gennaio, e dell’Indipendenza, il 15 Agosto, si serve di numerosi elefanti che testimoniano l’antica ma ancora forte relazione tra questi maestosi animali ed il potere che simbolicamente rappresentano.

Nella città di Delhi, ancora oggi, vivono circa un migliaio di elefanti, proprio per essere disponibili durante le parate, e seppur siano addomesticati, creano comunque non pochi problemi alla già disastrata condizione del traffico della capitale indiana.
Essendo ovviamente molto pochi i luoghi dove permettere a questi pacifici, ma pur sempre giganteschi animali, di brucare in santa pace, sono costretti a recarsi nelle zone semi-boscose nel presso del fiume Yamuna, che attraversa gran parte della città.
Per ovviare ai prevedibili problemi di traffico, dapprima si pensò di ridurre lo spostamento degli elefanti durante le ore notturne, rendendoli però ancora più pericolosi a causa non solo della differente velocità rispetto ai mezzi a motore, ma anche per la cronica scarsa illuminazione delle strade indiane.

Un interessante articolo di alcuni anni fa del giornale indiano in lingua inglese The Times of India (http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/09/breve-storia-del-times-of-india.html) riportava che una semplice ma astuta soluzione fu quelle di installare dei grandi catarifrangenti circolari sulla fronte, le caviglie e sopra la coda degli elefanti, rendendoli quindi ben più visibili ai guidatori di veicoli a motore. 

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