Di seguito riportiamo due articoli
sulla sanità indiana apparsi alcuni anni fa sul The Times of India.
Il primo era intitolato “It’s a
privatized system anyway” (Ad ogni modo è un sistema privatizzato).
L’India ha, effettivamente, uno dei
sistemi sanitari più privatizzati del mondo.
I dati della Banca Mondiale per il
2010, gli ultimi disponibili, mostrano che la percentuale della spesa pubblica
riservata alla sanità in India era solo il 29,2% del totale, confronto ad una
media mondiale di 62,8%.
Gli unici paesi per i quali erano
disponibili i dati con una minor percentuale erano: Guinea Bissau, Guinea,
Sierra Leone, Afghanistan, Myanmar, Azerbaijan, Haiti, Costa d’Avorio, Uganda,
Georgia, Yemen, Chad e Tajikistan.
Non solo questa percentuale della
spesa pubblica per la sanità in India è considerevolmente minore della media
globale, ma non arriva neppur a sfiorare le media per i paesi dal reddito basso
che è di 38,8%; perfino l’Africa sub-sahariana sta facendo meglio con il 45,3%.
A questo va aggiunto il cupo dato di
quanto PIL viene riservato alla spese sanitarie in India: nel 2010 la media
mondiale era di 10,4%; nei paesi più ricchi era del 12,9%; nei paesi dal
reddito medio, di cui fa parte l’India, la media è di 5,7% e perfino nei paesi
dal reddito basso era registrata al 5,3; in confronto a questi dati l’India
spendeva un misero 4,1%.
Mettendoli insieme, questi due dati ci
dicono che la spesa pubblica indiana per la sanità era equivalente a solo
l’1,2%, contro una media mondiale del 6,5%, dell’8,4% per i paesi ricchi, il
3,0% dei paesi dal reddito medio e 2,1% dei paesi dal reddito basso.
Una volta di più l’Africa
sub-sahariana, con una spesa pubblica sulla salute del 2,9%, fa meglio
dell’India.
In breve, non solo l’India spende meno
per la salute della maggior parte degli altri paesi, compresi quelli che sono
significativamente più poveri, perfino quel poco che viene speso proviene
soprattutto da fonti private.
Date queste circostanze, non sorprende
che alcuni studi hanno dimostrato che le spese per la salute, insieme a quelle
per i rituali, in particolare quelli funebri e i matrimoni, sono tra le ragioni
maggiori del diffuso indebitamento delle famiglie indiane.
Altro interessante articolo riguardava
invece gli ultimi dati sulla carenza di dottori e infermieri, intitolato “India
has 76% shortfall in govt doctors” (L’India ha una carenza del 76% in dottori
statali).
Una piccola tabella riportava il
target minimo, l’attuale situazione e la percentuale di deficenza:
Dottori richiesti 109.484, numero
attuale 26.329, carenza del 76%.
Dottori specialisti richiesti 58.352,
numero attuale 6.935, carenza dell’88%.
Infermieri richiesti 138.623, numero
attuale 65.344, carenza 53%.
Radiografi richiesti 14.588, numero
attuale 2.221, carenza 85%.
Tecnici di laboratorio richiesti
80.308, numero attuale 16.208, carenza 80%.
I motivi di una tal drammatica
situazione vanno fatti risalire in gran parte alle condizioni lavorative, a dir
poco precarie, presenti negli ospedali e nei vari centri sanitari pubblici.
Ma causa non da poco è anche il
diffuso menefreghismo, tipicamente indiano, verso poveri, bisognosi e malati.
In un paese dove la povertà e la disoccupazione
sono problemi che portano alla fame, sorprende scoprire l’elevato numero di
impieghi lasciati scoperti, come anche l’enorme sproporzione tra i numerosi
iscritti ad università ingegneristiche, confronto alla scarsità di studenti
iscritti a corsi di medicina.
Non solo, ma la maggior parti dei
neodottori, appena in posesso delle preziose riconoscenze accademiche, non perdono
tempo per lasciare l’India, dove le condizioni del lavoro sono difficili, le
carriere lente e le paghe “magre”, per emigrare verso paesi stranieri: dagli
Stati Uniti, all’Inghilterra, dall’Arabia, alla Malesia, ovunque basta non
lavorare in India.
Per frenare questa fuga di
dottoruncoli, si è mosso addirittura il solitamente macchinoso Governo Indiano che
ha dovuto recentemente erogare delle Leggi che obbligano i neodottori a
spendere almeno 3 anni di tirocinio sul suolo natio.
Questi dati agghiaccianti purtroppo
non riguardano solo la sanità ma anche l’istruzione, con un’elevatissima
carenza di insegnanti a tutti i livelli, ma per riportare dati precisi
aspettiamo di leggere, in futuro, qualche interessante articolo sul fidato The
Times of India.
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