mercoledì 24 agosto 2016

Le Das Mahavidya, I parte

Le Das Mahavidya sono un gruppo di dieci divinità femminili indù che vengono considerate, come dall’etimologia del nome, “Le Dieci (das) Dee della Grande Saggezza (maha grande, vidya saggezza)”.
Sebbene alcune di queste divinità abbiano origini molto antiche, il concetto delle Das Mahavidya è relativamente recente e legato al periodo della nascita e sviluppo della corrente dello shaktismo, culto di divinità femminili, intorno al X-XII secolo.
Di questo periodo sono i primi testi sacri dove viene esaltato l’aspetto divino femminile come origine di ogni esistenza e nei quali vengono descritte le Das Mahavidya come le dieci forme di conoscenza attraverso le quali è possibile ottenere la conoscenza universale.

Oltre a far parte della corrente dello shaktismo, le dee di questo gruppo sono adorate dai praticanti tantrici, la cui filosofia si differenzia dalle correnti ortodosse, come ad esempio la diffusa vedanta, per l’accettazione della vita umana come reale e non solo illusoria.
Questo ha portato il tantrismo a considerare qualunque esperienza come spunto spirituale per espandere la propria conoscenza, a prescindere dall’eventuale purezza od impurità, altro concetto opposto al culto induista tradizionale che stressa particolarmente proprio su questo punto.
Anzi, per il tantra, più spaventosa e sconvolgente è l’esperienza, maggiore è la conoscenza che se ne  può trarre.
Per questo motivo le divinità tantriche hanno spesso un aspetto considerato terrifico: tra le Das Mahavidya ben 6 hanno caratteristiche che, ad un superficiale esame, potrebbero essere definite addirittura infauste.

Secondo la mitologia shakta, sono almeno due le versioni principali sull’origine delle Das Mahavidya, che compaiono in alcuni testi sacri considerati fondamenali per lo shaktismo.
Nello Shakta Maha-Bhagavata Purana, scritto intorno al X secolo, la loro apparizione deriva dal noto episodio riguardante la morte di Sati, la prima moglie di Shiva (per ulteriori dettagli http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/02/sati.html).
Quando Sati chiese a Shiva di partecipare ad un grande rituale che aveva organizzato il padre di lei ma senza invitare la coppia, egli dapprima rifiutò e per convincerlo Sati si trasformò nelle Das Mahavidya che circondarono Shiva da tutti i lati (gli otto punti cardinali più “sopra” e “sotto”), al ché questi, spaventato e sorpreso, diede il suo consenso.
Nel Devi Bhagavata Purana del XII secolo, le Das Mahavidya nascono invece dal corpo di Shakambari, una forma della dea Durga, che le generò durante una cruenta battaglia contro un esercito di demoni.
Prima di iniziare una breve descrizione degli aspetti più rappresentativi di queste dieci dee, lasciamo la lista dei nomi: Kali, Tara, Tripura Sundari (o Shodashi), Bhuvaneshvari, Bhairavi, Chinnamasta, Dhumavati, Baglamukhi, Matangi e Kamala.

Kali è la prima e più importante tra le dieci Das Mahavidya, tanto che è infatti l’unica che possiede un proprio culto anche al di fuori di questo gruppo.
Iconograficamente è rappresentata da una giovane donna seminuda, con la pelle scura, i capelli arruffati, la lingua estesa all’infuori, una gonna di braccia umana, una collana di teste e quattro braccia di cui almeno due reggono un’arma, una spada o un coltello ricurvo, e un teschio, mentre le altre due formano l’abhaya ed il varada mudra (posizioni delle mani che rappresentano il primo il coraggio, il secondo la benedizione della dea).
Date queste caratteristiche, Kali è considerata una divinità terrifica, seppur i suoi devoti apprezzino anche i suoi tratti più benevoli.
L’origine e l’importanza di Kali va ben oltre alla tradizione delle Das Mahavidya, nota ma pur sempre secondaria, ed è venerata da secoli come l’aspetto femminile divino più potente dell’induismo insieme a Durga, con la quale condivide un gran numero di attributi e qualità.
Per una effettiva descrizione dell’aspetto spirituale di Kali, lasciamo una breve citazione di uno dei suoi più grandi devoti, il santo Sri Ramakrishna:
Kali non è altro che Brahman. Ciò che viene chiamato Brahman in realtà è Kali.
Lei è l’energia primordiale: quando questa energia è inattiva, la chiamo Brahman, quando crea, conserva e distrugge, la chiamo Shakti o Kali.
Brahman e Kali non sono diversi, sono come il fuoco ed il potere di bruciare: quando si pensa al fuoco, si pensa anche alla sua capacità di bruciare.
Se si riconosce Kali, bisogna anche riconoscere Brahman, in quanto Brahman ed il suo potere sono la stessa cosa e quello che io chiamo Shakti o Kali è il Brahman.

La dea Tara ha origini buddiste e venne presumibilmente introdotta nell’induismo attraverso i numerosi e prolifici contatti tra la filosofia tantrica buddista del Tibet e quella tantrica induista dell’India del nord, in particolare dell’area del Bengala.
Iconograficamente assomiglia molto a Kali, dalla quale si differenzia per alcuni piccoli dettagli: Kali ha quasi sempre la lingua protesa all’infuori, Tara veste sempre una pelle di animale (tigre o leopardo) e spesso tiene tra le mani delle forbici, con le quali recide i nostri attaccamenti alla vita fisica, rappresentati nell’induismo dai tre guna, i tre componenti di ogni materia, rajas, attività, sattva, purezza, tamas, oscurità.
L’etimologia del nome significa Colei che permette di attraversare il fiume dell’esistenza, dalla radice sanscrita tar, da cui il verbo hindi tarna, attraversare ed il suo causativo, tarana, far attraversare.

Radice verbale dalla quale deriva anche il termine hindi terna, nuotare, e come per attraversare un fiume a nuoto bisogna spogliarsi dei vestiti, allo stesso modo per attraversare il fiume dell’esistenza e giungere sulle sponde divine bisogna spogliarsi dei tre guna.

Nessun commento:

Posta un commento