martedì 3 maggio 2016

La setta tantrica Aghora

Aghoree, Hindoo mendicant, Benares.jpgIl termine tantra definisce un insieme di discipline spirituali tipiche delle religioni asiatiche, quali induismo, buddismo e jainismo.
Nell’induismo la filosofia tantrica è contenuta in alcuni manuali, chiamati anch’essi tantra, composti prevalentemente in epoca medioevale.
La caratteristica peculiare del tantrismo indù, che lo distingue e in parte contrappone alla più diffusa filosofia induista vedanta, è l’accettazione del mondo come reale.
Come tutti i sistemi spirituali che formano l’induismo, anche il tantra segue il principio del velo di Maya, cioè che il mondo è un’illusione, ma piuttosto che negarla cerca invece di utilizzarla come mezzo reale per ampliare il campo delle percezioni e la conoscenza dell’individuo.

Generalmente il tantra indù viene diviso in due categorie, seppur tale distinzione abbia un valore più accademico e pratico che non filosofico.
Il dakshinachara, il percorso della mano destra, segue le dottrine tantriche ortodosse, mentre il vamachara (detto anche vamamarg), il percorso della mano sinistra, segue pratiche eterodosse.
Nella cultura indù la mano destra viene utilizzata per le azioni auspiciose, quali mangiare e porgere offerte alle divinità, mentre la sinistra, infausta, si occupa di azioni “impure”, quali pulire gli orifizi corporei o uccidere gli animali.

Tra le scuole o sette che fanno parte del percorso della mano sinstra vi è l’aghora, sicuramente la setta più estrema tra le numerose che formano l’induismo.
Etimologicamente significa non-terrifico (da a, alpha privativo e ghora, terrifico), in quanto, per i praticanti di questa disciplina, nulla è inauspicioso, trasformando invece le esperienze più terrificanti in mezzi per accumulare energia psichica che gli permetta di proseguire nel percorso verso una più profonda conoscenza.
Il velo di Maya (il mondo reale illusorio) viene quindi considerato semplicemente un’espressione dell’energia universale Shakti e dell’energia individuale Kundalini, il controllo delle quali permette al praticante di raggiungere la purificazione dell’ego e quindi l’unione dell’anima individuale con quella universale.

Una delle caratteristiche peculiari del percorso aghora, che lo rende alquanto misterioso, è l’assenza di un vero e proprio corpus di testi, ma la sua conoscenza viene tramandata oralmente da maestro a discepoli.
Oltre che per salvaguardare le proprie tradizioni, questo è dovuto anche all’effettiva difficoltà nell’esprimere concetti che possono essere assimilati solo tramite l’esperienza diretta.
In particolare nell’aghora nulla viene considerato infausto e questo ha portato a compiere rituali che possono comprendere il consumo di carne, alcool, droghe e sesso (già ben note nel tantrismo), fino a pratiche ancora più estreme quali coprofagia, necrofilia, automutilazioni e cannibalismo.
Chiaramente questi rituali non vengono effettuati quotidianamente come le comuni pooja (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2016/02/pooja.html) poiché non si tratta di semplici perversioni od appagamenti del corpo, e richiedono una notevole preparazione psico-fisica per aiutare il praticante ad ampliare il campo delle percezioni ed offrirgli una maggiore consapevolezza del mondo che lo circonda.
Ad esempio, mangiare le proprie feci come puro atto d’amore verso una creazione di Dio, richiede indubbiamente una forza mentale accumulabile solo dopo lunghe pratiche.
D’altronde le feci non sono altro che il risultato della trasformazione del cibo attraverso il nostro corpo, perché le troviamo tanto disgustose?

Altra caratteristica tipica del percorso aghora è la completa accettazione della morte che viene divinizzata con la dea Kali o una delle sue manifestazioni terrifiche, quali ad esempio Tara, Chinnamasta e Chamunda.
La morte stessa è infatti un altro dei numerosi aspetti di Maya e non viene vista in contrapposizione alla vita, bensì come complementare ad essa.
“Per conoscere la vita bisogna conoscere la morte e per fare questo i luoghi più adatti sono i cimiteri e i campi crematori”, questo è quanto viene riportato dal Dr. Svoboda nel suo libro “Aghora, alla sinistra di Dio”, parte di una trilogia dove viene narrato il suo decennale rapporto con l’aghori Vimalananda.
I campi crematori sono difatti i luoghi preferiti dai praticanti dell’aghora, per vari motivi, non ultimo quello di reperire il materiale per i loro rituali, ma soprattutto proprio per la forte presenza di un’energia che, se dominata, può essere trasformata in un utile mezzo per ampliare la consapevolezza dell’individuo.

Il pericolo di un percorso estremo come l’aghora è lo stesso di tutte le tradizioni spirituali: quello di compiacersi del proprio successo e di perdere il controllo dell’ego.
Per questo al giorno d’oggi i praticanti aghori sono visti con sospetto, dato che spesso le loro supposte capacità vengono utilizzate per scopi tutt’altro che spirituali.
I rituali che prevedono l’uso di ossa, umane o animali, furono concepiti per mettersi in contatto con gli spiriti ed aiutarli a migliorare la loro condizione, invece vengono quasi sempre usati per scopi ben più egoistici e le pratiche tantriche-aghora sono spesso considerate magia nera, se non addirittura satanismo.
In effetti esistono numerosi manuali tantrici (per citare alcuni dei più noti: Mantramahodadhi, Sarada-Tilaka e Damara Tantra) composti da lunghi elenchi di rituali per scopi decisamente materiali, quali controllare i pensieri delle persone o uccidere nemici, che rappresentano una perversione di quelli che sarebbero i principi che regolano tali pratiche.
Addirittura, perfino al giorno d’oggi, non è così raro leggere sui giornali indiani di bambini rapiti e sacrificati da praticanti tantrici, solitamente sedicenti aghori, che con questi rituali cercano di dare prole a coppie senza figli.
Uccidendo bambini, i quali hanno un’anima ancora poco sviluppata, si cerca quindi di trasferirla nel grembo della donna sterile per permetterle di dare alla luce un figlio; questo secondo i principi aghora s’intende.
Per fortuna comunque, nella maggior parte dei casi, i responsabili vengono arrestati, come successe alcuni anni fa persino ad un politico del sud dell’India, accusato di aver partecipato ad un tal crimine.

Nonostante questo, per le loro notoriamente durissime pratiche ascetiche, i pur rari veri praticanti aghori sono tenuti in grande considerazione, non solo dalla masse più credulone e superstiziose, ma anche da persone di maggior cultura, che probabilmente vedono in questi personaggi gli ultimi residui di un’antica spiritualità libera dai superflui tabù cultural-religioso di cui oggigiorno l’induismo potrebbe, ma forse anche dovrebbe, fare a meno.

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