giovedì 11 agosto 2016

Luoghi sacri buddisti, VII parte: Sankassa

Tibetan - Buddha Shakyamuni with "Jataka" Tales - Walters 35140.jpgSankassa, identificata oggi con un omonimo ed anonimo paesino sperduto nella vasta campagna gangetica centro-settentrionale, fu un’antica città indiana, che raggiunse il suo massimo splendore intorno al VI-V secolo a.C., durante la vita del Buddha.
In origine comunque Sankassa fu induista, come suffragato anche da alcune citazioni nel poema epico Ramayana, dove viene descritta la sconfitta di un malefico re di Sankasya (uno degli antichi nomi simili con i quali era conosciuta la città) da parte di Janaka, padre di Sita e re del vicino Regno di Mithila.

Secondo fonti buddiste qui il Buddha ritornò sulla terra dopo essere andato nel Tavatimsa (un dei paradisi buddisti) per predicare a sua madre Maya Devi l’Abhidhamma Pitaka, una serie di insegnamenti che diverranno la terza ed ultima parte del Canone Pali, le scritture sulle quali si basa il buddismo theravada.
Dopo la morte del Buddha, Sankassa iniziò uno sviluppo legato alla diffusione dei suoi insegnamenti, tanto da prendere parte ad alcuni avvenimenti concernenti la cosiddetta Controversia di Vajjiputta, nome dato al Secondo Concilio Buddista.
Ma soprattutto, un paio di secoli più tardi, il grande imperatore Ashoka (http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/02/limperatore-ashoka.html) decise di promuovere la città come luogo di pellegrinaggio, costruendo templi e monasteri ed installandovi una delle sue famose colonne.
Purtroppo, a causa degli avvenimenti storici successivi, in particolare il declino del buddismo a favore dell’induismo, Sankassa ha lentamente perso ogni importanza e ad oggi si trova in un’area decisamente depressa.

Oltre alla poco felice posizione geografica, bisogna anche notare che sono pochissimi i resti delle antiche vestigia della città ed i visitatori sia pellegrini che turisti sono estremamente rari.
Tra i luoghi di un minimo interesse si possono segnalare solo un paio di siti: all’ombra di un grande albero appena fuori il villaggio, si trova una semplice struttura di pietra, simile ad un baldacchino, che protegge il capitello della colonna di Ashoka (ormai sparita), sulla quale è scolpito un elefante, posizionato sopra ad un fiore di loto rovesciato.
Seppur il muso dell’animale sia gravemente danneggiato, la scultura è piuttosto gradevole e di una certa importanza storico-artistica, tenendo presente l’antichità del reperto, che risale a circa il III secolo a.C..

Non molto lontano si può notare una bassa e brulla collina sulla cima della quale sono collocate due piccoli santuari ed i resti in mattoni di un antico tempio costruito esattamente nel luogo dove il Buddha poggiò il primo piede tornando dal paradiso Tavatisma.
Già i primi pellegrini cinesi, Faxian e Xuanzang, che visitarono il luogo nel IV e VII secolo, trovarono il luogo pressoché disabitato ed il santuario gravemente danneggiato.

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