Litografia dei ghat di Varanasi di James Princep (1832) |
Sebbene la nozione che Varanasi sia una delle città più
antiche al mondo sia solo parzialmente vera, in un’eventuale classifica si
troverebbe intorno alla trentesima posizione, è pur certo che può vantare un
lungo e ricco passato.
La complessità della sua storia può essere esemplificata da
un’apparentemente semplice questione come quella del nome, che invece si
presenta piuttosto articolata.
Gli scavi archeologici più antichi risalgono a circa il XII
secolo a.C., seppur sia possibile che l’area fosse precedentemente abitata da
gruppi tribali che trovarono le condizioni favorevoli per stabilirvi i primi
insediamenti.
Grazie a queste infatti, già nel VI secolo a.C., la città
era la capitale di una delle più potenti Mahajanapada, un gruppo di sedici
repubbliche oligarchiche che regnarono su gran parte del nord dell’India fino
al IV secolo a.C..
In questo periodo veniva chiamata Kashi, la cui etimologia
può essere fatta risalire a due origini piuttosto distinte.
Nel primo caso Kashi deriva dal nome di una delle prime
dinastie, chiamata Kasha, termine a sua volta derivante dalla diffusa ed utile
erba kasha, che in quest’area cresce abbondantemente ancora oggi sulle
sponde del fiume Gange.
La seconda interpretazione, leggermente più sofisticata ma
non per questo necessariemente la più veritiera, prende origine dalla radice
sanscrita kash, che signfica brillare, e riferito alla città assume un
senso di “illuminata”.
Oggigiorno il termine Kashi viene considerato di gran lunga
il più sacro ed al quale si fa riferimento non solo in molti testi religiosi,
ma anche parlando con asceti e devoti indù in genere.
Viene anche utilizzato per descrivere gli abitanti nati in
famiglie originali della città, detti kashivasi (dalla radice sanscrita vas,
abitare).
Sempre in base alle caratteristiche religiose della città,
in alcuni testi sacri più recenti, Varanasi viene nominata in vari modi, di cui
almeno quattro meritano una menzione.
Avimukta letteralmente significa Mai abbandonata, inteso
dal dio Shiva, il quale notoriamente nutre una forte predilezione verso questa
città.
Tanto che, infatti, un altro suo appellativo piuttosto
comune è Rudravasa, che molto semplicemente significa Dove vive Shiva, da Rudra,
uno dei più comuni nomi di Shiva, e vasa, la già citata radice sanscrita
vas, abitare.
Col termine Anandavana, La foresta della beatitudine (ananda,
beatitudine e van, foresta), ci si riferisce invece all’antico passato
quando la zona situata presso il Gange era una verdeggiante foresta, ricca di
sorgenti e corsi d’acqua.
Mahasmashan vuol dire Il grande campo crematorio (maha,
grande, smashan, campo crematorio) ed è legato al noto attributo della
città di essere un luogo estremamente propizio dove morire, essere cremati ed
avere le proprie ceneri disperse nel sacro Gange.
Lasciando da parte questi aspetti religioso-culturali, la
vera questione del nome della città sta nel fatto che oggigiorno viene chiamata
in due modi: Varanasi e Benares, in cui il secondo è in realtà una storpiatura
del primo.
Varanasi è il nome ufficiale, dal 1956, come compare su
documenti e mappe, ed è usato in prevalenza dagli stranieri, mentre Benares è
il nome precedente ma col quale viene ancora chiamata dagli indiani.
Il termine Varanasi ha due possibili origini etimologiche,
legate entrambe al fiume Varuna, che qui si immette nel Gange.
L’etimologia più probabile deriva dall’originale nome di
questo affluente attribuitogli nei più antichi riferimenti letterari, cioè
Varanasi appunto, e non Varuna o Varana come è stato chiamato più recentemente.
Stando invece alle più moderne interpretazioni, Varanasi
deriva dall’unione dei nomi dei due fiumi che delimitano i 7 chilometri di
Gange sul quale si affaccia la città, cioè il già citato Varuna a nord ed il
torrente Assi a sud.
Sebbene questa versione sia probabilmente apocrifa, è pur
vero che quest’area rappresenta storicamente la part più sacra della città, i
cui confini sono appunto segnati da questi due corsi d’acqua.
Il termine Benares (ma anche Banares) deriva dalla versione
in lingua pali di Varanasi, cioè Baranasi, così come appare nella letteratura
sacra del buddismo, che tiene questo luogo in alta considerazione visto che il
Buddha promulgò il suo primo sermone dopo l’illuminazione nella vicina
cittadina di Sarnath.
Sparita nei secoli la “i” finale e per rendere più pratica
la pronuncia, il nome divenne quindi Banaras e successivamente, durante le
dominazioni straniere, prima mussulmane poi inglesi, Benares.
Le piccole differenze tra Banaras, Banares e Benares sono
essenzialmente dovute, oltre a noti limiti linguistici per una precisa
traslitterazione, alla differente pronuncia dell’alfabeto devanagari che
prevede una vocale inerente (in questo caso nella prima e nell’ultima sillaba),
che si esprime con un suono simile ad una via di mezzo tra un “a” breve e una
“e” chiusa.
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