Il
Nepal è un paese tanto ricco di bellezze naturali, quanto povero di risorse.
Il
sottosuolo non ospita nessun importante giacimento e l’agricoltura, limitata
dalla scarsità di aree coltivabili, da decenni non riesce a soddisfare il
fabbisogno interno.
L’unica
risorsa di una certa importanza è quella idroelettrica, ma a causa delle carenti
infrastrutture al momento è ancora solo parzialmente sfruttata.
La
scarsità di materie prime è sicuramente uno dei motivi dell’arretratezza
economico-industriale del Nepal.
Non
possedendo petrolio né gas, il paese è quindi costretto ad importarli,
soprattutto dall’India ma recentemente anche dalla Cina, rendendo quindi i
costi piuttosto elevati, mentre gli unici piccoli giacimenti offrono: calcare,
magnesite, zinco, rame, ferro, mica, piombo e cobalto.
Questo
influisce anche sullo scarso sviluppo del settore industriale, che è
responsabile per circa il 20% del PIL del paese.
Nonostante
queste difficoltà, grazie a produzioni piuttosto mirate, negli ultimi anni il
Nepal sta iniziando ad esportare metalli lavorati, grazie a numerose fabbriche
presenti soprattutto nelle pianure al confine con l’India, importatrice di
questi materiali.
Anche
le industrie legate alla lavorazione tessile ed alla produzione di capi
d’abbigliamento hanno una discreta importanza, costituendo circa il 5%
dell’esportazione, con l’Unione Europea che negli ultimi anni si sta impegnando
ad importare un sempre crescente numero di prodotti nepalesi.
Probabilmente
l’unica attività che raggiunge un buon successo è quella legata alla produzione
di tappeti, che supera l’8% dell’esportazione, grazie all’ottima qualità,
prezzi competitivi ed indubbiamente anche ad intelligenti investimenti e
volontà politiche.
L’agricoltura
impiega circa il 60-70% dei nepalesi e provvede a circa il 30-35% del PIL.
Il
problema più grande è la scarsità di terreni coltivabili, che è solo il 20% del
territorio del Nepal, mentre il 40% è ricoperto da foreste ed il restante 30% è
montagnoso.
Negli
ultimi decenni si sta anche assistendo ad una vertiginosa crescita demografica
che ha ormai reso i prodotti agricoli nepalesi insufficienti per il bisogno del
paese, che è quindi costretto ad importare anche questi beni di prima
necessità.
In
realtà, i terreni del Nepal sono particolarmente fertili e grazie a differenti
condizioni geografico-climatiche la produzione è molto varia, come ad esempio
nella Valle di Kathmandu, che però risente oltre che della crescita demografica
anche della continua migrazione dalle campagne, ed ormai da decenni la valle
non è più autosufficiente.
Questo
tra l’altro ha fatto aumentare i prezzi e diminuire la qualità visto che i
prodotti di pianura non sono dello stesso livello di quelli delle colline.
Le
poche colture che permettono raccolti abbondanti di prodotti che vengono
esportati riguardano legumi, té e cardamomo, di cui il Nepal è tra i primi
dieci produttori mondiali.
Il
45% del PIL nepalese deriva dal terziario, di cui circa un terzo dal turismo,
uno dei pochi settori altamente remunerativi in continua crescita.
L’importanza
economica del turismo, tra l’altro, va ben oltre le percentuali ufficiali,
grazie a numerose attività commerciali che traggono un vantaggio indiretto dal
suo sviluppo.
Purtroppo
il terremoto del 2015 ha danneggiato notevolmente il patrimonio artistico della
Valle di Kathmandu, principale attrazione del paese dopo l’Himalaya, ma il
turismo è di nuovo in crescita grazie alle attività legate all’alpinismo, ai
trekking, al parapendio ed altri sport d’avventura quali rafting, torrentismo,
bungee jumping e simili.
Il
resto del terziario, fonte di reddito per un’elevata percentuale della
popolazione, è in continua espansione ma di qualità ancora insufficiente, a
causa dell’arretratezza dovuta in gran parte alla chiusura dei confini durante
l’era della dinastia Rana tra la metà del XIX e la metà del XX secolo.
Al
1951, destituiti i Rana, il Nepal era pressoché privo di strade, scuole ed
ospedali, che quindi sono da allora in continua espansione, ma a causa delle
limitate risorse finanziarie, nonostante gli sforzi, raggiungono livelli ancora
sotto uno standard accettabile.
Una
parte di questo è anche dovuto al fatto che una grande porzione del terziario
del Nepal, forse addirittura il 30% del PIL (la terza più alta al mondo), deriva
dalle rimesse dei numerosissimi nepalesi che lavorano all’estero, in
particolare in India, dove non hanno bisogno di passaporto, ma anche in
Malesia, nella penisola arabica ed in minor misura, Stati Uniti, Europa, Cina,
Corea e Giappone.
Seppur
chiaramente sia un’importante fonte economica, questo tipo di risorse
finanziarie non promuove lo sviluppo dei servizi e delle infrastrutture, che
solo in rari casi limitati ne traggono un qualche profitto.
La
recente stabilità politica, che favorisce un clima adatto agli investimenti,
soprattutto stranieri, potrebbe col tempo portare ad alcuni miglioramenti,
necessari per lo sviluppo di un paese ancora fortemente arretrato.
Nessun commento:
Posta un commento