Ante mati sa gatih è un’espressione
sanscrita che significa: qualsiasi cosa tu stia pensando appena prima di morire
determinerà la tua prossima rinascita.
In realtà questa è
solo la causa accidentale, in quanto le rinascite dipendono da molti fattori più
complessi, su tutti il bilanciamento dei karma positivi e negativi, come
dimostrato dalle tre storielle che seguono.
Vi era una vecchia
veramente pia, che adorava regolarmente Dio, ogni giorno, per parecchie ore e,
in effetti, non faceva quasi altro.
Negli ultimi anni
di vita diventò cieca e doveva muoversi a tastoni, ma questo rese la sua
adorazione ancora più perfetta giacché, insieme con la vista, perse tutte le
poche distrazioni che aveva verso il mondo materiale.
Ovviamete era
vegetariana e mangiava pochissimo.
Un giorno, mentre
preparava da mangiare, mise accidentalmente il piede su un topolino, che morì
con unno squittio.
Siccome aveva un
cuore tenero, immediatamente pensò: “Cos’è successo? Ho ucciso un topolino?”, e
con questo pensiero nella mente, all’improvviso, morì.
Ante mati sa gatih, il suo ultimo pensiero
prima della morte fu per il topo morto e perciò dovette rinascere come topo.
Quindi, a causa
dell’eterna lotta per il cibo, tornarono in lei cupidigia e collera, e ritornò
in basso per la spirale del samsara (il ciclo delle rinascite).
Se è vero che perfino
il più piccolo attaccamento al materiale può riportarci dentro alla ruota del
samsara, è anche altrettanto vero che il più piccolo attaccamento a Dio può
salvarci.
Vi era un uomo di
nome Ajamila che nella sua vita era stato un criminale ed aveva compiuto molte
azioni efferate.
Mentre stava per morire,
questi non riusciva a far altro che chiamare suo figlio Narayana, che era poco
lontano nei campi.
Narayana è anche
uno dei nomi di Vishnu, La Consevazione, Colui che protegge i mondi, così al
momento della morte il nome di Narayana era sulle labbra di Ajamila.
Appena esalato
l’ultimo respiro, arrivarono due demoni per trascinare la sua anima all’inferno,
dove avrebbe espiato alcuni dei suoi terribili karma, ma un angelo li fermò e disse
loro “Come vi permettete di portar via quest’uomo? Non sapete che è morto con
il nome di Narayana sulle labbra?”.
I demoni si fecero
una risata “Sicuro, chiamava suo figlio. È questa la sua devozione?”.
“Il fatto è che
egli ha ricordato Narayana, che esiste in ogni essere umano, egli viene con me!”,
disse l’angelo, ed Ajamila entrò in cielo.
Naturalmente
quest’uomo doveva aver fatto tantissime austerità nelle vite passate per avere
una tale opportunità (mentre al contrario la pia vecchia aveva accumulato numerosi
peccati), ma questo dimostra, oltre all’inesorabilità del karma, la potenza del
nome di Dio.
C’era una volta un
guru che sedeva sotto un albero con il suo discepolo prediletto.
Mentre stava
riposando, il guru vide un mango che cresceva su un ramo molto vicino al
terreno e pensò “Quanto mi piacerebbe avere quel mango!”, e proprio appena
chiese al discepolo di prenderlo per lui, morì.
Il discepolo era
sconvolto “Il mio amato maestro è andato, ora chi si prenderà cura di me e mi
istruirà come faceva lui?”.
Poi d’un tratto gli
venne in mente ante mati sa gatih, qualsiasi cosa tu stia pensando appena
prima di morire determinerà la tua prossima rinascita, e poiché il suo guru gli
aveva chiesto un mango mentre moriva, allora doveva trovarsi da qualche parte
nella zona, per cercare di ottenere il mango ed appagare quell’ultimo
desiderio.
Così il ragazzo
prese il mango e, non sapendo cosa cercare, lo ispezionò attentamente.
Vi trovò una
formica che vi camminava sopra ed osservandola gli venne in mente un altro
pensiero “Il mio maestro potrebbe essere in questo insetto”, prese la formica
tra il pollice e l’indice e la schiacciò.
Immediatamente il
suo guru tornò in vita “Grazie, mio caro ragazzo, per quello che hai fatto per
me! Ero davvero intrappolato in quella formica, desideroso di assaggiare il
mango. Mi hai salvato dal brancolare nell’oscurità di maya (il velo illusorio)
per molte rinascite”.
Benedì il ragazzo
trasferendogli tutta la sua conoscenza e scomparve.
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