Mohandas Gandhi (1869-1948), noto anche con il soprannome
onorifico Mahatma, grande anima, è stato un attivista e politico indiano,
considerato all’unanimità il Padre dell’India.
Indubbiamente fu una figura molto originale e carismatica,
ma dopo la tragica morte, si è assistito ad un fenomeno di mitizzazione, che raramente
offre una visione obiettiva dell’operato politico di Gandhi.
In particolare sono due i punti sui quali si potrebbe criticare
e sminuire l’effettiva influenza di Gandhi, primo il credito che gli viene attribuito come
principale artefice dell’indipendenza indiana, che non rispecchia storicamente
il quadro completo della questione, secondo l’insuccesso totale, purtroppo, della
sua lunga battaglia per evitare che il subcontinente indiano venisse diviso su
base religiosa.
Per quanto riguarda l’importanza di Gandhi nella lotta per
l’indipendenza dai britannici, è doveroso sottolineare come la causa maggiore
in realtà fu lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale che indebolì le
superpotenze europee decretando di fatto la fine del colonialismo, non solo in
India ma in tutto il pianeta.
Negli stessi anni in cui l’India ottenne la propria
indipendenza molti altri paesi l’ottennero, senza produrre personaggi altisonanti
come Gandhi, ma semplicemente sfruttando, a ragione a onor del vero, il nuovo
quadro geopolitico mondiale.
Anche politicamente è certo che all’inizio della guerra, il
Partito del Congresso di cui Gandhi fu leader dal 1921 ma non fu l’unico ad
avere voce in capitolo, aveva già ottenuto dagli inglesi la promessa che
avrebbero lasciato il paese in cambio dell’appoggio agli Alleati.
In India infatti vi erano 3 opinioni diffuse a riguardo:
appoggiare i britannici e quindi gli Alleati, appoggiare le potenze dell’Asse
in quanto nemiche degli inglesi ed ottenere l’indipendenza, e la neutralità,
favorita da Gandhi, ma vanificata per gli estesi interessi britannici e
l’effettivo ma sventato attacco giapponese nell’Aprile del 1944 al confine
nord-orientale dell’India.
Il Movimento Quit India, inaugurato da Gandhi con un famoso
discorso l’8 Agosto del 1942, e che viene considerato il caposaldo
dell’indipendenza indiana e della politica gandhiana, ebbe quindi un effetto
più simbolico che reale, senza contare che un’eventuale vittoria dell’Asse nella
guerra avrebbe di nuovo decretato un periodo di occupazione straniera,
probabilmente giapponese, rendendo inutili le battaglie politiche contro gli
inglesi.
L’aver utilizzato la disobbedienza civile piuttosto che la
violenza fu sicuramente una caratteristica positiva, seppur l’esteso utilizzo
dello sciopero della fame, non può essere classificato come non-violento; anche
se contro se stessi si tratta comunque di un atto di violenza.
L’insuccesso nel riuscire a mantenere unito il
subcontinente indiano non si può certo attribuire ad errori o mancanze di
Gandhi stesso, che si impegnò strenuamente verso questa che sarebbe stata
probabilmente la soluzione migliore, come la storia seguente ha potuto
dimostrare.
Intanto si sarebbero evitati gli spargimenti di sangue tra
indù, mussulmani e sikh che caratterizzarono la divisione, nonché si sarebbero
potuti risparmiare, ed investire in maniera più proficua, i capitali che India
e Pakistan fin da allora sprecano per esercito ed armamenti.
Bisogna anche dire che il compito dell’avversario politico
di Gandhi, Ali Jinnah, era decisamente più facile, considerando che per difetti
intrinsechi nella natura umana è più semplice dividere che unire, ma bisogna
considerare la questione come una cocente sconfitta della politica gandhiana.
Oltre a queste comunque leggere critiche, non tanto alle opere
di Gandhi quanto alla loro interpretazione storica, alcuni dei pochi detrattori
gli imputano un’ambigua posizione riguardo alle divisione castale e
l’intoccabilità, da lui avversate, ma in qualche modo anche giustificate in
ambito religioso.
Per questo motivo Gandhi stesso si scontrò politicamente
più volte con Dr. Ambedkar, la cui posizione nella questione era di gran lunga
più decisa (per ulteriori dettagli su questo importante personaggio http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2017/02/breve-cenno-al-dr-ambedkar.html).
Detto questo, non si può però parlare di un personaggio
come Gandhi senza ricordare almeno alcune delle sue influenze positive che
hanno aiutato effettivamente un paese che senza di lui avrebbe seriamente
rischiato di cadere nell’anarchia e nel caos più totale.
Innanzitutto, l’apporto più importante della figura di
Gandhi fu quello di creare una forte identità nazionale indiana, nonostante le
infinite divisioni congenite all’interno della società.
Con un gran numero di etnie, lingue, religioni, caste, è
davvero difficile immaginare come si sia riuscita a formare quest’identità che
rende orgogliose di essere indiani persone tanto diverse.
Indubbiamente un altro grande merito di Gandhi fu anche
quello di utilizzare e promulgare la non-violenza, principio che ha radici
antichissime in India e che grazie a Gandhi ha assunto anche un reale valore
politico.
Seppur, come già accennato, si possa criticare l’uso dello
sciopero della fame, bisogna anche notare che sia sicuramente un mezzo più
accettabile di quanto non siano attentati ed altri atti criminali.
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