Not a nice man to
know (Non una
bella persona da conoscere) è il titolo di un libro del giornalista-scrittore
indiano Khushwant Singh, pubblicato nel 1993.
Come intuibile anche dal sottotitolo The best of Khushwant Singh, si tratta di una raccolta di alcuni dei
suoi scritti più significativi, divisi in: rubriche editoriali, articoli,
traduzioni, opere di saggistica, fiction, una commedia teatrale ed una serie di
barzellette.
Il titolo prende spunto dall’ultima frase del primo testo
presente nel libro, un editoriale in cui Khushwant Singh scrive di se stesso,
con particolare onestà e schiettezza.
Segue libera taduzione.
Seein oneself (Guardare se stessi)
Gli dei, nella loro saggezza, non mi hanno garantito il
dono di vedermi come gli altri vedono me. Avranno pensato che sapere cosa gli
altri pensano di me avrebbe potuto portarmi a tendenze suicide, così hanno
deciso di lasciarmi a cuocere nella mia autostima. Ora sono davanti al
difficile compito di scrivere su me stesso.
È un incarico davvero spaventoso. Avete mai provato a
guardarvi dritto negli occhi davanti allo specchio? Provateci e capirete cosa
intendo. Dopo pochi secondi inizierete a spostare lo sguardo dagli occhi a
qualche altro punto, come le donne quando si truccano e gli uomini quando si
radono. Guardare nella profndità dei propri occhi rivela la nuda verità. E la
nuda verità circa se stessi può essere molto sgradevole.
Lo so di essere un uomo brutto. Però la bruttezza fisica
non mi ha mai impedito di approcciare le più belle donne che ho incontrato.
Sono convinto che solo delle ninfomani testevuote siano in cerca di bellissimi
gigolò. Non gli interessano le persone come me; e a me non interessano quelle
come loro. Non sono preoccupato per il mio aspetto esteriore, il mio turbante
disordinato, la mia barba incolta o il mio sguardo vitreo (una volta mi dissero
che miei occhi sono quelli di un perfido libidinoso), ma per ciò che si trova
al di là dell’aspetto fisico, il vero me, composto da emozioni conflittuali,
amore e odio, una generale irritabilità, l’occasionale equilibrio, le irose
denuncie e la tolleranza verso il punto di vista degli altri, la rigida
aderenza ai regimi che mi sono imposto e l’adattabilità alle comodità degli
altri. Ed altri ancora. È sulla base di queste qualità che considero la stima
di me stesso.
Prima di tutto dovrei occuparmi della questione che spesso
la gente mi chiede “Cosa pensi di te stesso come scrittore?”. Senza voler
mostrare falsa modestia, lasciatemi dire, onestamente, che non mi considero
molto in alto. So distinguere un buon scritto da uno non così buono, le prime
scelte da quelli passabili. So che tra gli scrittori indiani o nati in India,
Nirad Chaudhuri, V.S. Naipaul, Salman Rushdie, Amitav Gosh e Vikram Seth
padroneggiano la lingua inglese meglio di me. So anche che posso, e l’ho fatto,
scrivere bene come molti altri, R.K. Narayan, Mulk Raj Anand, Manohar
Mangolkar, Ruth Jhabvala, Nayrantara Sahgal o Anita Desai. In più, al contrario
della maggior parte degli appertenenti a queste due categorie, non ho mai
rivendicato di essere un grande scrittore. Credo che auto elogiarsi sia la più
grande forma di volgarità. Quasi tutti gli scrittori indiani che ho incontrato
sono propensi a lodare i propri risultati; questo è qualcosa che non ho mai
fatto. Nemmeno richiesto qualche premio o riconoscimento, e nemmeno divulgato false
storie sull’essere considerato per il Premio Nobel per la letteratura. La lista
di prominenti indiani che hanno sparso questa fandonia su se stessi è
impressionante: Vatsayan (Agyeya), G.V. Desani, Dr. Gopal Singh Dardi
(ex-governatore di Goa), Kamla Das e molti altri.
Sono una persona gradevole? Non ne sono sicuro. Non ho
molti amici perché non dò molto spazio all’amicizia. Ho scoperto che gli amici,
seppur bravi e sinceri, richiedono più tempo di quello che sono disposto a
dedicargli. Mi annoio piuttosto facilmente in compagnia delle persone e
preferisco leggere un libro od ascoltare musica piuttosto che parlare a lungo
con qualcuno. Ho avuto alcuni amici molto vicini durante la mia vita e mi
vergogno di ammettere che quando qualcuno di loro si è allontanato da me,
invece di essere scontento, mi sono sentito sollevato. E quando qualcuno è
morto, ho amato il loro ricordo più della loro compagnia quando erano vivi.
Ho sempre avuto lo stesso atteggiamento verso le donne che
mi sono piaciute o ho amato; non ci metto molto a diventare emotivo con le
donne. Spesso, al primo incontro, pensavo di aver trovato la mia Elena, ma
nessuna di quelle infatuazioni è durata a lungo. Qualche volta, il tradimento
della fiducia mi ha ferito profondamente, ma niente ha lasciato cicatrici
indelebili nella mia psiche. L’unica lezione che ho imparato è che appena senti
che l’altro si sta raffreddando, devi essere tu a lasciare. Lasciare le persone
da quasi un senso di trionfo, mentre essere lasciati è una sconfitta che
ferisce profondamente l’ego. Non ho il dono di essere amichevole, né di amare o
essere amato.
La mia passione più grande è l’odio. Fortunatamente non è
mai stato diretto verso gruppi specifici, ma solo contro certe tipologie di
persone. Odio con una passione indegna per chiunque gli piaccia descriversi
come civilizzato. Faccio del mio meglio per ignorarli, ma sono come il male a
un dente che periodicamente mi spinge a cercarlo con la lingua per assicurarmi
che faccia ancora male. Il mio odio va al di là delle persone che odio, me la
prendo anche con quelli che diventano i loro amici; l’amico del mio nemico
diventa mio nemico.
Fortunatamente non odio molte persone, posso contarle sulla
punta delle dita di una mano sola, non più di 4-5, e se raccontassi perché le
odio, forse sareste daccordo con me che meritano odio e disprezzo.
Odio quelli che vantano amicizie altolocate, che si auto
elogiano, gli arroganti, i bugiardi; c’è qualcosa di sbagliato nell’odiare
questo tipo di persone? Le gente mi chiede “Ma perché non li lasci stare?
Perché non ignori la loro esistenza?”. No, questo è qualcosa che non posso
fare. Non posso resistere alla tentazione di prendere in giro chi si vanta di
conoscere persone importanti, di dire in faccia ad un bugiardo che è un
bugiardo e adoro maltrattare gli arroganti. Ho avuto spesso dei problemi per la
mia incapacità di resistere a schernire questo tipo di persone. E siccome la
maggior parte di questi passa da un successo all’altro, diventano ministri,
governatori e ricevono riconoscimenti che non gli spettano, la mia rabbia
spesso esplode e li denuncio anche nei miei scritti. In passato sono stato
trascinato in tribunale e di fronte al Consiglio della Stampa, che è una gran
perdita di tempo e di soldi. Penso che mi procurerò delle statue di cera dei
miei odiati preferiti e sfogherò il mio malumore infilando degli aghi sulle
loro effigi; possano le mosche di un migliaio di cammelli infestare le loro
ascelle!
Non sono una brava persona da conoscere.
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