domenica 7 maggio 2017

Breve cenno all'economia del Nepal

Il Nepal è un paese tanto ricco di bellezze naturali, quanto povero di risorse.
Il sottosuolo non ospita nessun importante giacimento e l’agricoltura, limitata dalla scarsità di aree coltivabili, da decenni non riesce a soddisfare il fabbisogno interno.
L’unica risorsa di una certa importanza è quella idroelettrica, ma a causa delle carenti infrastrutture al momento è ancora solo parzialmente sfruttata.

La scarsità di materie prime è sicuramente uno dei motivi dell’arretratezza economico-industriale del Nepal.
Non possedendo petrolio né gas, il paese è quindi costretto ad importarli, soprattutto dall’India ma recentemente anche dalla Cina, rendendo quindi i costi piuttosto elevati, mentre gli unici piccoli giacimenti offrono: calcare, magnesite, zinco, rame, ferro, mica, piombo e cobalto.
Questo influisce anche sullo scarso sviluppo del settore industriale, che è responsabile per circa il 20% del PIL del paese.
Nonostante queste difficoltà, grazie a produzioni piuttosto mirate, negli ultimi anni il Nepal sta iniziando ad esportare metalli lavorati, grazie a numerose fabbriche presenti soprattutto nelle pianure al confine con l’India, importatrice di questi materiali.
Anche le industrie legate alla lavorazione tessile ed alla produzione di capi d’abbigliamento hanno una discreta importanza, costituendo circa il 5% dell’esportazione, con l’Unione Europea che negli ultimi anni si sta impegnando ad importare un sempre crescente numero di prodotti nepalesi.
Probabilmente l’unica attività che raggiunge un buon successo è quella legata alla produzione di tappeti, che supera l’8% dell’esportazione, grazie all’ottima qualità, prezzi competitivi ed indubbiamente anche ad intelligenti investimenti e volontà politiche.

L’agricoltura impiega circa il 60-70% dei nepalesi e provvede a circa il 30-35% del PIL.
Il problema più grande è la scarsità di terreni coltivabili, che è solo il 20% del territorio del Nepal, mentre il 40% è ricoperto da foreste ed il restante 30% è montagnoso.
Negli ultimi decenni si sta anche assistendo ad una vertiginosa crescita demografica che ha ormai reso i prodotti agricoli nepalesi insufficienti per il bisogno del paese, che è quindi costretto ad importare anche questi beni di prima necessità.
In realtà, i terreni del Nepal sono particolarmente fertili e grazie a differenti condizioni geografico-climatiche la produzione è molto varia, come ad esempio nella Valle di Kathmandu, che però risente oltre che della crescita demografica anche della continua migrazione dalle campagne, ed ormai da decenni la valle non è più autosufficiente.
Questo tra l’altro ha fatto aumentare i prezzi e diminuire la qualità visto che i prodotti di pianura non sono dello stesso livello di quelli delle colline.
Le poche colture che permettono raccolti abbondanti di prodotti che vengono esportati riguardano legumi, té e cardamomo, di cui il Nepal è tra i primi dieci produttori mondiali.

Il 45% del PIL nepalese deriva dal terziario, di cui circa un terzo dal turismo, uno dei pochi settori altamente remunerativi in continua crescita.
L’importanza economica del turismo, tra l’altro, va ben oltre le percentuali ufficiali, grazie a numerose attività commerciali che traggono un vantaggio indiretto dal suo sviluppo.
Purtroppo il terremoto del 2015 ha danneggiato notevolmente il patrimonio artistico della Valle di Kathmandu, principale attrazione del paese dopo l’Himalaya, ma il turismo è di nuovo in crescita grazie alle attività legate all’alpinismo, ai trekking, al parapendio ed altri sport d’avventura quali rafting, torrentismo, bungee jumping e simili.
Il resto del terziario, fonte di reddito per un’elevata percentuale della popolazione, è in continua espansione ma di qualità ancora insufficiente, a causa dell’arretratezza dovuta in gran parte alla chiusura dei confini durante l’era della dinastia Rana tra la metà del XIX e la metà del XX secolo.
Al 1951, destituiti i Rana, il Nepal era pressoché privo di strade, scuole ed ospedali, che quindi sono da allora in continua espansione, ma a causa delle limitate risorse finanziarie, nonostante gli sforzi, raggiungono livelli ancora sotto uno standard accettabile.
Una parte di questo è anche dovuto al fatto che una grande porzione del terziario del Nepal, forse addirittura il 30% del PIL (la terza più alta al mondo), deriva dalle rimesse dei numerosissimi nepalesi che lavorano all’estero, in particolare in India, dove non hanno bisogno di passaporto, ma anche in Malesia, nella penisola arabica ed in minor misura, Stati Uniti, Europa, Cina, Corea e Giappone.
Seppur chiaramente sia un’importante fonte economica, questo tipo di risorse finanziarie non promuove lo sviluppo dei servizi e delle infrastrutture, che solo in rari casi limitati ne traggono un qualche profitto.

La recente stabilità politica, che favorisce un clima adatto agli investimenti, soprattutto stranieri, potrebbe col tempo portare ad alcuni miglioramenti, necessari per lo sviluppo di un paese ancora fortemente arretrato.

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