Cromolitografia della pianta del coriandolo |
Com’è noto l’India, grazie a particolari condizioni
climatiche, produce una grande quantità e varietà di spezie, pari addirittura a
circa il 75% del totale mondiale.
Al 2013 era al primo posto per la produzione di
peperoncino, zenzero, tamarindo, finocchio, curcuma, coriandolo, aneto, cumino
e fieno greco ed al secondo per pepe nero, cardamomo e zafferano.
Iniziando da un ingrediente che potremmo definire
primordiale, il sale, l’India riesce a distinguersi anche per la produzione e
diffusione di una diversa tipologia, chiamata kala namak (sale nero, da kala, nero, e namak, sale).
Originariamente veniva prodotto dall’halite (o salgemma)
estratto da miniere sparse un po’ in tutto il nord del subcontinente indiano,
mentre più recentemente viene prodotto industrialmente creando un composto a
base di cloruro di sodio (il comune sale da cucina) ed altri elementi chimici:
solfato di sodio, idrogenosolfato o bisolfato di sodio, solfuro di sodio,
solfuro ferroso e acido solfidrico.
Si presenta sotto forma di grandi cristalli di vario
colore, dal marroncino-rosa al viola scuro, mentre una volta sbriciolato per
essere consumato, assume una tonalità rosata.
Spesso nei mercati è disponibile anche una tipologia di
colore più chiaro, a minor prezzo e quindi di qualità inferiore.
Il suo sapore è pungente e non proprio gradevole ad un
palato non avvezzo, a causa della presenza di elementi sulfurei, in particolare
l’acido solfidrico dal distintivo aroma di uova marce.
Nel subcontinente, tuttavia, questo sale è molto apprezzato
per condire chaat (speziati snack
venduti su onnipresenti bancarelle), la verdura fresca (ottimo con i cetrioli),
ma anche la frutta (ad esempio la papaia e la guava).
Venendo ai sapori dei soffritti indiani, questi prevedono
la presenza, massiccia e costante, di aromi quali cumino, erba del vescovo,
aglio, zenzero, peperoncino, coriandolo e curcuma.
I semi di cumino presenti pressoché in ogni piatto indiano,
vengono abbrustoliti con un po’ d’olio, per donare alle pietanze un piacevole
sapore leggermente salato, amarognolo e “campestre”.
Anche i semi di erba del vescovo, carum ajowan, simili al cumino ma più piccoli, vengono saltati
talvolta nei soffritti ed hanno un piacevole sapore molto simile al timo
Gli spicchi dell’aglio indiano sono di solito molto
piccoli, in certi periodi di poco superiori alle dimensioni dei pinoli, per
cui, data l’eccessiva laboriosità nel pelarli e la quantità industriale
necessaria, vengono spesso cucinati con la buccia.
Lo zenzero indiano è più piccolo, ramificato e bitorzoluto
di quello cinese o del sud-est asiatico, spesso reperibili sui mercati
italiani, ma è anche molto più saporito.
Il peperoncino cambia leggermente dimensioni in base alle
stagioni e più sono grandi meno sono piccanti.
Talvolta sul mercato è presente una cultivar di peperoncini
verdi piccoli e tondeggianti che sono molto potenti ma anche gustosi: se si
riesce ad andare oltre al piccante è distintivo il gusto di peperone.
Il coriandolo viene utilizzato in varie forme: fresco, in
polvere e in semi.
Il coriandolo fresco corrisponde vagamente, per uso ed
aroma, al mediterraneo prezzemolo, seppur il suo sapore sia decisamente più
forte, soprattutto da crudo, e non sempre palatabile per i gusti occidentali.
Il coriandolo in polvere, ottenuto dalle foglie essiccate,
ha un gusto molto leggero quasi impercettibile, soprattutto dopo cottura,
mentre i semi sono più saporiti e si trovano spesso all’interno di ripieni di
verdure.
Altro elemento quasi sempre presente nei piatti indiani è
la polvere di curcuma, che per aspetto e gusto viene considerata una versione
economica dello zafferano, il quale è invece rarissimo proprio a causa
dell’elevato prezzo.
Il sapore della polvere di curcuma è volatile ma
distintivo, come anche il suo gradevole odore dolciastro, e viene spesso
utilizzato come colorante per donare ai piatti una piacevole tonalità giallina.
Una volta preparato il soffritto, già piuttosto saporito
grazie ai succitati ingredienti, inizia il turno delle spezie che vengono
solitamente polverizzate per creare delle misture, chiamate in hindi masala, che sono alla base di quasi
tutte le ricette indiane, soprattutto i noti curry, che in India vengono
chiamati appunto masala.
Chiaramente vi sono delle eccezioni: oltre a vari piatti
che prevedono un particolare utilizzo di qualche spezia, nella cucina delle
zone di montagna, come anche in quella nepalese, molto simile a quella indiana,
data la minor disponibilità di materie prime spesso le spezie vengono
utilizzate “intere” e non è raro trovare tra le verdure chicchi di pepe,
capsule di cardamomo, scaglie di cannella e chiodi di garofano.
Le misture di spezie, fino a non molto tempo fa, venivano
preparate personalmente da cuochi e casalinghe, ma oggigiorno è sempre più
diffuso utilizzare masala già pronti, sia venduti sfusi che confezionati
industrialmente.
A causa del fatto che gli alimenti in India vengono spesso
adulterati con varie sostanze, talvolta perfino nocive, le economiche misture
di spezie sfuse, che si prestano facilmente ad essere alterate, stanno perdendo
sempre più campo a favore di quelle confezionate industrialmente che seguono
dei controlli più rigidi, o almeno qualche tipo di controllo, e offrono quindi
miglior qualità, ad un prezzo superiore ma sempre molto contenuto.
Una confezione di polvere da 50 grammi costa tra le 20 e le
40 rupie, circa mezzo euro (ma esistono anche confezioni più piccole quasi
monodose), e viene di solito utilizzata nella misura di un cucchiaino per ogni
porzione.
Per i dettagli sugli ingredienti, rimandiamo alla II parte
di questo post dedicato ad aromi e spezie.
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