giovedì 2 febbraio 2017

Il racconto Ek ashuddh beukuf

Ek ashuddh beukuf (Un finto stupido) è un racconto dello scrittore indiano Harishankar Parsai, dove l’autore, con la sua consueta ironia, descrive la sua abitudine a far finta di farsi prendere in giro da persone opportuniste e truffaldine.
Libera traduzione.

Far fare la figura dello stupido a qualcuno senza che questi se ne accorga è una cosa semplice, chiunque può farlo.
A me invece piace fare la figura dello stupido per finta, quando mi accorgo che le persone non mi stanno dicendo la verità; mi diverte e trovo sia una forma di pratica ascetica. Ed ormai sono abituato a divertirmi così.
Ma è un divertimento rischioso dal punto di vista mentale, per questo chi non è portato non gli conviene divertirsi in questo modo.
A loro rimangono due scelte: arrabbiarsi o fare la figura dello stupido per davvero.
Gli stupidi sono una benedizione divina per l’essere umano, metà del divertimento della vita non ci sarebbe se non esistessero gli stupidi.
Io sono un finto stupido e ho sempre voglia di divertirmi con quelli veri.

Ad esempio, il signore che se ne è appena andato dal mio studio, è una brava persona, ha un buon lavoro statale e, a quanto pare, compone anche opere di letteratura.
È venuto da me insieme ad un conoscente, che me lo ha presentato come poeta.
Per un’ora abbiamo parlato di poesia, di Tulsidas, Surdas, Galib ed altri.
Ma io sono un finto stupido e nonostante cercasse di compiacermi, avevo capito che non era venuto per parlare di letteratura, ma di qualcos’altro.
Così gli ho chiesto di recitarmi qualche suo componimento, visto che solitamente ai poeti piace farlo, ma lui sembrava imbarazzato e mi ha risposto “Io sono venuto da voi per ricevere quacosa”.
Io, ingenuamente, ho pensato che fosse venuto per la mia conoscenza di società e letteratura, così gli ho fatto i complimenti ma non ne sembrava compiaciuto, e per me questo era davvero molto strano.
Alla fine, alzandosi per andarsene mi ha detto “Al dipartimento mi stavano promuovendo, ma sembra esserci qualche ostacolo. Se voi poteste parlarne con il segretario, sono sicuro che si risolverebbe”.
Io gli ho risposto “Perché con il segretario? Ne parlerò direttamente con il ministro!”.
Per un’ora mi ha fatto fare la figura dello stupido, ma io sono un finto stupido...

Ecco un altro esempio: un giorno di Maggio, di pomeriggio, si presentò un signore. Faceva un caldo terribile ed i raggi del sole erano ancora alti nel cielo.
Pensai subito che gli fosse successo qualcosa di terribile per venire a trovarmi in un momento del genere.
Quel signore però, asciugandosi la fronte, iniziò a parlarmi del Vietnam e delle atrocità che stavano commettendo gli americani.
Ma io non sono mica Nixon!
Quello cercava di farmi passare per stupido, ma io avevo capito subito che in realtà non era preoccupato per il Vietnam.
Così mi tenne a parlare di politica per un’ora e nel momento di andarsene mi chiese “Potrebbe, per favore, darmi 10 rupie?”.
Io gliele diedi e per 10 rupie i problemi del Vietnam erano belli che finiti!

Un’altra volta venne a visitarmi un avvocato.
Sembrava arrabbiatissimo e mi disse “Ormai si è superato il limite! La Russia sta interferendo in Cecoslovacchia! Voi dovete subito fare un discorso!”.
Gli risposi “Ma io non sono mica il portavoce della Cecoslovacchia e nemmeno della Russia. Cosa può fare un mio discorso?”.
Ma quello continuava “Ma voi siete indiano, siete uno scrittore, un intellettuale! Dovete fare qualcosa!”.
“È vero che gli intellettuali fanno discorsi, ma anche loro possono sbagliare”.
“Volete dire che anche gli intelletuali sono disonesti?”.
“Certo! – gli risposi – Gli uomini sono onesti e disonesti, e gli intellettuali sono uomini... Ma ditemi, in questo momento siete preoccupato per la Cecoslovacchia? Il vostro partito sta già preparando gli slogan, inventatene uno anche voi ed il problema sarà risolto”.
“Il fatto è che io sono venuto da voi per un motivo particolare. Mio figlio ha mandato una richiesta d’ammissione all’università russa di Lumumba, se voi poteste parlarne con qualcuno a Delhi, verrà sicuramente selezionato”.
Io gli risposi “Questo sarebbe il motivo? Lei è preoccupato per la Cecoslovacchia, è arrabbiato con la Russia, ma vuole mandare suo figlio a studiare in Russia?”.
Quello si calmò un poco ed a me venne un attacco di compassione del finto stupido...
“Andate pure tranquillo! State certo che quello che posso fare per vostro figlio lo farò” e quello se ne andò.
Più tardi a ripensarci, mi feci delle gran risate, pensava che fossi uno stupido, ma sono un finto stupido.
E mi vennero in mente le parole del santo-poeta Kabir “Maya (il mondo inteso come illusione) è la più grande truffatrice”.

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