La Banaras Hindu University fu fondata
nel 1916 da Pandit Madan Mohan Malviya, un
attivista indù, con lo scopo di preservare e promuovere la cultura e le
tradizioni induiste, delle quali la città santa di Varanasi (chiamata anche Benares o Banaras) ne è da
sempre ritenuta la capitale.
Dato l’iniziale successo, dovuto in
gran parte a generosi aiuti finanziari privati, l’istituto crebbe molto
rapidamente, come anche il suo grande e verdeggiante campus, e al giorno d’oggi
è una delle università asiatiche col maggior numero di iscritti.
Questo in gran parte grazie alla buona
nomea accademica che si è fatta nel corso degli anni seppur, recentemente, con
la fondazione di nuove università, anche private, la BHU (noto acronimo per
l’istituto) ha perso parte dei suoi primati e, oggigiorno, le uniche facoltà
che eccellono, per altro solo a livello nazionale, sono Medicina e Arti Figurate.
La causa è dovuta al fatto che la
qualità dell’istruzione impartita varia enormemente tra le varie facoltà, i
singoli dipartimenti all’interno di esse, i corsi e, non ultimo in ordine d’importanza,
i professori.
Ad esempio, come già accennato, la
Facoltà di Medicina è ancora oggi una delle migliori del paese, grazie al fatto
che riceve annualmente sovvenzioni speciali dal Governo Centrale di Delhi,
addirittura, pare, dall’Ufficio dello stesso Presidente della Repubblica, per
cui l’insegnamento impartito risulta essere di buona qualità.
La sezione cittadina del The Times of
India riporta spesso piccole nuove scoperte provenienti dai discreti laboratori
della facoltà, senza dimenticare che la stessa gestisce uno dei migliori ospedali
della città.
Di tutt’altro livello sono invece la
maggior parte dei corsi dedicati alle lingue che non sembrano godere di
particolare attenzione da parte dei professori, i quali tendono ad essere poco
interessati alle lezioni.
La nostra personale esperienza
quinquennale al Dipartimento di Hindi, uno dei più frequentati dagli studenti
stranieri, e biennale presso il Dipartimento di Nepali, la riassumiamo spesso
con queste poche semplici ma purtroppo veritiere parole “I professori non
vengono mai”.
A questo vanno aggiunte le numerose
festività che riempiono il calendario indiano e che a Varanasi, città sacra per
eccellenza, vengono osservate tutte molto piamente e in certi periodi cadono
festività praticamente ogni settimana.
Addirittura, in passato, l’acronimo
BHU veniva ironicamente tradotto Banaras Holiday University, di per sé
indicativo sulla serietà dell’istituto e seppur negli ultimi anni siano state
ridotte, ciò è avvenuto semplicemente perché è stato aggiunto il Sabato come
secondo giorno festivo settimanale.
Certo quest’attitudine molto rilassata
favorisce un’atmosfera completamente “stress-free” e i professori, nonostante
la scarsa voglia di insegnare, sono quasi sempre gentili, affabili e simpatici,
seppur questo non aiuti molto un serio apprendimento.
I corsi oltretutto sono anche ben
strutturati, gli esami non semplici e giudicati piuttosto severamente, quindi
sarebbe sia interessante che utile se qualcuno si degnasse anche di spiegarli.
Ovviamente i professori a capo dei singoli
corsi, in prossimità degli esami, cercano di aiutare a risolvere eventuali
problemi e lacune, ma il lavoro e la responsabilità cadono esclusivamente sulle
spalle degli studenti.
Che di per sé non è sbagliato, visto
che si tratta di corsi universitari, ma spesso si fa molta fatica perfino ad
ottenere i testi su cui studiare, che nella maggior parte dei casi sono
composti da sbiadite fotocopie degli anni precedenti che vengono tramandate da
studenti e professori come reliquie storiche.
E non sono rari i casi in cui, pochi
giorni prima dell’esame, spunti del nuovo materiale che i professori avevano
dimenticato o che semplicemente ignoravano; fenomeno che accade con costanza
sia nel Dipartimento di Hindi che in quello di Filosofie Orientali.
C’è da dire che almeno gli studenti
stranieri, rispetto agli indiani, non hanno grossi problemi riguardo
l’ammissione visto che il numero dei posti disponibili per loro in ogni corso è
quasi sempre maggiore di quello degli aspiranti (in media una ventina di posti
e solo 4-5 studenti), per cui non è richiesto nessun esame d’ammissione, la
quale si ottiene invece attraverso lunghe, complicate ed estenuanti pratiche
burocratiche.
Al contrario, gli studenti indiani
sono sottoposti a test d’entrata estremamente selettivi: nel 2013 agli esami
d’ammissione per gli ambitissimi corsi di medicina hanno partecipato circa
50.000 aspiranti per soli 84 posti disponibili.
Oltre all’aspetto accademico, il
campus della BHU è molto popolare tra gli abitanti della città per alcuni
validi motivi.
Intanto, come già accennato, la
presenza del miglior ospedale della città, secondo, il moderno tempio di Kashi
Vshwanath, costruito sullo stile originale del tempio che si trovava in centro
città e fu distrutto dagli invasori mussulmani.
Il museo dell’università non risulta
particolarmente interessante, a causa della scarsa manutenzione e delle anonime
collezioni, a parte alcune antiche sculture rinvenute nella zona.
Probabilmente l’attrazione principale
è il campus stesso: seppur un paio di arterie possano essere piuttosto
trafficate, poiché vengono utilizzate per connettere la periferia con il centro
città, la maggior parte dei viali sono piuttosto tranquilli in un contesto
molto verdeggiante, tanto da poter essere considerato anche un interessante
spot per il birdwatching.
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