martedì 9 agosto 2016

Luoghi sacri buddisti, VI parte: Rajgir

Rajgir è una cittadina di circa 42 mila abitanti situata nella zona centro-meridionale dello stato indiano del Bihar.
Nonostante le attuali condizioni piuttosto arretrate, l’importanza di Rajgir come centro di pellegrinaggio buddista è notevole poiché qui il Buddha trascorse ben 12 anni e vi compì il noto miracolo dell’ammansimento dell’elefante impazzito attraverso la gentilezza.

Capitale dell’antico impero Magadh fino al V secolo a.C., quando la dinastia Shishunaga si spostò a Pataliputra (l’attuale Patna, capitale del Bihar), Rajgir mantenne una forte importanza religiosa per essere legata non solo al buddismo ma anche all’induismo ed al jainismo.
Secondo la mitologia indù, nell’area presso l’attuale Rajgir avvennero degli importanti episodi descritti nel poema epico Mahabharata, mentre per i jaina è nota per essere stata una delle località preferite dal fondatore della religione, Mahavira, che era solito trascorrervi i quattro lunghi mesi della stagione delle piogge; a questo bisogna aggiungere che Rajgir viene considerata il luogo di nascita del XII tirthankara (profeta) jaina Munisuvrata.
Il suo nome viene quindi citato in numerosi testi buddisti e jainisti, ma le poche notizie affidabili da un punto di vista storico-geografico provengono in realtà dai resoconti dei noti pellegrini cinesi Faxian e Xuanzang, che visitarono l’India rispettivamente nel V e nel VII secolo.
A causa del declino di queste due religioni soppiantate dall’induismo intorno all’VIII-IX secolo e successivamente dalle invasioni e domini mussulmani, Rajgir cadde nell’oblio, inghiottita dall’arretratezza della vasta e desolata campagna della pianura gangetica.

Nonostante questo, oggigiorno Rajgir ospita alcuni siti di notevole interesse ed è alquanto apprezzata turisticamente dalle persone benestanti dei dintorni, grazie ad un clima leggermente meno afoso, dovuto alle verdeggianti colline circostanti.
Tra le maggiori attrazioni vi sono: le terme, il cosiddetto Vulture’s Peak, le Grotte di Saptparni, le grotte di Sonbhadar e lo Shanti Stupa.

Le terme di Rajgir sono composte da alcune vasche d’acqua calda, ospitate in un complesso di edifici rosa chiamato Brahmakund, situato piacevolmente in mezzo agli alberi.
Purtroppo il continuo flusso di pellegrini ed abitanti locali rende il luogo piuttosto affollato e non sempre pulitissimo.

Vulture’s Peak è il nome dato ad una terrazza in pietra che ospita al centro le fondamenta di un’antica costruzione dello stesso materiale, dove il Buddha era solito meditare e spesso promulgare sermoni; in particolare qui il Buddha recitò l’importante Atanatiya Sutta
Sulla stessa collina si trovano le grotte di Saptparni, dove venne tenuto il Primo Concilio Buddista, dopo che il Buddha lasciò le sue spoglie mortali.
Attraverso delle lunghe fessure situate ai lati di un ampio sentiero, si può accedere ad un paio di grandi anfratti, dove comunque non sono conservate testimonianze artistiche del passato.

Le grotte di Sonbhandar sono ospitate in un semplice ma curato giardino, alla base di una collina, il cui sentiero centrale porta ad una parete di roccia dove si trova l’accesso di due caverne, le cui pareti sono adornate da alcuni dipinti e sculture jainiste, piuttosto ben conservate, tenendo presente che risalgono al III-IV secolo d.C..
Seppur non sia ben chiaro se ci sia un legame storico-artistico con le grotte di Satparni o altre caverne simili di religione buddista, le grotte di Sonbhandar sono state utilizzate da monaci jaina fino ai tempi della visita del viaggiatore cinese Xuanzang, intorno alla prima metà del VII secolo, il quale descrisse che erano abitate da monaci della setta jainista digambar (vestiti di cielo, cioè nudi), per praticare meditazione.
Prima di perdere ogni interesse religioso, pare che alcuni secoli dopo furono occupate da asceti indù e quindi convertite un’ultima volta.

L’escursione allo Shanti Stupa di Rajgir è particolarmente interessante per almeno due buoni motivi, seppur nessuno dei due religioso o artistico, e neppure storico, visto che la storia che li riguarda è piuttosto moderna.
Lo Shanti Stupa infatti venne costruito nel non lontano 1969 da parte di Nichidatsu Fujii, un monaco buddista giapponese, fondatore dell’ordine Nipponzan-Myohoji, il quale, per promulgare la non-violenza, ispiratagli da un incontro personale con Gandhi nel 1931, dal 1947 iniziò a costruire degli stupa della pace (da cui il nome originale dal sanscrito shanti, appunto pace) in giro per il mondo.
Anche l’Italia può vantare la presenza di uno di questi stupa, inaugurato nel 1998, su di una collina appena fuori l’abitato del comune siciliano di Comiso.
Seppur lo stile possa anche variare, la maggior parte degli Shanti Stupa hanno la classica forma semi-sferica circolare, sono colorati di bianco e si trovano in posizione panoramica in cima a colline.
Artisticamente, anche a causa della semplice struttura tipica, questi stupa non hanno molto da offrire, a parte le statue che sono ospitate nelle nicchie posizionate presso i quattro punti cardinali, e spesso tendono ad assomigliarsi.
Come già accennato, gli Shanti Stupa comunque si trovano di solito in ambienti tranquilli con una pacifica atmosfera, molto lontano, ad esempio, dal caos delle strade delle città indiane.
In più, lo stupa della pace di Rajgir, può essere raggiunto con una semplice ma funzionale, nonché economica e panoramica, seggiovia, rendendo la salita particolarmente comoda.

Anche perché, una delle caratteristiche più piacevolmente esotiche di Rajgir è l’abbondare di colorati tonga, dei carretti trainati da cavalli, tipici delle campagne indiane, che trasportano i visitatori nei più interessanti luoghi turistici della zona.

Di certo si tratta di mezzi di trasporto meno inquinanti di qualunque veicolo a motore (soprattutto quelli indiani solitamente disastrati), e le condizioni generali degli animali sono discrete, ma sono decisamente scomodi ed i pochi chilometri che separano il centro di Rajgir con la base della collina che ospita lo Shanti Stupa, possono sembrare infiniti.

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