Venditori di paan a Calcutta nel 1945-46 |
In realtà entrambi questi fattori sono
comuni anche ad altri paesi in via di sviluppo, ma in India i due fenomeni,
forse anche a causa della cronica povertà, sono particolarmente estesi.
In questo periodo di crisi finanziaria, in
cui anche i paesi “ricchi” sono alla ricerca di soluzioni che aumentino
qualsiasi forma di risparmio, forse sarebbe il caso di dare un’occhiata al
sistema indiano fondato essenzialmente sul ridurre al minimo gli scarti.
Tra i prodotti che vengono venduti sfusi,
che dovrebbero essere tali in qualunque paese, vi sono ad esempio le sigarette
e le medicine.
Poter comprare le sigarette a numero
invece che a pacchetto, è inutile dire sia sicuramente un sistema più
intelligente per ridurne il consumo di quanto non lo sia scrivere sopra ai
pacchetti che fanno male alla salute.
Le medicine, che seppur abbiano funzioni
opposte alle sigarette hanno in comune l’elevato prezzo, in India vengono
vendute in base alla ricetta del medico, non a scatole: se il dottore prescrive
di prendere una pastiglia due volte al giorno per 3 giorni, basta comprare 6
pastiglie, non tutta la scatola
Probabilmente l’oggetto più prezioso di
un farmacista indiano, senza il quale sarebbe costretto a chiudere il negozio,
sono infatti le forbici, con cui tagliare ordinatamente le confezioni e vendere
pillole e pastiglie a numero.
Inutile notare il risparmio economico,
la diminuzione degli scarti e del consumo.
Senza contare che le medicine,
curiosamente di nuovo in maniera simile alle sigarette, meno se ne prendono e
meglio è.
Questo cambiamento in Italia (e per
esteso nei paesi sviluppati) non succederà, o almeno non a breve, per il noto e
semplice motivo che nel mercato globale sono le lobby a decidere la politica e
quelle farmaceutiche e del tabacco sono notoriamente tra le più potenti ed
infami.
Venendo alle microconfezioni indiane, i
negozi di alimentari ed i droghieri, ma anche quelli di articoli per la casa,
sono tutti più o meno invasi da bustine e pacchettini di plastica colorata che
possono contenere una notevole varietà di prodotti.
I tipi di impacchettamento hanno così
tante dimensioni che forse bisognerebbe dividere la categoria tra microconfezioni,
cioè solo molto piccole, ed ultramicroconfezioni, cioè quelle monodose o poco
più.
Tra quest’ultime, tipiche alimentari
sono bustine di spezie, ketchup, pickles (sottaceti), caramelle e
marmellate, mentre tra gli articoli non commestibili gli esempi più diffusi
sono i detersivi per lavare i panni ed i prodotti per capelli quali shampoo,
balsami ed oli.
Le microconfezioni possono comprendere i
suddetti articoli ma molti altri ancora, quali ad esempio biscotti dolci ed i
numerosissimi snack speziati.
Un discorso a parte meritano infine i
prodotti legati alla pratica tipica indiana di masticare tabacco e paan
(mistura di spezie digestiva http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2016/02/il-paan.html)
che sono stati forse i primi ad essere confezionati in bustine di plastica
monodose.
I negozi di sigarette e di paan, spesso
delle minuscole casupole di legno, sono facilmente riconoscibili dalle
numerosissime confezioni di bustine colorate, che penzolano pronte per essere
velocemente strappate, vendute e consumate.
A causa di uno scarso interesse personale
per questo tipo di prodotti non conosciamo con esattezza il contenuto di molte
di esse, ma di solito contengono tabacco in diverse forme e vari tipi di paan
industriali, sia provvisti di tabacco che senza, più vari ingredienti che fanno
parte della mistura del paan tradizionale e che vengono venduti a piccole dosi
come semplici rinfrescanti per l’alito.
Lo storico successo di questo tipo di
preparazioni ha portato, purtroppo, un aumento vertiginoso nel consumo di
tabacco e paan a causa dei quali l’India è il primo paese al mondo per casi di
cancro alla bocca e di malformazioni ai denti.
Unito al danno ecologico, di cui
parleremo a fine articolo, questo ha portato ad una legislazione vagamente
attenta, tanto che in alcuni stati indiani sono banditi completamente, almeno
sulla carta, ed in altri si sta provando a farlo.
Un notevole impedimento verso una
completa eradicazione del fenomeno è dato dal fatto che anche in India la lobby
di tabacco e paan è molto potente, e spesso i proprietari delle fabbriche sono
più o meno noti mafiosi, che godono di protezione politica.
Pare infatti che grazie ai rapidi e
forti fatturati, installare fabbriche di gutka, nome generico di queste
preparazioni, sia il metodo migliore per riciclare denaro sporco.
Tra i lati positivi di questi due
fenomeni commerciali c’è sicuramente il fatto di dare la possibilità a chiunque,
a prescindere dalle possibilità economiche, di poter utilizzare, almeno
saltuariamente, prodotti che sono grossomodo indispensabili per una vita
dignitosa dell’uomo del terzo millennio.
Le persone che vivono in ristrettezze economiche,
in India purtroppo molto numerose, difficilmente si possono permettere di spendere
30 o più rupie per il detersivo da bucato, ma 1 o 2 rupie per una bustina sì,
almeno in particolari situazioni.
Anche le bottigliette di shampoo hanno
prezzi molto elevati in rapporto al costo della vita indiana, ma le bustine
costano da 2-3 rupie.
Un altro interessante fenomeno legato a
questa minuziosa vendita al dettaglio, che però non può essere definita né un
aspetto negativo, né positivo, è legato all’ammortizzazione dell’inflazione.
Da una decina d’anni l’inflazione in
India cresce, non rapidissima, ma costante, tanto che oggigiorno in media i
prezzi sono triplicati, eppure, le microconfezioni continuano a costare tanto
uguale.
Il trucco è molto semplice: diminuiscono
le porzioni.
Dieci anni fa un pacchetto di biscotti
da 2 rupie conteneva 7 pezzi, ora 5, e, attenzione, sono diminuite anche le
dimensioni dei biscotti!
Uguale gli shampoo, costano sempre 2-3
rupie, ma prodotto all’interno ce n’è sempre meno.
Seppur a prima vista questa pratica di
vendita al dettaglio possa sembrare positiva, aggrava invece quello che già da
principio è l’enorme lato negativo di tutta la questione microconfezioni e che
viene bilanciato solo in minima parte dal vendere i prodotti sfusi: la quantità
di plastica!
Tenendo anche presente che in India sono
molto rari i casi di effettive pratiche di smaltimento rifiuti e che, grazie a
migliori condizioni economiche, il consumo della plastica sta già di per sé
aumentando vertiginosamente, questo sistema potrebbe portare piano piano ad una
catastrofe ambientale.
Di certo non aiuta a migliorare la
qualità dell’aria né a diminuire la cronica sporcizia, caratteristiche poco
invidiabili che vedono purtroppo l’India sempre al top mondiale.
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