lunedì 18 aprile 2016

Le quote riservate alle classi svantaggiate

The times of india.svgI motivi delle contorte e talvolta orribili condizioni in cui versa la società indiana sono numerosi e molto complessi, ma a loro volta essi sono causati da un unico madornale errore, cioè il fatto che essa sia basata sull’aberrante principio che gli uomini, per nascita, non sono tutti uguali e quindi non godono tutti degli stessi diritti e privilegi.
Questo principio, sorto da un’errata ed opportunistica interpretazione sacerdotale di antichi testi sacri, trova la sua “legittimazione” nella nota divisione in caste della società indiana. Specifichiamo indiana e non indù poiché il fenomeno, seppur d’origine induista, comprende anche l’islam, il buddismo, il jainismo, il sikhismo ed il cristianesimo.
Nonostante il sistema delle caste sia stato legalmente bandito da molti anni, ben poco è cambiato nella mente delle persone e quindi sono ancora scarsissimi i risultati ottenuti.
La questione oltretutto è così radicata e complessa che talvolta perfino gli sforzi fatti verso l’eliminazione di tali pregiudizi, raggiungono invece risultati opposti.
Come esempio basta citare la spinosissima questione che riguarda le quote riservate alle cosiddette Scheduled Castes (i “fuori casta”) e le Tribal Comunity (le comunità tribali), appartenenti all’ultimo gradino della scala gerarchica indiana.
Per favorire il loro ingresso nella società, da tempo sono state promulgate leggi grazie alle quali a queste categorie di persone vengono riservate delle quote nelle scuole, nelle università e nei posti di lavoro statali.
In ambito accademico questo crea però l’evidente discriminazione contraria, in quanto i già pochi posti disponibili vengono divisi “equamente” in due. Ma se le richieste da parte delle caste minori sono poche centinaia, quelle generali raggiungono le decine di migliaia, creando due competizioni decisamente inique.
A questo va aggiunto anche l’ingenuo ma imperdonabile errore di concedere a “fuori casta” e “tribali” di passare gli esami con votazioni minori: ad esempio un test che richiede un minimo del 70% di risposte corrette, a loro viene concesso di passarlo con circa il 50%.
Non è quindi un pregiudizio supporre la maggior preparazione da parte dei laureati provenienti dalla classe generale, vista l’altissima selezione, rispetto ai laureati delle classi riservate, dove la competizione è decisamente minore.
Come risultato è noto che, ad esempio, nessuno studente appartenente alle classi riservate deciderà mai di studiare medicina, in quanto pochi pazienti si affiderebbero di mettere la propria salute nelle mani di un dottore dal dubbio curriculum accademico.
La situazione è tale che le classi riservate stesse stanno iniziando a chiedere l’abolizione delle quote.
Un’alternativa, che per fortuna sta trovando sempre maggior appoggio politico, è quella che prevede una differenziazione non tanto “castale” quanto economica, per dare la possibilità di studiare anche a coloro che non possono permetterselo, ma poi l’avanzamento deve dipendere solo dai meriti.
A riguardo bisogna notare una legge che obbliga tutti gli istituti scolastici, compresi quelli privati, ad ammettere gratuitamente studenti poveri in una quota del 25% del totale degli iscritti.

Per quanto riguarda i posti di lavoro statali, proponiamo un articolo del The Times of India intitolato “Reservation in promotion has failed to achive its objective” (Le quote riservate nelle promozioni hanno fallito nel raggiungere l’obiettivo).
Secondo i dati riportati risulta infatti che, nonostante vengano riservate percentuali di circa il 15% (11% per i “fuoricasta” e 4% per i “tribali), i posti occupati sono pochissimi, in alcuni casi tendenti allo zero.
Ma cosa ha portato a tale situazione? Si chiede il giornalista Pankaj Shah.
La teoria prominente suggerisce che le persone provenienti da quelle categorie non possono qualificarsi a causa della loro scarsa istruzione.
«Il grado di discriminazione verso queste persone, nell’arco degli anni, ha pesantemente intaccato la loro posizione sociale. Come risultato, la loro posizione socio-economica è crollata sul fondo.
Questo è provato dal fatto che durante il recrutamento non riescono a raggiungere i minimi consentiti per qualificarsi» afferma Ajit Kumar Singh, direttore del Giri Insitute of Social Science.
«Ancora piu evidente è il fenomeno che riguarda i migliori posti di lavoro dove il livello e la qualità dell’istruzione sono molto importanti».
Seppur Mr. Singh affermi che il sistema delle quote per l’ammissione deve rimanere, egli però si oppone decisamente alle quote sulle promozioni che, a suo sensato avviso, non possono essere amministrate al di fuori degli effettivi meriti.
La soluzione che propone è in realtà nota da tempo: migliorare le condizioni sociali e l’istruzione di queste persone.
Le quali infatti affermano che la causa di tale situazione è una “cospirazione”, da parte delle caste più alte, che fanno di tutto per lasciarli fuori dai posti più ambiti, in quanto non riescono a tollerare l’idea che le caste basse vengano elevate.
K.B. Ram, presidente di un’importante associazione a favore delle quote riservate, porta ad esempio la statistica del 1990 dove su 226 posti riservati, vi furono 172 candidati e ben 157 furono selezionati (cifre impensabili al giorno d’oggi con candidati che, come abbiamo detto, si avvicinano allo zero).
Un altro punto evidenziato da Mr. Ram è che essendo le caste inferiori poco rappresentate durante il processo di reclutamento, a causa appunto del fatto che fanno fatica a raggiungere i posti più elevati, le quote riservate per le promozioni diventano ancora più importanti, altrimenti tutti i posti alti sarebbero occupati dalle caste superiori.
Il gruppo che sostiene invece la tesi contro le quote riservate cita però casi in cui persone appartenenti a caste superiori con 10-12 anni di servizio, lavorano sotto gli ordini di appartenenti a caste inferiori con minor esperienza; fenomeno che, in effetti, a prescindere dalle gerarchie castali, non può essere giustificato in alcun modo.

Perfino la Corte Suprema, che recentemente ha istruito l’Alta Corte ad annullare le quote riservate nelle promozioni, l’ha chiamato un caso di “discriminazione inversa”.

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