sabato 14 maggio 2016

La Banaras Hindu University

Itbhu front.jpgLa Banaras Hindu University fu fondata nel 1916 da Pandit Madan Mohan Malviya, un attivista indù, con lo scopo di preservare e promuovere la cultura e le tradizioni induiste, delle quali la città santa di Varanasi  (chiamata anche Benares o Banaras) ne è da sempre ritenuta la capitale.
Dato l’iniziale successo, dovuto in gran parte a generosi aiuti finanziari privati, l’istituto crebbe molto rapidamente, come anche il suo grande e verdeggiante campus, e al giorno d’oggi è una delle università asiatiche col maggior numero di iscritti.
Questo in gran parte grazie alla buona nomea accademica che si è fatta nel corso degli anni seppur, recentemente, con la fondazione di nuove università, anche private, la BHU (noto acronimo per l’istituto) ha perso parte dei suoi primati e, oggigiorno, le uniche facoltà che eccellono, per altro solo a livello nazionale, sono Medicina e Arti Figurate.

La causa è dovuta al fatto che la qualità dell’istruzione impartita varia enormemente tra le varie facoltà, i singoli dipartimenti all’interno di esse, i corsi e, non ultimo in ordine d’importanza, i professori.
Ad esempio, come già accennato, la Facoltà di Medicina è ancora oggi una delle migliori del paese, grazie al fatto che riceve annualmente sovvenzioni speciali dal Governo Centrale di Delhi, addirittura, pare, dall’Ufficio dello stesso Presidente della Repubblica, per cui l’insegnamento impartito risulta essere di buona qualità.
La sezione cittadina del The Times of India riporta spesso piccole nuove scoperte provenienti dai discreti laboratori della facoltà, senza dimenticare che la stessa gestisce uno dei migliori ospedali della città.

Di tutt’altro livello sono invece la maggior parte dei corsi dedicati alle lingue che non sembrano godere di particolare attenzione da parte dei professori, i quali tendono ad essere poco interessati alle lezioni.
La nostra personale esperienza quinquennale al Dipartimento di Hindi, uno dei più frequentati dagli studenti stranieri, e biennale presso il Dipartimento di Nepali, la riassumiamo spesso con queste poche semplici ma purtroppo veritiere parole “I professori non vengono mai”.
A questo vanno aggiunte le numerose festività che riempiono il calendario indiano e che a Varanasi, città sacra per eccellenza, vengono osservate tutte molto piamente e in certi periodi cadono festività praticamente ogni settimana.
Addirittura, in passato, l’acronimo BHU veniva ironicamente tradotto Banaras Holiday University, di per sé indicativo sulla serietà dell’istituto e seppur negli ultimi anni siano state ridotte, ciò è avvenuto semplicemente perché è stato aggiunto il Sabato come secondo giorno festivo settimanale.

Certo quest’attitudine molto rilassata favorisce un’atmosfera completamente “stress-free” e i professori, nonostante la scarsa voglia di insegnare, sono quasi sempre gentili, affabili e simpatici, seppur questo non aiuti molto un serio apprendimento.
I corsi oltretutto sono anche ben strutturati, gli esami non semplici e giudicati piuttosto severamente, quindi sarebbe sia interessante che utile se qualcuno si degnasse anche di spiegarli.
Ovviamente i professori a capo dei singoli corsi, in prossimità degli esami, cercano di aiutare a risolvere eventuali problemi e lacune, ma il lavoro e la responsabilità cadono esclusivamente sulle spalle degli studenti.
Che di per sé non è sbagliato, visto che si tratta di corsi universitari, ma spesso si fa molta fatica perfino ad ottenere i testi su cui studiare, che nella maggior parte dei casi sono composti da sbiadite fotocopie degli anni precedenti che vengono tramandate da studenti e professori come reliquie storiche.
E non sono rari i casi in cui, pochi giorni prima dell’esame, spunti del nuovo materiale che i professori avevano dimenticato o che semplicemente ignoravano; fenomeno che accade con costanza sia nel Dipartimento di Hindi che in quello di Filosofie Orientali.

C’è da dire che almeno gli studenti stranieri, rispetto agli indiani, non hanno grossi problemi riguardo l’ammissione visto che il numero dei posti disponibili per loro in ogni corso è quasi sempre maggiore di quello degli aspiranti (in media una ventina di posti e solo 4-5 studenti), per cui non è richiesto nessun esame d’ammissione, la quale si ottiene invece attraverso lunghe, complicate ed estenuanti pratiche burocratiche.
Al contrario, gli studenti indiani sono sottoposti a test d’entrata estremamente selettivi: nel 2013 agli esami d’ammissione per gli ambitissimi corsi di medicina hanno partecipato circa 50.000 aspiranti per soli 84 posti disponibili.

Oltre all’aspetto accademico, il campus della BHU è molto popolare tra gli abitanti della città per alcuni validi motivi.
Intanto, come già accennato, la presenza del miglior ospedale della città, secondo, il moderno tempio di Kashi Vshwanath, costruito sullo stile originale del tempio che si trovava in centro città e fu distrutto dagli invasori mussulmani.
Il museo dell’università non risulta particolarmente interessante, a causa della scarsa manutenzione e delle anonime collezioni, a parte alcune antiche sculture rinvenute nella zona.

Probabilmente l’attrazione principale è il campus stesso: seppur un paio di arterie possano essere piuttosto trafficate, poiché vengono utilizzate per connettere la periferia con il centro città, la maggior parte dei viali sono piuttosto tranquilli in un contesto molto verdeggiante, tanto da poter essere considerato anche un interessante spot per il birdwatching.

Nessun commento:

Posta un commento