mercoledì 16 novembre 2016

La cittadina di Ayodhya

Panoramica dell'area del Naya Ghat
Ayodhya è una cittadina sacra indiana di circa 60.000 abitanti, situata nello stato dell’Uttar Pradesh, lungo

le sponde del fiume Sarayu.
La sacralità le è data dall’essere considerata il luogo natale del dio Rama, sesta incarnazione di Vishnu, e la capitale del suo regno.
Storicamente, Ayodhya era già un centro urbano di una certa importanza durante il periodo delle Mahajanapada, repubbliche oligarchiche che regnarono sul nord dell’India dal VI al IV secolo a.C. e mantenne un ruolo prominente nell’area circostante fino alle prime invasioni mussulmane.
Che culminarono tragicamente sotto il primo imperatore Moghul, Babur, che distrusse il tempio indù edificato sul luogo di nascita di Rama, per costruirvi sopra una moschea.

Successivamente Ayodhya perse parte della sua importanza religiosa, seppur vennero fatti dei tentativi da parte degli indù di riprendere possesso dell’area sacra della città, rendendola un luogo molto caldo nelle relazioni conflittuali tra indù e mussulmani.
Tensioni che purtroppo aumentarono nel 1992 quando un raduno politico della destra nazionalista indù degenerò fino alla distruzione della moschea Babri Masjid per installarvi un’immagine del dio Rama.
Questo scatenò scontri tra le due fazioni in tutta l’India, che causeranno la morte di circa 2.000 persone, di cui quasi la metà nella città di Mumbai.
Per cercare di trovare una soluzione tollerabile, nel 2003 vennero compiuti degli scavi, per verificare l’effettiva pre-esistenza di un tempio indù sul luogo dove sorgeva la moschea, e seppur i risultati non furono del tutto conclusivi permisero alla Corte Suprema di Allahabad di emettere un verdetto nel 2010, col quale l’area venne legalmente divisa in tre parti: una ad un’organizzazione mussulmana, una all’associazione indù per le promozione del culto di Rama ed una ad un’altra associazione indù che reclamava l’originale possesso dell’area.

Panoramica dell'area del Naya Ghat
Per il momento le tensioni sembrano essersi assopite, anche perché, nonostante il verdetto apparentemente favorevole, le associazioni indù non hanno ancora ricevuto il permesso di costruire un tempio e promuovere religiosamente l’area, proprio per non esacerbare gli animi dei mussulmani, già indispettiti dalla soluzione a loro sfavorevole.
Bisogna anche ricordare che effettivamente la moschea era stata da tempo quasi disertata e non veniva utilizzata per il culto, mentre gli indù continuavano a venerare, moderatamente, una collinetta di fango, dove si ritiene sia nato Rama.
Probabilmente con il tempo ed una accorta diplomazia, l’area sarebbe di nuovo rientrata sotto l’influenza induista, ma l’occasione venne sfruttata a scopi politici per rivitalizzare i partiti della destra nazionalista indù, che in effetti riuscirono almeno in parte nel loro intento.
Pare infatti che il piano di distruggere la Babri Masjid fosse noto alle autorità da mesi, ma il Partito del Congresso, al tempo al governo, decise di non intervenire, sicuro di guadagnare dall’ondata di sdegno nei confronti degli avversari, che invece fu molto affievolita.
Bisogna ricordare che i mussulmani rappresentano solo il 14% degli indiani, mentre gli indù sono circa l’80%.

Al giorno d’oggi Ayodhya è una tipica cittadina sacra indiana, situata in una zona fortemente depressa e sovrappopolata, quindi risulta alquanto caotica, sporca ed arretrata.
Seppur molti dei numerosi templi siano in cattive condizioni, le numerose guglie che svettano sopra le case danno un gradevole tocco alla città, soprattutto nell’area del Naya Ghat, dove si trovano delle interessanti scalinate per accedere alle acque di un braccio del fiume Sarayu.
Qui, secondo la leggenda, il dio Rama lasciò il proprio corpo, immergendosi nel fiume, e nei pressi si trova un antico tempio dedicato a Nageshwarnath, Shiva Signore dei Serpenti, che, sempre secondo la leggenda, venne fatto costurire da Kush, uno dei due figli di Rama.

Tipici vicoli di Ayodhya
Tra i templi, il più visitato è sicuramente l’imponente Hanuman Garhi, costruito su una collinetta al centro della città.
Dotato di possenti mura che gli danno l’aspetto di una piccola fortezza, è dedicato al dio scimmia Hanuman, devoto di Rama per eccellenza, che pare abbia vissuto in una grotta situata in questo posto, mentre faceva la guardia al luogo di nascita di Rama che si trova non molto lontano.

Il Ram Janam Bhumi, il luogo di nascita di Rama, detto anche Ram Kot, è un luogo sicuramente interessante, sia da un punto di vista religioso quanto storico-sociale, anche se in realtà non c’è quasi nulla da vedere.
La militarizzazione dell’area è fortissima, seppur non si respiri un’aria pesante, anzi, al di fuori dei giorni di festa, la visita risulta essere particolarmente tranquilla e ben organizzata.
All’interno non è permesso portare nulla, a parte soldi, chiavi e un pacchetto di offerte, quindi bisogna lasciare i propri averi in una stanza poco lontano, dove verranno conservati per poche rupie.
Superata la prima accurata perquisizione, si prosegue per una cinquantina di metri, fino ad un secondo posto di controllo, dopo il quale il percorso si snoda all’interno di una gabbia di metallo, che passa tra anonime costruzioni in rovina, si viene perquisiti minuziosamente altre due volte, fino a trovarsi a pochi metri da una montagnetta sulla quale si trova una tenda che ospita una piccola statua di marmo di Rama bambino, che marca il luogo di nascita della divinità.
Dopo aver porto un veloce saluto al dio e lasciate alcune rupie nelle urne apposite, ci si avvicina al sacerdote per dargli le offerte, che vengono restituite santificate, e si riprende il lungo percorso all’interno della gabbia fino a ricongiungersi con la strada dalla quale si era arrivati.

Il tutto circondati da poliziotti e militari muniti di kalashnikov e mitragliette, oltre che di pistole, altri fucili e lunghi bastoni, che vengono usati solo per allontanare le scimmie più curiose tra la moltitudine di quelle che, come in tutta Ayodhya, in barba a precetti religiosi e leggi laiche scorazzano e defecano indisturbate un po’ ovunque.

Nessun commento:

Posta un commento