La seguente storia, seppur probabilmente
apocrifa, mostra gli inusuali sistemi degli asceti aghori (http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/05/la-setta-tantrica-aghora.html)
rispetto agli asceti ortodossi, in questo caso identificati con il noto santo e
poeta Tulsidas.
Un giorno, Tulsidas, durante il
periodo che trascorse come asceta itinerante, giunse in una città dove, come da
tradizione dell’ospitalità indù, una donna lo invitò in casa a mangiare.
Finito il pasto, Tulsidas si sentì
molto riconoscente e disse alla donna “Ti prego, chiedimi qualunque cosa e la
farò per te”.
Lei, inaspettatamente però, gli rise
in faccia “Maharaj, tanti santi sono passati di qua prima di te e nessuno di
loro è stato in grado di darmi quello che desidero”.
“Ma io sono Tulsidas! – rispose lui un
po’ offeso – Ti darò quel che desideri, dimmi!”.
La donna sospirò per la sua ingenuità
e gli disse “Voglio un figlio”.
Tulsidas entrò in meditazione e quando
ne uscì le rispose “Mi dispiace, gentile signora, ma temo che un figlio non sia
nel tuo destino”.
La donna sorrise “Questo è quello che
ti ho detto subito, ma non mi hai voluto ascoltare. Comunque, sei sempre il
benvenuto per il cibo”.
E Tulsidas se ne andò per la sua
strada.
Dopo un po’ di tempo giunse in quella città
un asceta aghori, il quale, saputo della donna che non poteva avere figli, decise
di fare qualcosa.
Iniziò quindi a camminare nei pressi
della casa di lei urlando “Chi mi darà da mangiare? Offro un figlio per ogni
roti (chapati, pane) che mi viene dato! Un roti, un bambino! Dieci roti, dieci
bambini!”.
Quando la donna lo udì, invitò l’aghori
ad entrare e gli disse “Maharaj, non è nel mio destino avere bambini”.
Alché l’aghori rispose “Io ci piscio
sul destino!”.
Gli furono offerti otto roti e la
donna in otto anni diede alla luce otto bellissimi figli.
Dopo un po’ di tempo, Tulsidas passò
di nuovo in quella città e, mentre camminava per la stessa strada, vide gli
otto ragazzi.
Bellissimi ed intelligenti, fecero
presto amicizia con Tulsidas, quindi chiamarono la madre, che lo invitò ad
entrare e gli disse “Ricordi che avevi detto che non c’erano figli nel mio
destino?”.
Quando Tulsidas seppe che glieli aveva
dati un aghori, entrò in meditazione e chiese al suo Signore Rama il perché “Raghuvira
(epiteto di Rama), se Tu non mi hai permesso di dare a quella donna dei figli,
come ha potuto farlo quello sporco aghori puzzolente?” (gli asceti aghori sono
conosciuti per le loro pratiche estreme e l’aspetto spesso trasandato).
Rama rispose “Tulsi, quell’aghori è
qualcosa di diverso da te. Egli è andato oltre le limitazioni di essere un
santo e di vivere nel sattva (purezza)”.
Siccome Tulsidas non sembrava
soddisfatto di questa spiegazione, Rama decise di insegnargli una buona lezione,
con l’aiuto dell’aghori, e improvvisamente cominciò ad urlare “Oh, ho un
terribile dolore al cuore. Ti prego Tulsi, portami il cuore di qualcuno così
che possa avere un po’ di sollievo”.
Tulsidas si spaventò: se fosse
successo qualcosa al Signore Rama, quale sarebbe stato il suo destino come suo
devoto principale? Così si mise a correre per le strade gridando “Un cuore! Il Signore
Rama ha bisogno di un cuore! Chi darà il suo cuore per Rama?”.
L’aghori, che stava riposando sotto un
albero, lo udì e lo chiamò “Tulsi, Tulsi, vieni qui!”.
Quando Tulsidas si avvicinò, l’aghori
disse “Ora so quanto amore hai per il Signore Rama. Se lo amassi veramente, Gli
avresti dato il tuo cuore quando l’ha chiesto. Qua, se il Signore Rama vuole un
cuore, prenda il mio”, e così dicendo si aprì il petto con le dita, si strappò
il cuore e lo diede a Tulsidas.
Quando questi entrò in meditazione per
offrire il cuore a Rama, questi sorrise e gli disse “Adesso vedi come un vero
amante si comporta con il suo amato?”.
Tulsidas dovette rimanere in silenzio
e riconoscere la grandezza dell’aghori.
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