
Nonostante le attuali condizioni piuttosto arretrate, l’importanza
di Rajgir come centro di pellegrinaggio buddista è notevole poiché qui il
Buddha trascorse ben 12 anni e vi compì il noto miracolo dell’ammansimento
dell’elefante impazzito attraverso la gentilezza.
Capitale dell’antico impero Magadh fino al V secolo a.C.,
quando la dinastia Shishunaga si spostò a Pataliputra (l’attuale Patna,
capitale del Bihar), Rajgir mantenne una forte importanza religiosa per essere
legata non solo al buddismo ma anche all’induismo ed al jainismo.
Secondo la mitologia indù, nell’area presso l’attuale
Rajgir avvennero degli importanti episodi descritti nel poema epico
Mahabharata, mentre per i jaina è nota per essere stata una delle località
preferite dal fondatore della religione, Mahavira, che era solito trascorrervi
i quattro lunghi mesi della stagione delle piogge; a questo bisogna aggiungere
che Rajgir viene considerata il luogo di nascita del XII tirthankara
(profeta) jaina Munisuvrata.
Il suo nome viene quindi citato in numerosi testi buddisti
e jainisti, ma le poche notizie affidabili da un punto di vista
storico-geografico provengono in realtà dai resoconti dei noti pellegrini
cinesi Faxian e Xuanzang, che visitarono l’India rispettivamente nel V e nel VII
secolo.
A causa del declino di queste due religioni soppiantate
dall’induismo intorno all’VIII-IX secolo e successivamente dalle invasioni e
domini mussulmani, Rajgir cadde nell’oblio, inghiottita dall’arretratezza della
vasta e desolata campagna della pianura gangetica.
Nonostante questo, oggigiorno Rajgir ospita alcuni siti di
notevole interesse ed è alquanto apprezzata turisticamente dalle persone
benestanti dei dintorni, grazie ad un clima leggermente meno afoso, dovuto alle
verdeggianti colline circostanti.
Tra le maggiori attrazioni vi sono: le terme, il cosiddetto
Vulture’s Peak, le Grotte di Saptparni, le grotte di Sonbhadar e lo Shanti
Stupa.
Le terme di Rajgir sono composte da alcune vasche d’acqua
calda, ospitate in un complesso di edifici rosa chiamato Brahmakund, situato
piacevolmente in mezzo agli alberi.
Purtroppo il continuo flusso di pellegrini ed abitanti
locali rende il luogo piuttosto affollato e non sempre pulitissimo.
Vulture’s Peak è il nome dato ad una terrazza in pietra che
ospita al centro le fondamenta di un’antica costruzione dello stesso materiale,
dove il Buddha era solito meditare e spesso promulgare sermoni; in particolare
qui il Buddha recitò l’importante Atanatiya Sutta
Sulla stessa collina si trovano le grotte di Saptparni,
dove venne tenuto il Primo Concilio Buddista, dopo che il Buddha lasciò le sue
spoglie mortali.
Attraverso delle lunghe fessure situate ai lati di un ampio
sentiero, si può accedere ad un paio di grandi anfratti, dove comunque non sono
conservate testimonianze artistiche del passato.
Le grotte di Sonbhandar sono ospitate in un semplice ma
curato giardino, alla base di una collina, il cui sentiero centrale porta ad
una parete di roccia dove si trova l’accesso di due caverne, le cui pareti sono
adornate da alcuni dipinti e sculture jainiste, piuttosto ben conservate,
tenendo presente che risalgono al III-IV secolo d.C..
Seppur non sia ben chiaro se ci sia un legame
storico-artistico con le grotte di Satparni o altre caverne simili di religione
buddista, le grotte di Sonbhandar sono state utilizzate da monaci jaina fino ai
tempi della visita del viaggiatore cinese Xuanzang, intorno alla prima metà del
VII secolo, il quale descrisse che erano abitate da monaci della setta jainista
digambar (vestiti di cielo, cioè nudi), per praticare meditazione.
Prima di perdere ogni interesse religioso, pare che alcuni
secoli dopo furono occupate da asceti indù e quindi convertite un’ultima volta.
L’escursione allo Shanti Stupa di Rajgir è particolarmente
interessante per almeno due buoni motivi, seppur nessuno dei due religioso o
artistico, e neppure storico, visto che la storia che li riguarda è piuttosto moderna.
Lo Shanti Stupa infatti venne costruito nel non lontano
1969 da parte di Nichidatsu Fujii, un monaco buddista giapponese, fondatore
dell’ordine Nipponzan-Myohoji, il quale, per promulgare la non-violenza,
ispiratagli da un incontro personale con Gandhi nel 1931, dal 1947 iniziò a
costruire degli stupa della pace (da cui il nome originale dal sanscrito shanti,
appunto pace) in giro per il mondo.
Anche l’Italia può vantare la presenza di uno di questi
stupa, inaugurato nel 1998, su di una collina appena fuori l’abitato del comune
siciliano di Comiso.
Seppur lo stile possa anche variare, la maggior parte degli
Shanti Stupa hanno la classica forma semi-sferica circolare, sono colorati di
bianco e si trovano in posizione panoramica in cima a colline.
Artisticamente, anche a causa della semplice struttura
tipica, questi stupa non hanno molto da offrire, a parte le statue che sono
ospitate nelle nicchie posizionate presso i quattro punti cardinali, e spesso
tendono ad assomigliarsi.
Come già accennato, gli Shanti Stupa comunque si trovano di
solito in ambienti tranquilli con una pacifica atmosfera, molto lontano, ad
esempio, dal caos delle strade delle città indiane.
In più, lo stupa della pace di Rajgir, può essere raggiunto
con una semplice ma funzionale, nonché economica e panoramica, seggiovia,
rendendo la salita particolarmente comoda.
Anche perché, una delle caratteristiche più piacevolmente
esotiche di Rajgir è l’abbondare di colorati tonga, dei carretti
trainati da cavalli, tipici delle campagne indiane, che trasportano i
visitatori nei più interessanti luoghi turistici della zona.
Di certo si tratta di mezzi di trasporto meno inquinanti di
qualunque veicolo a motore (soprattutto quelli indiani solitamente disastrati),
e le condizioni generali degli animali sono discrete, ma sono decisamente
scomodi ed i pochi chilometri che separano il centro di Rajgir con la base
della collina che ospita lo Shanti Stupa, possono sembrare infiniti.
Nessun commento:
Posta un commento