Un tipico set completo della cucina newari |
Tra le numerose etnie del
Nepal sono essenzialmente due quelle che possiedono una tradizione culinaria abbastanza caratteristica da renderle distinguibili dalla comune cucina
nepalese e sono i newari ed i thakali.
Sia nella Valle di Kathmandu
che a Pokhara, i purtroppo non numerosi ristoranti che vantano una buona cucina
tradizionale locale appartengono a queste etnie e propongono vari piatti
piuttosto insoliti.
Alcuni di questi ristoranti
tradizionali sono in realtà delle mezze “trappole” turistiche, dedicate ai
gruppi organizzati, ai quali vengono proposti canti e balli, grandi buffet
piuttosto dozzinali e non molto originali, il tutto a prezzi neanche economici.
Un numero molto esiguo di
ristoranti etnici cerca invece di proporre davvero del cibo più ricercato, ma godono
di poco successo per questioni non tanto di qualità ma puramente di mercato,
nel senso che ai turisti occidentali, seppur desiderosi di fare nuove
esperienze culinarie, bastano ampiamente i tre piatti che abbiamo visionato in
un precedente post, dal-bhat-tarkari, chowmein e momo (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2016/02/cibo-nepalese-dal-bhat-chowmein-e-momo.html),
per avere un tocco di cucina nepalese e quelli li possono assaggiare in
qualunque ristorante.
I clienti nepalesi invece sono
già meno numerosi per questioni economiche ed anche quelli che se lo possono permettere
sono poco propensi a frequentare questi locali etnici, per loro forse scontati,
ma preferiscono i più rinomati ristoranti turistici per mangiare pizza e
spaghetti.
Che è un peccato, perché col
tempo queste ricche tradizioni culinarie rischiano di scomparire.
La cucina newari, ad esempio,
è storicamente piuttosto varia (volendo le vengono attribuiti anche i momo),
grazie al fatto che l’etnia abita da secoli la fertile Valle di Kathmandu, dove
si può dedicare con successo alla coltivazione di verdure più diversificate di
quanto non avvenga nelle colline.
E grazie a condizioni
economiche leggermente migliori della media del paese, la cucina newari prevede
un disinvolto uso di carne, principalmente di bufalo e capra.
Nella zona turistica del
lungolago di Pokhara, da molti anni è presente un piccolo ristorante newari,
ben curato, che cucina alcuni piatti insoliti, ma a causa di vari motivi,
risulta essere quasi sempre deserto, eccetto in parte i week-end ed i giorni di
festa, quando compaiono alcuni gruppi di ragazzi o qualche coppietta nepalese
benestante.
A parte il fatto che i piatti
sono piuttosto costosi (anche secondo il già alto standard turistico della
zona), le porzioni esigue ed i tempi di attesa biblici, il cibo è piuttosto
buono, soprattutto i set completi di riso e verdure, dove si possono assaggiare
pietanze un po’ diverse, quali ad esempio il musya, semi di soia
abbrustoliti e speziati, o il wauncha, un saporito curry di verdure a
foglia.
Personalmente lo frequentiamo
talvolta per un piatto tipico newari piuttosto famoso ma che raramente compare
nei menù dei ristoranti, il chatamari.
Si tratta di una sottile e
croccante crèpe di riso circolare, sopra la quale vengono servite delle verdure
tagliate in piccoli cubetti (o anche carne tritata per i non-vegetariani),
tenuti insieme da formaggio fuso.
Niente di speciale, ma un gusto
un po’ diverso e con una birra fresca è un ottimo aperitivo.
Tra i piatti di carne tipici
newari, durante una ricerca su Wikipedia di alcuni dettagli precisi per questo
post, abbiamo scoperto alcune pietanze che sembrano essere delle assolute e
ricercate prelibatezze, come il sapu micha e lo swan puka.
Purtroppo sono piatti molto rari,
riservati a particolari festività ed eventi, e difficilmente compaiono nei menù
dei ristoranti, anche specializzati: in tutta la Valle di Kathmandu pare siano
2 o 3 i locali dove vengono cucinati.
Il sapu micha, letteralmente
borsetta di trippa, è un involtino di trippa centopelli, ripieno di midollo
tagliato in piccoli cubetti e speziato, chiuso con ago e filo, quindi bollito e
fritto.
Una volta pronto, si afferra
dalla parte della cucitura, si introduce in bocca il fagottino e si tira via il
filo per liberare gli ingredienti al suo interno.
Lo swan puka consiste invece
in polmoni di capra, farciti di spezie, quindi bolliti, affettati e saltati in
padella: non possiamo scommettere sul sapore, ma l’originalità è certa.
Infine, l’etnia newari è nota
anche per una certa propensione nel consumo dell’alcool (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2016/05/bevande-alcoliche-nepalesi.html),
soprattutto durante le numerose festività, quando, a quanto pare, scorre a
fiumi.
Accanto ai moderni prodotti
occidentali quali birra e whisky, è ancora piuttosto diffuso il consumo di
bevande tradizionali, quali il thwon, una birra di riso e l’ayla,
un potente distillato ricavato da riso, grano o miglio, molto simile alla
grappa.
L’etnia thakali abita
principalmente le colline e la parte più bassa delle montagne, ed è famosa per
le abilità mercantili, sviluppate nei secoli grazie alla posizione su antiche
vie del sale.
Al giorno d’oggi i thakali
sono noti per essere ottimi gestori di strutture turistiche e quindi di
ristoranti dove servono la propria cucina, che si inserisce per storia,
posizione geografica ed ingredienti, tra quella montana himalayana e quella
delle pianure, distinguendosi leggermente dalla più comune e modesta cucina pahari,
collinare.
Sempre sul lungolago di
Pokhara è stato recentemente aperto un ristorante thakali, piuttosto costoso ma
abbastanza frequentato da clientela nepalese, in particolare a pranzo per ricchi
e gustosi thali (set completi) di dal-bhat-tarkari (brodo di lenticchie, riso e
verdure).
Lì la nostra personale visita-esperimento
era stata stimolata dalla ricerca di uno snack tipico thakali, che come il
chatamari newari, si sposa perfettamente con la birra per un aperitivo
vagamente esotico.
Il kanchimba è uno
snack costituito da piccoli cilindri di pasta di farina di miglio fritti in olio
o burro chiarificato, serviti lisci come salatini.
Sempre tra gli snack originali
thakali, semplice ma saporito è il bhadmaas, una specie di insalata di
semi di soya abbrustoliti e speziati, mischiati a cubetti di cetriolo,
pomodoro, cipolla e peperoncino.
Le aloo sadeko sono
invece un’insalata di patate bollite e speziate, sempre un ottimo snack freddo,
per i caldi giorni estivi, sperando che il cuoco non decida di triturarvi
troppo peperoncino.
Ma i piatti forti di questo
ristorante sono sicuramente i mini-set ed i thali che vengono proposti sia
nella versione più comune accompagnati dal riso, ma anche dagli insoliti e
caratteristici kghen e dhindo.
I kghen sono delle soffici
focaccette rotonde a base di farina di miglio, mentre il dhindo consiste in una
specie di pudding o polenta, a base di acqua, farina di miglio o di grano e
burro chiarificato.
In particolare i kghen si
sposano molto bene con piatti asciutti, quali ad esempio le verdure fini,
patate e cipolle, o simi, patate e fagiolini, mentre il dhindo è ottimo
per accompagnare piatti più sugosi, o anche il dal (brodo di lenticchie), che
in questo ristorante viene proposto in 3-4 varianti piuttosto saporite.
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