mercoledì 3 maggio 2017

Gli eroi nazionali del Nepal, III parte

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Ritratto di Bhimsen Thapa
Nella lista degli eroi nazionali nepalesi, un posto di primo piano spetta a Bhimsen Thapa (1775-1839), che regnò come primo ministro della dinastia Shah dal 1806 al 1837 ed al quale dedichiamo per intero questo post.
Oltre all’indubbia importanza storica, essendo un personaggio abbastanza recente, sono disponibili parecchie informazioni sulla sua interessante e controversa carriera politica.
Infatti, analizzando la vita di Bhimsen Thapa in maniera imparziale, si può notare come spesso sia stato responsabile di episodi particolarmente tragici, che mostrarono di lui un lato decisamente spietato piuttosto che eroico.
A parziale giustificazione, bisogna dire che la situazione politica del Nepal di quel periodo era particolarmente complicata e Bhimsen Thapa non fu né l’unico né il maggior responsabile dei continui sconvolgimenti.

Nato all’interno di una famiglia Thapa, uno dei clan nepalesi più potenti, Bhimsen iniziò la carriera politica diventando, nel 1798, guardia del corpo di Rana Bahadur Shah (1775-1806), che ascese al trono alla tenera età di due anni, ed assunse il potere raggiunta la maggior età nel 1794.
A causa di intricate dinamiche di corte, Rana Bahadur Shah nel 1800 lasciò la sua carica di re per andare in esilio in India, a Varanasi, insieme ad un piccolo gruppo di parenti e stretti confidenti, tra cui Bhimsen Thapa.
Nel 1804, a seguito della sempre cangiante politica nepalese del tempo, si presentarono i presupposti per un ritorno di Rana Bahadur Shah in Nepal per reclamare il suo trono.
Nonostante l’opposizione di alcune fazioni, questi fu in grado di riottenere il potere e come prima cosa si vendicò su coloro che lo avevano costretto all’esilio e si erano opposti al suo ritorno e diede a Bhimsen Thapa la carica di ministro.
Oltre a questo, il re, su suggerimento di Bhimsen, iniziò una riforma che vide il governo confiscare tutte le terre concesse, prive di tassazione, ai templi ed ai bramini, per rifocillare le disastrate casse statali e finanziarie campagne militari espansionistiche, una mossa molto impopolare in un paese ancora profondamente religioso.
In realtà pare che lo scopo, almeno quello ufficiale, fosse quello di scrutinare e regolamentare queste terre concesse senza riscossione delle tasse, in particolare i numerosi casi in cui erano state ottenute con documenti falsi.

Ma questo fu nulla in confronto agli avvenimenti drammatici del 1806, architettati da un sempre più influente Bhimsen Thapa.
Pur non coprendo nessuna carica ufficiale, dal 1804 al 1806 questi riuscì ad aumentare il proprio potere, anche appropriandosi delle proprietà dei rami della dinastia Shah caduti in disgrazia per essersi opposti al ritorno di Rana Bahadur Shah.
Questo però aumentò il risentimento di una terza fazione, quella del fratellastro del re, Sher Bahadur Shah, il quale, pur avendo aiutato il ritorno al potere di Rana Bahadur Shah, venne lasciato fuori dalla ridistribuzione delle proprietà.
Anticipando le sue intenzioni, Bhimsen Thapa iniziò a cercare un modo per liberarsi di questa ingombrante fazione una volta alleata ma ormai divenuta avversaria.
Nel 1806 Bhimsen venne a conoscenza di un complotto per eliminare Rana Bahadur Shah e con questo pretesto fu in grado di imprigionare e condannare a morte alcuni importanti alleati del fratellastro, fino alla notte del 25 Aprile 2006 quando, durante un meeting di tutti i cortigiani, arrivò addirittura a minacciare di far giustiziare Sher Bahadur Shah.
Questi, frustrato e disperato per la situazione, estrasse la spada ed uccise il fratellastro Rana Bahadur Shah, per essere poi a sua volta trafitto da due cortigiani fedeli al re.
Questa drammatica vicenda mise nelle mani di Bhimsen Thapa il potere del paese che egli iniziò ad abusare da quella stessa notte facendo massacrare i membri della fazione complottista di Sher Bahadur Shah che erano ancora imprigionati.
La vendetta durò circa due settimane durante le quali ben 93 persone furono uccise ed i loro resti abbandonati sulle rive del fiume Bagmati, non lontano dalla piazza reale di Kathmandu, per essere consumati da avvoltoi e sciacalli.

Bhimsen Thapa assunse quindi il titolo di mukhtiyar, Primo Ministro, diventando il primo ad ottennere questa carica pur non appartenendo alla famiglia reale Shah.
I primi anni Bhimsen cercò di continuare l’opera di espansione del Regno del Nepal, ma ben presto arrivò a scontrarsi con i britannici, con i quali in passato aveva già avuto alcuni screzi.
La Guerra Anglo-Nepalese durò circa due anni dal 1814 al 1816 e terminò con la totale sconfitta dell’esercito del Nepal che perse circa un terzo dei suoi territori.

Nonostante questo, grazie a dinamiche di corte favorevoli ed all’indubbia capacità politica di Bhimsen Thapa, questi fu in grado di mantenere la carica di primo ministro.
In particolare creò una stabile e fruttuosa alleanza con la regina reggente Tripurasundari, che governava al posto del principe Girvan Yuddha Bikram Shah, di appena 2 anni, ed appoggiava incondizionatamente le scelte politico-amministrative di Bhimsen.
Quando Girvan Yuddha raggiunse la maggiore età, al tempo a 19 anni,  nel 1816 non ebbe neppure il tempo di iniziare a governare che morì improvvisamente, lasciando quindi il potere nelle mani della coppia regina Tripurasundari e primo ministro Bhimsen Thapa.
La sua fortuna iniziò a cambiare quando le regina Tripurasundari morì di colera nel 1832 e con il passaggio del sigillo reale alla nuova regina reggente Samrajya Laxmi e la successiva incoronazione di Rajendra Bikram Shah (1813-1881).
Questi, in realtà, come avvenne anche con i precedenti sovrani, ascese al trono ad appena tre anni di età, nel 1816, ma acquisì il potere nel 1832, una volta diventato maggiorenne.
Da quel momento Bhimsen Thapa fu quindi costretto a condividere il potere con il re e la regina, creando un’alleanza che nonostante tutto riuscì a funzionare per circa un lustro, fino all’ascesa al potere del clan della famiglia Pande, antichi nemici di Bhimsen, che sfruttando il proprio potere militare iniziarono a spingere la famiglia reale contro di lui.
Nel Giugno 1837, durante un’assenza di Bhimsen Thapa da Kathmandu, il re Rajendra Bikram Shah assunse il totale potere eliminando la carica di Primo Ministro di Bhimsen e sostituendo le cariche militari ed amministrative occupate dai membri della sua fazione, con appartenenti al clan Pande, ponendo letteralmente fine alle mire politiche della famiglia Thapa.

Il colpo di grazia arrivò poco tempo dopo, con la morte per avvelenamento del più giovane dei figli del re Rajendra Bikram Shah, di appena sei mesi, e le cui colpe furono riversate contro Bhimsen Thapa ed i suoi sostenitori, che furono quindi imprigionati, torturati ed in alcuni casi giustiziati.
Bhimsen venne mandato in esilio nella sua casa di Gorkha fino al 1839 quando venne riaperto il processo sull’avvelenamento del giovane principe, cui si aggiunsero altre incriminazioni che causarono una nuova persecuzione della famiglia Thapa.
Storicamente è difficile dire se davvero Bhimsen Thapa sia stato direttamente coinvolto nella vicenda, ma il fatto che lui personalmente non avrebbe guadagnato molto dalla morte del giovane principe fa pensare ad una sua estraneità al fatto.
Secondo una tesi complottista, ma alquanto realista secondo le intricate vicende politiche nepalesi, l’obiettivo dell’avvelenamento era in realtà la regina maggiore Samrajya Laxmi ed il colpevole potrebbe essere stato in questo caso Bhimsen Thapa, ma anche la regina giovane Rajya Laxmi, che era sempre stata messa in disparte dalla più carismatica ed esperta Samrajya Laxmi.
Durante gli avvenimenti susseguenti alla nuova condanna del clan Thapa per l’avvelenamento del principe, la terza moglie di Bhimsen, esasperata, insultò pesantemente la regina Samrajya Laxmi, che per tutta risposta, rimosse la signora Bhakta Kumari dal palazzo dove era rinchiusa agli arresti domiciliari, per trasferirla in una comune prigione, minacciando di farla denudare e mostrare in giro per la città.
Quando questa notizia giunse alle orecchie di Bhimsen Thapa, questi, sopraffatto dal dolore, decise di togliersi la vita, tagliandosi la gola con il suo coltello khukri.

Anche gli ultimi giorni della sua vita furono particolarmente drammatici, visto che pare impiegò ben nove giorni prima di morire, trascorsi abbandonato sulle rive del fiume Bagmati, tra avvoltoi e sciacalli, nel punto dove 33 anni prima aveva fatto giustiziare i membri della fazione di Sher Bahadur Shah.

Secondo una versione più mite invece, Bhimsen Thapa morì nel palazzo di Kathmandu dove era imprigionato ed il suo corpo fu effettivamente abbandonato sulle rive del fiume, ma non come ripicca per il precedente massacro, bensì perché il suicidio era visto come un grave peccato punito con la proibizione di ricevere i riti funebri e la cremazione.

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