Khajuraho è una cittadina di poco più di 20.000 abitanti, sperduta
nella zona centro meridionale dell’immensa pianura gangetica.
Nonostante la posizione remota, Khajuraho è piuttosto
famosa nei circuiti turistici internazionali per la presenza di alcuni pregevoli
templi indù e jaina costruiti circa un migliaio di anni fa, grossomodo tra il
950 ed il 1050, e protetti dall’UNESCO.
Al giorno d’oggi ne sono rimasti una ventina in discrete e
buone condizioni di conservazione, divisi in tre gruppi: occidentale, orientale
e meridionale.
Il primo gruppo di templi, tutti indù, è ospitato
all’interno di un grande e curato giardino, ed è sicuramente il più importante
per la presenza di alcuni edifici particolarmente belli e ben conservati.
Il gruppo orientale è formato da 4 tempi indù e 4 jaina,
mentre del gruppo meridionale fanno parte solo due templi indù, tra gli ultimi
costruiti nella zona.
Oltre all’aspetto prettamente artistico, di cui vedremo più
avanti, i templi di Khajuraho offrono interessanti spunti storici ed alcune
questioni non del tutto chiarite.
Le poche notizie certe riguardano gli autori, cioè la
dinastia Chandela che regnò nell’area tra il IX ed il XIII secolo, e le date di
costruzione, come già accennato tutte attorno al X-XI secolo.
Questo richiese uno sforzo finanziario e tecnico notevole,
a cui aggiungere sicuramente una abbondante manodopera per completare così
tanti ed elaborati edifici in così poco tempo, ed è quindi lecito chiedersi
perché sia stato scelto un anonimo paesino come Khajuraho, visto che la
capitale della dinastia Chandela si trovava a Mahoba a circa 60 chilometri, una
distanza a quei tempi considerevole.
La collocazione inusuale risultò comunque piuttosto utile
per sfuggire, almeno inizialmente, alle attenzioni dei potenti e distruttivi
invasori mussulmani, i quali, dopo un infruttuoso raid nel lontano 1022, non si
occuparono più di quest’area fino al XIII secolo quando il Sultano di Delhi
attaccò e sconfisse la dinastia Chandela.
Nonostante i successivi sovrani i mussulmani che regnarono
sull’India spesso intrapresero vere e proprie campagne di distruzione di templi
indù, la posizione remota e la scarsa importanza di un anonimo paesino come
Khajuraho fecero sì che, escludendo alcuni danni durante un raid di Sikandar
Lodi nel 1495, questi templi sfuggirono alla completa distruzione, furono
inghiottiti dalla vegetazione circostante e riscoperti dagli inglesi intorno al
1830.
Costruiti principalmente in arenaria su basamenti in
granito, i templi di Khajuraho sono ottimi esempi del predominante stile
architettonico indiano nagara e sono particolarmente pregevoli per le
equilibrate dimensioni delle shikara, torri, e per le numerose sculture
e decorazioni che ne adornano gli esterni.
In particolare questi templi sono famosi per alcune scene
erotiche che rivaleggiano per audacia e maestria con le altrettanto note
rappresentazioni scolpite sulle travi di molti templi indù nepalesi.
In realtà le scene erotiche dei templi di Khajuraho
rappresentano solo circa il 10% delle sculture, in quanto queste raffigurano
vari aspetti della vita del tempo, tra i quali anche il sesso, non solo quello.
La spregiudicatezza con cui i sovrani Chandela decisero di
adornare i loro templi, potrebbe anche essere un motivo della scelta di un
luogo ameno come Khajuraho, invece della loro capitale Mahoba.
Pur non cedendo al fin troppo facile luogo comune per cui
il sesso sia la forza maggiore, bisogna però dare credito a questa dinastia
nell’essere riuscita, con notevole audacia, a seguire principi tantrici, allora
in pieno sviluppo, considerando il sesso alla stregua degli altri aspetti
piacevoli della vita materiale, non in contrapposizione a quella spirituale ma
ad essa complementari.
Piuttosto inusuale ma altrettanto ammirevole, è stata anche
la decisione di erigere templi indù di varie sette nonché templi jainisti.
Seppure il jainismo possa essere considerato, come del
resto anche il buddismo ed il sikhismo, una branchia o una costola
dell’induismo, la nota tolleranza di entrambe ha permesso al jainismo di
fiorire anche senza essere la religione dei regnanti di turno.
Lo stesso avvenne ad esempio anche in numerosi luoghi di
culto buddisti (http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/search/label/Luoghi%20sacri%20buddisti)
dove i pur meno numerosi jaina riuscirono spesso a ricavarsi i propri spazi.
Oggigiorno Khajuraho è fondamentalmente un agglomerato di
alberghi e ristoranti, ma grazie alla posizione remota, il suo sviluppo è
alquanto limitato e rararmente viene presa d’assalto come può capitare molto
più spesso, per esempio, ad alcune delle più note mete turistiche vicino alla capitale
Delhi.
Le strade del Madhya Pradesh sono ancora piuttosto
disastrate e comunque i centri abitati di medie-grandi dimensioni sono lontani;
i collegamenti ferroviari con la piccola stazione piuttosto scomodi, a parte un
recente treno che collega Khajuraho con la sacra e ben più frequentata
Varanasi; i pochi aerei che collegano il minuscolo aereoporto con Delhi sono in
servizio solo durante l’alta stagione.
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