Foglie di tè di Darjeeling |
La coltivazione del tè in India venne iniziata dagli
inglesi nei primi anni dell’800, con lo scopo di rompere il monopolio della
Cina.
Vennero quindi creati degli incentivi per favorire la
diffusione delle coltivazioni di tè, principalmente negli stati del nord-est,
come l’Assam, dal clima particolarmente favorevole, ed a metà del XIX secolo
l’India era diventato il maggior produttore mondiale.
Considerato inizialmente un raffinato gusto dei
colonizzatori, grazie ad una massiccia campagna pubblicitaria britannica,
intorno ai primi anni del ‘900 il tè iniziò ad essere abbondantemente consumato
da tutti gli indiani, anche per il fatto che l’acqua deve essere bollita,
rendendola una bevanda sicura dal punto di vista igienico-sanitario.
Negli ultimi anni, con l’aumento della disponibilità dei
terreni adatti, la Cina ha superato la produzione indiana, che comunque rimane
al secondo posto, mentre per quanto riguarda il consumo, l’India è al primo
posto, seppur il consumo pro-capite annuale, per questioni economiche, non sia
molto elevato.
Come anticipato, le aree migliori per la coltivazione del tè
sono le colline del nord-est del paese, con la zona di Darjeeling, cittadina di
montagna dello stato del Bengala Occidentale al confine col Nepal, noto centro
di produzione di un’ottima qualità di tè nero, come il vicino stato dell’Assam.
Vaste coltivazioni si trovano comunque anche in altri stati
del nord dell’India, come l’Himachal Pradesh, mentre a sud la produzione di tè
è concentrata in Karnataka, Kerala e Tamil Nadu.
Le qualità più apprezzate sono il tè di Darjeeling e
dell’Assam, il Kangra Tea, dell’omonima area collinare dell’Himachal Pradesh,
ed il Nilgiri Tea, delle omonime colline del Tamil Nadu, tutti tè scuri e molto
aromatici.
La produzione di tè verde è in India molto limitata, meno
del 10% del totale, anche perché il 70% del tè indiano viene consumato all’interno
del paese sotto forma di chai (del quale vedremo tra poco), dove viene
utilizzato preferibilmente tè nero.
Una tazza di chai |
Per quanto riguarda il consumo, la bevanda nazionale
indiana è appunto il chai, detto anche masala tea, un decotto a base di acqua,
latte, zucchero e tè, cui viene aggiunta una mistura di spezie tipiche del
subcontinente, in particolare zenzero e cardamomo, ma anche cannella, chiodi di
garofano, noce moscata e pepe nero.
Il risultato è una bevanda molto saporita, seppur il gusto
del tè venga in gran parte coperto da quello di latte e spezie.
Le caratteristiche di un buon chai, reperibile pressoché
ovunque in migliaia di minuscoli “chai shop” sparsi letteralmente ovunque,
stanno chiaramente in un saggio bilanciamento delle spezie, che prima dell’uso
vengono leggermente schiacciate con un pestello per liberarne l’aroma,
nell’utilizzo di latte fresco, generalmente di bufala, e nella giusta quantità di
zucchero.
Essendo quest’ultimo ingrediente quello che richiede il
maggior sforzo economico, i chai di strada tendono ad essere meno dolci di
quelli preparati in casa o nei ristoranti, che spesso però risultano
iperzuccherini e probabilmente sono tra le cause dei diffusi obesità e diabete.
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