giovedì 23 febbraio 2017

Breve cenno critico a Mohandas Gandhi

The face of Gandhi in old age—smiling, wearing glasses, and with a white sash over his right shoulderMohandas Gandhi (1869-1948), noto anche con il soprannome onorifico Mahatma, grande anima, è stato un attivista e politico indiano, considerato all’unanimità il Padre dell’India.
Indubbiamente fu una figura molto originale e carismatica, ma dopo la tragica morte, si è assistito ad un fenomeno di mitizzazione, che raramente offre una visione obiettiva dell’operato politico di Gandhi.
In particolare sono due i punti sui quali si potrebbe criticare e sminuire l’effettiva influenza di Gandhi, primo  il credito che gli viene attribuito come principale artefice dell’indipendenza indiana, che non rispecchia storicamente il quadro completo della questione, secondo l’insuccesso totale, purtroppo, della sua lunga battaglia per evitare che il subcontinente indiano venisse diviso su base religiosa.

Per quanto riguarda l’importanza di Gandhi nella lotta per l’indipendenza dai britannici, è doveroso sottolineare come la causa maggiore in realtà fu lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale che indebolì le superpotenze europee decretando di fatto la fine del colonialismo, non solo in India ma in tutto il pianeta.
Negli stessi anni in cui l’India ottenne la propria indipendenza molti altri paesi l’ottennero, senza produrre personaggi altisonanti come Gandhi, ma semplicemente sfruttando, a ragione a onor del vero, il nuovo quadro geopolitico mondiale.
Anche politicamente è certo che all’inizio della guerra, il Partito del Congresso di cui Gandhi fu leader dal 1921 ma non fu l’unico ad avere voce in capitolo, aveva già ottenuto dagli inglesi la promessa che avrebbero lasciato il paese in cambio dell’appoggio agli Alleati.
In India infatti vi erano 3 opinioni diffuse a riguardo: appoggiare i britannici e quindi gli Alleati, appoggiare le potenze dell’Asse in quanto nemiche degli inglesi ed ottenere l’indipendenza, e la neutralità, favorita da Gandhi, ma vanificata per gli estesi interessi britannici e l’effettivo ma sventato attacco giapponese nell’Aprile del 1944 al confine nord-orientale dell’India.
Il Movimento Quit India, inaugurato da Gandhi con un famoso discorso l’8 Agosto del 1942, e che viene considerato il caposaldo dell’indipendenza indiana e della politica gandhiana, ebbe quindi un effetto più simbolico che reale, senza contare che un’eventuale vittoria dell’Asse nella guerra avrebbe di nuovo decretato un periodo di occupazione straniera, probabilmente giapponese, rendendo inutili le battaglie politiche contro gli inglesi.
L’aver utilizzato la disobbedienza civile piuttosto che la violenza fu sicuramente una caratteristica positiva, seppur l’esteso utilizzo dello sciopero della fame, non può essere classificato come non-violento; anche se contro se stessi si tratta comunque di un atto di violenza.

L’insuccesso nel riuscire a mantenere unito il subcontinente indiano non si può certo attribuire ad errori o mancanze di Gandhi stesso, che si impegnò strenuamente verso questa che sarebbe stata probabilmente la soluzione migliore, come la storia seguente ha potuto dimostrare.
Intanto si sarebbero evitati gli spargimenti di sangue tra indù, mussulmani e sikh che caratterizzarono la divisione, nonché si sarebbero potuti risparmiare, ed investire in maniera più proficua, i capitali che India e Pakistan fin da allora sprecano per esercito ed armamenti.
Bisogna anche dire che il compito dell’avversario politico di Gandhi, Ali Jinnah, era decisamente più facile, considerando che per difetti intrinsechi nella natura umana è più semplice dividere che unire, ma bisogna considerare la questione come una cocente sconfitta della politica gandhiana.

Oltre a queste comunque leggere critiche, non tanto alle opere di Gandhi quanto alla loro interpretazione storica, alcuni dei pochi detrattori gli imputano un’ambigua posizione riguardo alle divisione castale e l’intoccabilità, da lui avversate, ma in qualche modo anche giustificate in ambito religioso.
Per questo motivo Gandhi stesso si scontrò politicamente più volte con Dr. Ambedkar, la cui posizione nella questione era di gran lunga più decisa (per ulteriori dettagli su questo importante personaggio http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2017/02/breve-cenno-al-dr-ambedkar.html).

Detto questo, non si può però parlare di un personaggio come Gandhi senza ricordare almeno alcune delle sue influenze positive che hanno aiutato effettivamente un paese che senza di lui avrebbe seriamente rischiato di cadere nell’anarchia e nel caos più totale.
Innanzitutto, l’apporto più importante della figura di Gandhi fu quello di creare una forte identità nazionale indiana, nonostante le infinite divisioni congenite all’interno della società.
Con un gran numero di etnie, lingue, religioni, caste, è davvero difficile immaginare come si sia riuscita a formare quest’identità che rende orgogliose di essere indiani persone tanto diverse.
Indubbiamente un altro grande merito di Gandhi fu anche quello di utilizzare e promulgare la non-violenza, principio che ha radici antichissime in India e che grazie a Gandhi ha assunto anche un reale valore politico.

Seppur, come già accennato, si possa criticare l’uso dello sciopero della fame, bisogna anche notare che sia sicuramente un mezzo più accettabile di quanto non siano attentati ed altri atti criminali.

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