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Il lodge di Mangengoth |
Considerando
però la fatica accumulata dalle due precedenti ed impegnative tappe, nonché la
rarefazione dell’aria, conviene fare una sosta al passo Mangengoth (3.420 metri
di altezza), situato a circa metà strada, e dove sono presenti alcuni
gradevoli lodge.
Lasciato
il paesino di Kutumsang ed abbandonando la strada sterrata, il sentiero sale
impietoso tra foreste di rododendri e conifere, senza incontrare alcun
insediamento umano di nota.
Ma
proprio poco prima di perdere ogni speranza, dopo circa 4/5 ore di cammino, in cima ad una ripida erta franosa,
si giunge all’Hotel Green View and Lodge di Mangengoth, situato all’imboccatura
di una gradevole valletta verdeggiante, superata la quale si apre una grande
radura tra il bosco, che ospita altri due semplici ma comodi lodge.
Sostanzialmente
il primo viene frequentato da chi proviene da Sundarjal, mentre gli altri due
accolgono prevalentemente escursionisti che scendono, in direzione opposta, dal
trekking del Langtang.
Entrati
ormai definitivamente in territorio sherpa, l’Hotel Green View and Lodge è
attualmente gestito da un gentile ragazzo di 17 anni, insieme all’anziana
nonna, ed oltre a piccole ma curate stanze, ospita una coloratissima sala da
pranzo, riccamente adornata da decorazioni buddiste e vari oggetti religiosi.
Dopo
una notte ristoratrice a Mangengoth, si procede quindi verso Therapati, con uno
sbalzo altimetrico di circa 250 metri, dai 3.420 ai 3.690.
Purtroppo
però il sentiero taglia attraverso le colline salendo e scendendo
continuamente, tra rigogliosi boschi, ma anche piccole e desolate pietraie.
A
circa un’ora da Tharepati, che già si intravvede in lontananza, è presente una
grande frana, che ha spazzato via alcune decine di metri di sentiero, che ora è
ridotto ad una sottile striscia irregolare, molto friabile, fiancheggiato da
una profonda scarpata.
L’essere
ormai arrivati nei pressi della meta si rivela comunque un ottimo sprono per
compiere l’ultimo sforzo fisico e di concentrazione, per poi coprire l’ultima
tratta che prosegue in leggera discesa attraverso il bosco.
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Il lodge di Tharepati, sotto un'acquazzone ma con la vista delle montagne in lontananza |
Il
passo di Tharepati si trova nel punto in cui il trekking dell’Helambu incontra
la deviazione che collega questo percorso con quello del Langtang passando
attraverso i laghi sacri di Gosainkund, e da molto tempo ospita quindi rifugi
per gli escursionisti.
Purtroppo
il terremoto del 2015 ha distrutto le 4-5 costruzioni sparse lungo il crinale,
risparmiandone solo una, adagiata su un prato scendendo di alcuni metri sotto
il livello del sentiero; oltre ad aver subito meno gli effetti delle scosse,
questa posizione offre anche un miglior riparo dai gelidi venti, seppur
l’esposizione al sole sia minore e la vista sulle montagne molto ridotta.
Nei
pressi del bivio verso il Langtang, si trova invece un lodge dove il terremoto
ha distrutto la costruzione che ospitava le stanze per gli escursionisti, ma ha
risparmiato l’edificio dove si trovano le stanze dei gestori, la cucina e la
sala da pranzo.
Grazie
a questo è già stata ricostruita una piccola casetta di legno e pietra con
quattro comode stanzette ed un piccolo bagno.
Nonostante
ci si trovi nel punto più remoto del trekking, presso il Sumchho Top Lodge
anche il cibo è sorprendente buono, come del resto lungo tutto il percorso.
Il
piatto tipico nepalese è il dal-bhat, lenticchie e riso, abbreviazione di
dal-bhat-tarkari, con tarkari che significa verdure, nel caso specifico delle
montagne, patate speziate con qualche verdura a foglia.
Seppur
alla lunga possa risultare monotono, l’abbondanza con la quale vengono serviti
e rabboccati garantisce comunque una sicura sazietà.
Come
alternativa, seppur alcuni lodge propongano improbabili menù, ci si può
rifugiare in un piatto di noodles, sia saltati in padella con le verdure, sia
in zuppa, ma per dare una decisa sterzata all’apporto proteico ci si può
affidare anche a reperibilissime, fresche e comode uova, sode, fritte o sotto
forma di omelette.
Una
sezione dei menù piuttosto utile è quella riservata alle patate, l’unico
ortaggio coltivabile in queste condizioni climatiche: bollite, fritte, saltate,
con o senza uova, le porzioni sono sempre molto abbondanti e soddisfacenti.
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