Ritratto di Bhimsen Thapa |
Nella lista degli eroi nazionali nepalesi, un posto di primo piano
spetta a Bhimsen Thapa (1775-1839), che regnò come primo ministro della
dinastia Shah dal 1806 al 1837 ed al quale dedichiamo per intero questo post.
Oltre all’indubbia importanza storica, essendo un personaggio abbastanza
recente, sono disponibili parecchie informazioni sulla sua interessante e
controversa carriera politica.
Infatti, analizzando la vita di Bhimsen Thapa in maniera imparziale, si
può notare come spesso sia stato responsabile di episodi particolarmente
tragici, che mostrarono di lui un lato decisamente spietato piuttosto che
eroico.
A parziale giustificazione, bisogna dire che la situazione politica del
Nepal di quel periodo era particolarmente complicata e Bhimsen Thapa non fu né
l’unico né il maggior responsabile dei continui sconvolgimenti.
Nato all’interno di una famiglia Thapa, uno dei clan nepalesi più
potenti, Bhimsen iniziò la carriera politica diventando, nel 1798, guardia del
corpo di Rana Bahadur Shah (1775-1806), che ascese al trono alla tenera età di
due anni, ed assunse il potere raggiunta la maggior età nel 1794.
A causa di intricate dinamiche di corte, Rana Bahadur Shah nel 1800
lasciò la sua carica di re per andare in esilio in India, a Varanasi, insieme
ad un piccolo gruppo di parenti e stretti confidenti, tra cui Bhimsen Thapa.
Nel 1804, a seguito della sempre cangiante politica nepalese del tempo,
si presentarono i presupposti per un ritorno di Rana Bahadur Shah in Nepal per
reclamare il suo trono.
Nonostante l’opposizione di alcune fazioni, questi fu in grado di
riottenere il potere e come prima cosa si vendicò su coloro che lo avevano
costretto all’esilio e si erano opposti al suo ritorno e diede a Bhimsen Thapa
la carica di ministro.
Oltre a questo, il re, su suggerimento di Bhimsen, iniziò una riforma
che vide il governo confiscare tutte le terre concesse, prive di tassazione, ai
templi ed ai bramini, per rifocillare le disastrate casse statali e finanziarie
campagne militari espansionistiche, una mossa molto impopolare in un paese
ancora profondamente religioso.
In realtà pare che lo scopo, almeno quello ufficiale, fosse quello di
scrutinare e regolamentare queste terre concesse senza riscossione delle tasse,
in particolare i numerosi casi in cui erano state ottenute con documenti falsi.
Ma questo fu nulla in confronto agli avvenimenti drammatici del 1806,
architettati da un sempre più influente Bhimsen Thapa.
Pur non coprendo nessuna carica ufficiale, dal 1804 al 1806 questi
riuscì ad aumentare il proprio potere, anche appropriandosi delle proprietà dei
rami della dinastia Shah caduti in disgrazia per essersi opposti al ritorno di Rana
Bahadur Shah.
Questo però aumentò il risentimento di una terza fazione, quella del
fratellastro del re, Sher Bahadur Shah, il quale, pur avendo aiutato il ritorno
al potere di Rana Bahadur Shah, venne lasciato fuori dalla ridistribuzione
delle proprietà.
Anticipando le sue intenzioni, Bhimsen Thapa iniziò a cercare un modo
per liberarsi di questa ingombrante fazione una volta alleata ma ormai divenuta
avversaria.
Nel 1806 Bhimsen venne a conoscenza di un complotto per eliminare Rana Bahadur
Shah e con questo pretesto fu in grado di imprigionare e condannare a morte
alcuni importanti alleati del fratellastro, fino alla notte del 25 Aprile 2006
quando, durante un meeting di tutti i cortigiani, arrivò addirittura a
minacciare di far giustiziare Sher Bahadur Shah.
Questi, frustrato e disperato per la situazione, estrasse la spada ed
uccise il fratellastro Rana Bahadur Shah, per essere poi a sua volta trafitto
da due cortigiani fedeli al re.
Questa drammatica vicenda mise nelle mani di Bhimsen Thapa il potere del
paese che egli iniziò ad abusare da quella stessa notte facendo massacrare i
membri della fazione complottista di Sher Bahadur Shah che erano ancora
imprigionati.
La vendetta durò circa due settimane durante le quali ben 93 persone
furono uccise ed i loro resti abbandonati sulle rive del fiume Bagmati, non
lontano dalla piazza reale di Kathmandu, per essere consumati da avvoltoi e
sciacalli.
Bhimsen Thapa assunse quindi il titolo di mukhtiyar, Primo Ministro,
diventando il primo ad ottennere questa carica pur non appartenendo alla
famiglia reale Shah.
I primi anni Bhimsen cercò di continuare l’opera di espansione del Regno
del Nepal, ma ben presto arrivò a scontrarsi con i britannici, con i quali in
passato aveva già avuto alcuni screzi.
La Guerra Anglo-Nepalese durò circa due anni dal 1814 al 1816 e terminò
con la totale sconfitta dell’esercito del Nepal che perse circa un terzo dei
suoi territori.
Nonostante questo, grazie a dinamiche di corte favorevoli ed
all’indubbia capacità politica di Bhimsen Thapa, questi fu in grado di
mantenere la carica di primo ministro.
In particolare creò una stabile e fruttuosa alleanza con la regina
reggente Tripurasundari, che governava al posto del principe Girvan Yuddha
Bikram Shah, di appena 2 anni, ed appoggiava incondizionatamente le scelte
politico-amministrative di Bhimsen.
Quando Girvan Yuddha raggiunse la maggiore età, al tempo a 19 anni, nel 1816 non ebbe neppure il tempo di
iniziare a governare che morì improvvisamente, lasciando quindi il potere nelle
mani della coppia regina Tripurasundari e primo ministro Bhimsen Thapa.
La sua fortuna iniziò a cambiare quando le regina Tripurasundari morì di
colera nel 1832 e con il passaggio del sigillo reale alla nuova regina reggente
Samrajya Laxmi e la successiva incoronazione di Rajendra Bikram Shah
(1813-1881).
Questi, in realtà, come avvenne anche con i precedenti sovrani, ascese
al trono ad appena tre anni di età, nel 1816, ma acquisì il potere nel 1832,
una volta diventato maggiorenne.
Da quel momento Bhimsen Thapa fu quindi costretto a condividere il
potere con il re e la regina, creando un’alleanza che nonostante tutto riuscì a
funzionare per circa un lustro, fino all’ascesa al potere del clan della
famiglia Pande, antichi nemici di Bhimsen, che sfruttando il proprio potere
militare iniziarono a spingere la famiglia reale contro di lui.
Nel Giugno 1837, durante un’assenza di Bhimsen Thapa da Kathmandu, il re
Rajendra Bikram Shah assunse il totale potere eliminando la carica di Primo
Ministro di Bhimsen e sostituendo le cariche militari ed amministrative
occupate dai membri della sua fazione, con appartenenti al clan Pande, ponendo
letteralmente fine alle mire politiche della famiglia Thapa.
Il colpo di grazia arrivò poco tempo dopo, con la morte per
avvelenamento del più giovane dei figli del re Rajendra Bikram Shah, di appena
sei mesi, e le cui colpe furono riversate contro Bhimsen Thapa ed i suoi
sostenitori, che furono quindi imprigionati, torturati ed in alcuni casi
giustiziati.
Bhimsen venne mandato in esilio nella sua casa di Gorkha fino al 1839
quando venne riaperto il processo sull’avvelenamento del giovane principe, cui
si aggiunsero altre incriminazioni che causarono una nuova persecuzione della
famiglia Thapa.
Storicamente è difficile dire se davvero Bhimsen Thapa sia stato
direttamente coinvolto nella vicenda, ma il fatto che lui personalmente non
avrebbe guadagnato molto dalla morte del giovane principe fa pensare ad una sua
estraneità al fatto.
Secondo una tesi complottista, ma alquanto realista secondo le intricate
vicende politiche nepalesi, l’obiettivo dell’avvelenamento era in realtà la
regina maggiore Samrajya Laxmi ed il colpevole potrebbe essere stato in questo
caso Bhimsen Thapa, ma anche la regina giovane Rajya Laxmi, che era sempre
stata messa in disparte dalla più carismatica ed esperta Samrajya Laxmi.
Durante gli avvenimenti susseguenti alla nuova condanna del clan Thapa
per l’avvelenamento del principe, la terza moglie di Bhimsen, esasperata,
insultò pesantemente la regina Samrajya Laxmi, che per tutta risposta, rimosse
la signora Bhakta Kumari dal palazzo dove era rinchiusa agli arresti
domiciliari, per trasferirla in una comune prigione, minacciando di farla
denudare e mostrare in giro per la città.
Quando questa notizia giunse alle orecchie di Bhimsen Thapa, questi,
sopraffatto dal dolore, decise di togliersi la vita, tagliandosi la gola con il
suo coltello khukri.
Anche gli ultimi giorni della sua vita furono particolarmente
drammatici, visto che pare impiegò ben nove giorni prima di morire, trascorsi
abbandonato sulle rive del fiume Bagmati, tra avvoltoi e sciacalli, nel punto
dove 33 anni prima aveva fatto giustiziare i membri della fazione di Sher
Bahadur Shah.
Secondo una versione più mite invece, Bhimsen Thapa morì nel palazzo di
Kathmandu dove era imprigionato ed il suo corpo fu effettivamente abbandonato
sulle rive del fiume, ma non come ripicca per il precedente massacro, bensì
perché il suicidio era visto come un grave peccato punito con la proibizione di
ricevere i riti funebri e la cremazione.
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