venerdì 24 giugno 2016

Brevi cenni al sistema sanitario indiano

صولجان هرمس.pngDi seguito riportiamo due articoli sulla sanità indiana apparsi alcuni anni fa sul The Times of India.
Il primo era intitolato “It’s a privatized system anyway” (Ad ogni modo è un sistema privatizzato).

L’India ha, effettivamente, uno dei sistemi sanitari più privatizzati del mondo.
I dati della Banca Mondiale per il 2010, gli ultimi disponibili, mostrano che la percentuale della spesa pubblica riservata alla sanità in India era solo il 29,2% del totale, confronto ad una media mondiale di 62,8%.
Gli unici paesi per i quali erano disponibili i dati con una minor percentuale erano: Guinea Bissau, Guinea, Sierra Leone, Afghanistan, Myanmar, Azerbaijan, Haiti, Costa d’Avorio, Uganda, Georgia, Yemen, Chad e Tajikistan.
Non solo questa percentuale della spesa pubblica per la sanità in India è considerevolmente minore della media globale, ma non arriva neppur a sfiorare le media per i paesi dal reddito basso che è di 38,8%; perfino l’Africa sub-sahariana sta facendo meglio con il 45,3%.
A questo va aggiunto il cupo dato di quanto PIL viene riservato alla spese sanitarie in India: nel 2010 la media mondiale era di 10,4%; nei paesi più ricchi era del 12,9%; nei paesi dal reddito medio, di cui fa parte l’India, la media è di 5,7% e perfino nei paesi dal reddito basso era registrata al 5,3; in confronto a questi dati l’India spendeva un misero 4,1%.
Mettendoli insieme, questi due dati ci dicono che la spesa pubblica indiana per la sanità era equivalente a solo l’1,2%, contro una media mondiale del 6,5%, dell’8,4% per i paesi ricchi, il 3,0% dei paesi dal reddito medio e 2,1% dei paesi dal reddito basso.
Una volta di più l’Africa sub-sahariana, con una spesa pubblica sulla salute del 2,9%, fa meglio dell’India.
In breve, non solo l’India spende meno per la salute della maggior parte degli altri paesi, compresi quelli che sono significativamente più poveri, perfino quel poco che viene speso proviene soprattutto da fonti private.
Date queste circostanze, non sorprende che alcuni studi hanno dimostrato che le spese per la salute, insieme a quelle per i rituali, in particolare quelli funebri e i matrimoni, sono tra le ragioni maggiori del diffuso indebitamento delle famiglie indiane.

Altro interessante articolo riguardava invece gli ultimi dati sulla carenza di dottori e infermieri, intitolato “India has 76% shortfall in govt doctors” (L’India ha una carenza del 76% in dottori statali).
Una piccola tabella riportava il target minimo, l’attuale situazione e la percentuale di deficenza:
Dottori richiesti 109.484, numero attuale 26.329, carenza del 76%.
Dottori specialisti richiesti 58.352, numero attuale 6.935, carenza dell’88%.
Infermieri richiesti 138.623, numero attuale 65.344, carenza 53%.
Radiografi richiesti 14.588, numero attuale 2.221, carenza 85%.
Tecnici di laboratorio richiesti 80.308, numero attuale 16.208, carenza 80%.

I motivi di una tal drammatica situazione vanno fatti risalire in gran parte alle condizioni lavorative, a dir poco precarie, presenti negli ospedali e nei vari centri sanitari pubblici.
Ma causa non da poco è anche il diffuso menefreghismo, tipicamente indiano, verso poveri, bisognosi e malati.
In un paese dove la povertà e la disoccupazione sono problemi che portano alla fame, sorprende scoprire l’elevato numero di impieghi lasciati scoperti, come anche l’enorme sproporzione tra i numerosi iscritti ad università ingegneristiche, confronto alla scarsità di studenti iscritti a corsi di medicina.
Non solo, ma la maggior parti dei neodottori, appena in posesso delle preziose riconoscenze accademiche, non perdono tempo per lasciare l’India, dove le condizioni del lavoro sono difficili, le carriere lente e le paghe “magre”, per emigrare verso paesi stranieri: dagli Stati Uniti, all’Inghilterra, dall’Arabia, alla Malesia, ovunque basta non lavorare in India.
Per frenare questa fuga di dottoruncoli, si è mosso addirittura il solitamente macchinoso Governo Indiano che ha dovuto recentemente erogare delle Leggi che obbligano i neodottori a spendere almeno 3 anni di tirocinio sul suolo natio.

Questi dati agghiaccianti purtroppo non riguardano solo la sanità ma anche l’istruzione, con un’elevatissima carenza di insegnanti a tutti i livelli, ma per riportare dati precisi aspettiamo di leggere, in futuro, qualche interessante articolo sul fidato The Times of India.

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