martedì 21 febbraio 2017

Breve cenno al sistema castale

Il sistema castale indiano trae le sue origini nell’antichità, ma prese campo in particolar modo dal medioevo, durante la dinastia Moghul ed il periodo di colonizzazione britannico.
Il sistema si basa su due concetti, varna e jati, con il primo che significa letteralmente classe e si riferisce alle quattro classi sociali esistenti nell’antica società vedica: bramini (sacerdoti), kshatriya (guerrieri), vaishya (mercanti, artigiani, contadini) e sudra (servi), a cui si aggiunge il grande gruppo dei dalit (fuoricasta).
Il termine jati invece significa casta e si riferisce alle occupazioni, considerate ereditarie ed endogame, quindi si può dire che all’interno dei quattro varna esistono migliaia di jati.

Il collasso dell’impero Moghul portò l’aumento di uomini potenti che si associavano a re, sacerdoti ed asceti e che iniziarono a dividere la società in caste sempre più numerose.
I britannici implementarono ulteriormente questo sistema, basando l’amministrazione del paese su una rigida organizzazione castale.
Fino al 1920 i britannici segregarono gli indiani secondo classi e caste, garantendo lavori amministrativi ed importanti cariche solo agli appartenenti alle caste più alte, ma i disordini sociali scoppiati in quegli anni portarono al cambiamento di questa politica iniziando la cosiddetta “positiva discriminazione”, garantendo quote riservate nei lavori statali proprio alle caste inferiori.

Nella storia dell’India sono stati numerosi i riformatori sociali che si sono dedicati all’eradicazione della divisione castale e dell’intoccabilità, tra cui spiccano, ad esempio, Jyotirao Phule, Swami Vivekananda, Gandhi e Dr. Ambedkar.
Jyotirao Phule (1827-1890) fu un noto attivista, in particolare accanito sostenitore dell’istruzione femminile ed oppositore della divisione in caste, rinnegando i Veda e confutando strenuamente la falsa idea che il lavoro che gli uomini svolgono determini che alcuni siano superiori ed altri inferiori.
Jyotirao Phule viene anche accreditato per aver coniato il termine dalit per i fuoricasta, che letteralmente significa rotto, schiacciato, per descrivere le condizioni di quanti si trovano al di fuori del sistema dei quattro varna.

Molto apprezzata ed appoggiata fu la critica al sistema castale da parte di Swami Vivekananda (1863-1902) poiché avvenuta dall’interno dell’induismo, essendo lui stesso un monaco.
In particolare la critica di Vivekananda si basava sul rigetto della divisione castale in quanto barriera contro il libero pensare ed agire dell’individuo, che lui considerava condizioni necessarie per la crescita ed il benessere dell’uomo.

Il giovane Gandhi, strenuo difensore dell’induismo, non fu inzialmente contrario alle caste, anzi appoggiava il sistema dei varna ed era critico solo del concetto di jati e dell’ereditarietà.
Successivamente, vedendo i danni alla società che questo sistema portava, si schierò in maniera sempre più contraria arrivando ad affermare chiaramente che “Sostenere la superiorità di un uomo su un altro è un peccato contro Dio e contro l’umanità. Quindi le caste, che sono basate su questo principio, sono un male”.

Dr. Ambedkar (1891-1956), avvocato, giurista e politico, nacque lui stesso in una famiglia dalit ed ebbe modo di soffrire in prima persona delle discriminazioni castali che diventeranno, durante la sua carriera, l’oggetto delle sue più feroci critiche e battaglie.
Il fatto che sia stato affidato a lui il difficile compito di scrivere la costituzione indiana dopo l’indipendenza, dimostra come già dal principio il governo indiano si sia schierato, almeno formalmente, contro la divisione castale.

Al giorno d’oggi ogni discriminazione basata sulle caste è considerata illegale ed anche la stigma sociale verso le classi più basse e i dalit sta scomparendo, quindi il discorso si sta spostando dalla società alla sfera politica, rendendolo un argomento molto caldo durante le elezioni, sia nazionali che locali.
Chiaramente le varie fazioni politiche fanno a gara per mostrare il proprio interesse a migliorare le condizioni delle caste svantaggiate, ma i risultati pratici non sono poi così eclatanti.
Bisogna anche notare che l’argomento è davvero complicato, perfino contraddittorio, se si pensa che anche un genuino interesse verso le classi povere rappresenta comunque una forma di discriminazione.

Per ulteriori dettagli rimandiamo ad un post sull’argomento con alcuni dati tratti dal quotidiano The Times of India (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2016/04/le-quote-riservate-alle-classi.html).

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