Il piccolo ed apparentemente anonimo paese di Sanchi si
trova nello stato indiano del Madhya Pradesh a circa 50 chilometri dalla grande
città di Bhopal.
La sua relativa notorietà è dovuta alla presenza di una modesta
collina sulla quale sono situati alcuni antichi stupa e santuari buddisti di
notevole importanza e pregio artistico, tanto da far parte, fin dal 1989, dei
monumenti protetti dall’UNESCO.
La particolarità delle più antiche decorazioni di Sanchi è
l’essere uno dei migliori esempi, tra i pochi rimasti, d’arte buddista aniconica,
uno stile in cui il Buddha non veniva rappresentato come un essere umano, bensì
attraverso simboli, quali: un trono vuoto, un albero di Bodhi, un cavallo senza
cavaliere, l’impronta del suo piede, uno stupa e la ruota del dharma (etica)
buddista, un cerchio con 24 raggi.
La scarsità dei reperti di questa tipologia d’arte
religiosa, soprattutto sotto forma di bassorilievi scolpiti su roccia, è dovuta
al fatto che terminò intorno al I secolo d.C., dopo il quale il Buddha iniziò
ad essere rappresentato in forma umana.
Storicamente, l’importanza di Sanchi nella religione
buddista non è legata alla vita del Buddha, il quale infatti non visitò mai
questo sito piuttosto lontano dalle aree dove trascorse la sua esistenza, bensì
al grande imperatore Ashoka (http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/02/limperatore-ashoka.html),
legato a questo luogo per esservi nata la moglie ed avervi celebrato il loro
matrimonio (circa nel III secolo a.C.).
Successivamente anche altre dinastie buddiste aggiunsero il
proprio contributo artistico, con gli ultimi edifici religiosi costruiti fino a
circa il XII secolo, dopo il quale Sanchi venne dimenticata a causa del
decadimento del buddismo che venne gradualmente riassorbito nell’induismo.
Oggigiorno sulla collina di Sanchi si possono ammirare
alcuni antichissimi stupa fatti erigere dall’imperatore Ashoka ed altri resti
di santuari, templi e monasteri, fatti erigere anche da successivi regnanti di
religione buddista.
Il Grande Stupa di Ashoka è la più antica struttura in
pietra dell’India e deve la sua notevole importanza artistica alla cinta di
mura che scorre attorno alla semisfera, con quattro portali meravigliosamente
scolpiti.
L’originale stupa, di minori dimensioni, venne eretto
intorno al III secolo a.C., su indicazioni dell’imperatrice, ma venne
successivamente ampliato dai regnanti della dinastia Shunga che, attorno al I
secolo d.C., aggiunsero la decorata ringhiera in pietra, aperta presso i
quattro punti cardinali.
Nonostante abbiano subito alcuni danni, i torana, i bassorilievi
situati sopra a queste entrate, sono considerati i più antichi e squisiti
esempi d’arte buddista del subcontinente indiano, che traggono ispirazione in
gran parte dai Jataka, testi indiani che descrivono le vite passate del Buddha.
Ad esempio, sul torana dell’entrata settentrionale,
probabilmente quello meglio conservato, si può notare la squisita scultura di
una scimmia che offre una ciotola di miele al Buddha, rappresentato
aniconicamente come un albero di Bodhi
Oppure si può segnalare il torana della porta meridionale,
che pare essere il più antico ed è decorato, oltre che con episodi della
nascita del Buddha, dagli eventi della vita dell’imperatore Ashoka che lo
portarono a convertirsi al buddismo.
Oltre al Grande Stupa, degli otto che furono fatti
edificare da Ashoka nel III secolo a.C. ne rimangono solo due, chiamati per
convenzione archeologica stupa numero 2 e numero 3.
Lo stupa n. 2 è protetto da un’alta ringhiera in pietra
piuttosto massiccia e sobria nelle decorazioni; la parte superiore della
semisfera è appiattita e priva della parte sommitale con il tipico chhatra
(ombrello), probabilmente danneggiata dal tempo o trafugata da ladri di
reperti.
Il numero 3 invece si trova su una base rialzata e vi si
accede tramite una breve scala doppia, molto decorata, come pure la balaustra
in pietra che vi scorre attorno.
Sulla cima si trova una piccola struttura quadrata ed il
classico parasole; degno di nota è anche il torana sopra all’entrata
principale.
Tra le altre costruzioni che costellano la collina di Sanchi,
degni di nota sono i cosiddetti tempio n. 17 e 18, i cui colonnati ricordano
sorprendentemete gli edifici greci classici e furono costruiti nel VII secolo,
come il tempio 31, che nonostante l’anonima forma quadrata in mattoni, ospita
al suo interno una scultura del Buddha particolarmente pregevole.
I monasteri n. 45 e 47, situati sull’estremità orientale
del colle, appartengono all’ultima fase artistica di Sanchi e presentano oltre
alla tipica pianta con cortile centrale, alcuni elementi architettonici
induisti.
Infine, un cenno meritano le colonne, o quel poco che ne è
rimasto, sparse in tutta l’area archeologica di Sanchi.
La più importante è sicuramente la colonna n. 10, fatta
erigere dall’imperatore Ashoka, e seppur oggi sia possibile osservare solo il
basamento, nel piccolo museo situato in paese, è possibile ammirare il
meraviglioso capitello, simile al più noto trovato presso il sito buddista di
Sarnath (http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/07/luoghi-sacri-buddisti-iii-parte-sarnath.html).
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