sabato 4 febbraio 2017

Il sistema di numerazione indiano nella lingua hindi

Seppur oggigiorno sia sempre più equiparato a quello internazionale, il sistema di numerazione indiano (in uso in India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka) presenta alcune peculiari caratteristiche.
Graficamente vengono utilizzati i caratteri arabi, mentre è molto raro l’uso di quelli dell’alfabeto devanagari, che comunque ricorda molto quello occidentale.

Anche i numeri da 1 a 10, grazie alla comune origine indoeuropea, presentano notevoli similitudini con lingue europee; confrontandoli con l’italiano, ad esempio, 2 e 3 si dicono do e tin, mentre 7, 8, 9, 10 sono rispettivamente saat, aat, no, das.
La composizione dei numerali da 11 a 100 può sembrare a prima vista completamente irregolare, quindi vanno memorizzati uno ad uno.
Il fatto è che, come avviene anche per i numeri italiani dall’11 al 16, nel sistema indiano le unità precedono le decine, ma a causa di complicati fenomeni fonetici, non esiste un pattern fisso, seppur sia possibile in alcuni casi “indovinare” la formazione.
Bisogna anche dire che la numerazione inglese, come quella italiana, è più semplice, quindi molto diffusa, e in realtà non esistono grossi problemi a comunicare i numeri nella lingua hindi.
I numerali ordinali si compongono invece aggiungendo il suffisso “uan” al cardinale, con alcune eccezioni, sei, ma solo nella prima decina, gli altri sono tutti regolari.

I numerali dal 101 al 999 si formano semplicemente precedendo 100 ed i suoi multipli al numerale: ad esempio, 210 sarà do so das, letteralmente, come in italiano, duecentodieci.

1.000 si dice hazar, parola d’origine persiana, e come con le centinaia, fino al 9.999, i numerali si formano aggiungendo i numeri ad hazar o ai suoi multipli.
Spesso però viene utilizzato anche un sistema di raggruppamento delle unità numeriche a due a due, così, ad esempio, 7.400 può essere letto saat hazar chaar so, settemilaquattrocento, ma anche choattar so, cioè settantaquattro-cento.
Questo secondo sistema è obbligatorio nella lettura delle date, per cui 2017, si dirà bis so sattarah, venti-cento-diciassette.

Avanzando nella numerazione, fino al 99.999, vengono usate le migliaia, ma salendo ulteriormente le unità numeriche non vengono più raggruppate a gruppi di tre ma di due, quindi le unità di riferimento non saranno i milioni, ma le centinaia di migliaia e le decine di milioni.
100.000 quindi si scrive 1.00.000 e si chiama lakh, 10.000.000 si scrive 1.00.00.000 e si chiama crore, mentre
1 milione si scrive 10.00.000, che si legge 10 lakh.
Il sistema non è difficile, ma richiede un minimo di pratica per essere assimilato, senza contare che queste cifre vengono utlizzate principalmente per riferirsi a somme di denaro, che in un contesto non-indiano bisogna ulteriormente calcolare anche in base al valore della valuta.
Quindi, quando si sente parlare, ad esempio, di 1 lakh di rupie, bisogna calcolare centomila rupie, diviso 72 (valore medio attuale della valuta), cioè 1.388 euro.

Il crore è invece simbolo di ricchezza, come il miliardo dei tempi della lira, o il milione di euro e dollaro, ed il termine crorepati viene quindi a sostituire quello di milionario, seppur in realtà al cambio internazionale, 1 crore di rupie equivalga a 138.888 euro.

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