martedì 5 luglio 2016

La città di Delhi, I parte

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La Jama Masjid di Old Delhi
Con una popolazione di circa 16,3 milioni di abitanti, Delhi è la seconda città più popolosa dell’India, mentre l’area urbana, con una popolazione stimata di circa 25 milioni, è la terza più grande al mondo.
Questo sovrappopolamento, unito alle ancora limitate risorse finanziarie, è causa di numerosi problemi, su tutti il traffico e l’inquinamento, tanto che Delhi viene considerata, secondo certe stime, la città più inquinata del pianeta.
Per questi motivi, agli occhi dei visitatori stranieri, Delhi rappresenta una semplice tappa forzata per la presenza del grande aeroporto internazionale Indira Gandhi, ma cercano di trascorrervi meno tempo possibile.
In realtà, grazie ad un lungo ed illustre passato, la città avrebbe molto da offrire, con numerosi siti di notevole importanza storico ed artistica.
Purtroppo, oltre ai già citati traffico ed inquinamento, anche le distanze non aiutano a rendere la visita di questi luoghi molto comoda, ma se si ha tempo, qualche soldo da spendere ed un minimo di intraprendenza, trascorrere alcune giornate a scorrazzare nel traffico indiano a bordo di un autorisciò potrebbe rivelarsi una simpatica ed interessante esperienza.
Per evitare un lungo e noioso elenco (e non è detto che ci siamo riusciti), abbiamo diviso l’articolo in tre post: in questa prima parte descriviamo l’area di Old Delhi, dove sono concentrati un buon numero di luoghi di un certo interesse, nelle due parti successive accenneremo invece ai siti sparsi in giro per la città.
Precisamente: il Rajpath, il complesso del Qutab Minar, la Tomba di Humayum ed il Lakshmi Narayan Temple.

Durante i secoli, nell’area attualmente occupata dal Territorio di Delhi, vennero fondate numerose città, di cui l’ultima in ordine di tempo è stata New Delhi, costruita dagli inglesi e dichiarata capitale nel 12 Dicembre 1911.
Della maggior parte delle più antiche non è rimasta che qualche traccia, in particolare le mura di vecchi forti, mentre si sono conservati piuttosto bene la struttura generale e molti monumenti della penultima, fondata nel 1639, chiamata inizialmente Shahjahanabad, dal nome del fondatore, l’imperatore moghul Shahjahan (già noto per aver fatto costruire il famoso Taj Mahal), e successivamente ridenominata in un più pronunciabile Old Delhi.
La forma di quest’area è grossomodo quella di un quarto di cerchio con fulcro il grande Red Fort e delimitata da mura ormai scomparse, che originariamente possedevano ben 14 porte, di cui molte si sono conservate fino ad oggi.
Di fronte all’entrata principale del forte si diparte Chandini Chowk, la cosiddetta via dell’argento, dove, oltre ai tradizionali negozi di gioielleria, si trovano alcuni interessanti luoghi di culto, tra cui la gigantesca Jama Masjid, la Moschea del Venerdì, situata nei paraggi.

Il Red Fort deve il suo nome all’arenaria rossa, materiale utilizzato sia per le mura che per gli edifici principali.
Costruito nel 1648 dal già citato imperatore Shahjahan ed adibito a residenza imperiale fino al 1857, rappresenta uno dei massimi esempi dell’architettura moghul ed è giustamente inserito tra i siti protetti dall’UNESCO.
Tra i vari edifici che compongono il vasto complesso, che ospita anche splendidi giardini in stile moghul, merita una citazione il Diwan-i-Khas, la Sala delle Udienze Private, dove, fino al 1739, era conservato il famoso Trono del Pavone, in oro massiccio, adornato da pietre preziose, quali il noto diamante Koh-i-Noor, che rappresentava uno dei due occhi del pavone.

Uscendo dal forte ed attraversata una grande e trafficatissima strada, inizia Chandini Chowk la “via imperiale”, storicamente gremita di negozi di gioielli per la ricca clientela che si recava alla corte degli imperatori.
Oggigiorno in realtà sembra una delle tante caotiche strade indiane, ma con un po’ d’attenzione è possibile trovare qualche traccia del suo interessante passato.
Ad esempio, proprio all’inizio della via, sull’angolo sinistro, si trova un importante tempio jaina, considerato il più antico di questa religione a Delhi.
Durante la costruzione della città, l’imperatore Shahjahan invitò numerosi mercanti jaina a stabilirsi nell’area e dopo alcuni anni, nel 1656, venne fondato il Sri Digambar Jaina Lal Mandir, nome altisonante ma che indica semplicemente la setta, digambar, ed il colore rosso del tempio, lal, e grazie alla prominenza sugli altri luoghi di culto jaina della città viene chiamato semplicemente Jaina Temple.
Al primo piano della costruzione principale si trova una grande stanza letteralmente scintillante grazie alle numerose decorazioni dorate, specchi, candele, lumini, e dove sono conservate le immagini di alcuni dei 24 tirthankar, profeti jaina.
Nel complesso del tempio è presente un insolito ospedale per uccelli, a testimoniare la nota pietà jaina, ma che purtroppo non sembra visitabile da semplici curiosi.
In generale, grazie alla piacevole e raccolta atmosfera, il tempio ed il suo curato giardino rappresentano una vera e propria oasi, considerando il traffico caotico che regna appena fuori dal suo cancello.

Proseguendo la via, si incontrano in rapida successione un tempio indù, un gurudwara sikh ed una piccola moschea, mentre, all’estremità opposta rispetto al forte, si trova la Fatehpuri Masjid, moschea fatta costruire da una delle mogli dell’imperatore nel 1650.
Ma il luogo più caratteristico di quest’area è la gigantesca Jama Masjid, la moschea del Venerdì, la più grande dell’India.
Costruita principalmente in arenaria, materiale ampiamente usato per la costruzione di tutta Old Delhi, è formata da una grande spiazzo quadrato, delimitato per tre lati da un lungo porticato, mentre, in direzione de La Mecca, si trova il mihrab, sormontato da tre grandi cupole in marmo; altra caratteristica molto evidente sono i due minareti alti circa 40 metri.
Su quello di sinistra è anche possibile accedervi, tramite una stretta scala a chiocciola ricavata al suo interno, e dalla sua cima si gode di una stupenda vista sulla città.
Purtroppo, per motivi i sicurezza legati al terrorismo e talvolta anche legati alla struttura stessa, non sempre è aperta al pubblico; nel caso vale sicuramente la pena arrampicarsi fin lassù.
Il biglietto per l’accesso al minareto, che si acquista comodamente in un baracchino presso l’entrata, ha un prezzo piuttosto contenuto, considerando anche che l’ingresso alla moschea, vietato solo durante i momenti di preghiera, è gratuito e bisogna solo lasciare qualche spicciolo, o poco più, ai signori che si occupano delle scarpe, che chiaramente si lasciano all’esterno.

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