Primo piano di un gipeto |
In India sono presenti ben nove specie di avvoltoi, dei
quali cinque appartengono al genere gyps, bengalensis, himalayanensis,
fulvus, indicus e tenuirostris, mentre gli altri appartengono a generi
differenti, il sarcogyps calvus, il neophron percnopterus, il gypetus
barbatus e l’aegypius monachus.
In italiano, i loro probabilmente più noti e diffusi nomi
sono rispettivamente: grifone dorsobianco del Bengala, grifone dell’Himalaya,
grifone, grifone indiano, avvoltoio beccosottile, avvoltoio calvo, capovaccaio,
gipeto ed avvoltoio monaco.
Purtroppo dai primi anni ’90, nel subcontinente indiano, si
è verificato un drastico declino che ha ridotto molte specie sull’orlo
dell’estinzione.
La causa è stata individuata nell’uso del diclofenac, un
comune antinfiammatorio utilizzato sia per gli esseri umani, ma soprattutto per
i bovini, alimento principale degli avvoltoi, per i quali è velenosissimo.
A seguito di questa scoperta, India, Pakistan e Nepal nel
2006 hanno bandito l’uso del diclofenac, sostituendolo con l’equivalente
meloxican, completamente innocuo per gli avvoltoi.
Purtroppo però i risultati scarsano ad arrivare e, seppur
il declino sia passato da un meno 80-99% all’anno a circa il meno 20-40%, pare
che per riattestare i livelli a quelli precedenti bisognerà aspettare alcune
decine d’anni.
Oltretutto, col passare del tempo e quindi un maggior
sviluppo ed inurbamento dell’India, anche le condizioni ottimali per gli
avvoltoi di una trentina di anni fa stanno decisamente diminuendo.
Il più grande centro di macellazione di Delhi a quei tempi
era in grado di attirare qualcosa come 15 mila avvoltoi che si occupavano di
smaltire le carcasse e, seppur il sistema fosse piuttosto efficiente, c’è da
aspettarsi che oggigiorno ne venga usato qualcuno più moderno.
Tra le varie specie di avvoltoi, non tutte hanno subito lo
stesso declino drammatico, che ha colpito in particolare gli avvoltoi del
genere gyps; il bengalensis, l’indicus
ed il tenuirostris, per esempio, hanno raggiunto livelli intorno al 97-98%,
mentre l’hymalayensis ed il fulvus sono stati meno colpiti poiché il primo vive
soprattutto in montagna (dove la dieta degli avvoltoi non è limitata solo ai
bovini come nelle pianure), mentre il secondo trascorre in India solo
l’inverno.
Al momento, secondo la classificazione dell’IUCN
(International Union for Conservation of Nature), delle 9 specie indiane ben 4
sono in pericolo critico (il grifone dorsobianco del Bengala, il grifone
indiano, l’avvoltoio beccosottile e l’avvoltoio calvo) a due soli gradini
dall’estinzione secondo la scala a 7 livelli dell’IUCN.
Il capovaccaio si trova invece un gradino più su, in
pericolo non critico, senza contare che al di fuori dell’India ne esistono
altre due sottospecie con ampi areali in Asia, Africa e perfino Europa (in
Spagna), tanto che il nome inglese è egyptian vulture.
Quindi il grifone dell’Himalaya, il gipeto e l’avvoltoio
monaco in India sono considerati vicino alla minaccia cioè al secondo gradino
più alto, lasciando il solo grifone a rischio minimo.
Questo improvviso calo di grandi animali necrofagi ha avuto
numerose conseguenze, tra cui il proliferare di topi, cani, corvi e nibbi, che
però non sono efficienti consumatori di cadaveri come gli avvoltoi.
Questi infatti rappresentano il vicolo cieco di molti
agenti patogeni, che vengono distrutti dall’eccezionalmente corrosivo acido
dello stomaco, mentre topi e cani possono diventare portatori di numerose
malattie gravissime come ad esempio la rabbia e l’antrace.
Anche la piccola ma influente comunità zoroastriana indiana
(http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/09/il-zoroastrismo-in-india.html)
è stata toccata da questo improvviso calo di avvoltoi, a causa dei loro
particolari riti funebri che prevedono che il cadavere del defunto venga posto
in appositi edifici circolari, chiamati Torri del Silenzio, dove vengono
consumati appunto da numerosi avvoltoi appollaiati nei paraggi.
Nonostante il numero esiguo e sempre calante degli
appartenenti allo zoroastrismo, questa tradizione era ancora molto diffusa fino
agli anni ’90, in particolare su una collina di un quartiere benestante di
Mumbai, dove abita una folta comunità zoroastriana, sulla cima della quale si
trova un grande parco alberato dove vi sono ben 3 torri del silenzio.
Prima del drastico declino degli avvoltoi, in media un
cadavere veniva consumato in circa due giorni, rendendo eventuali rischi
igienico-sanitari minimi, ma con l’assenza dei grandi volatili necrofagi, i
tempi si sono allungati fino ad addirittura 5-6 mesi.
Alcuni zoroastriani stanno lentamente iniziando a
seppellire o bruciare i corpi, altri invece hanno proposto di allevare alcuni
avvoltoi per utilizzarli in caso di necessità.
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