Alcuni dati, estratti dal giornale The
Times of India, dell’ultimo censimento indiano del 2011 riguardo lo stato
dell’Uttar Pradesh, dove vive circa un quinto della popolazione del paese.
Il titolo centrale era “Cellphones
buzzing but sanitaton cries for help” (I telefoni ronzano ma la sanità chiede
aiuto), piuttosto indicativo sulle tipiche ed orribili contraddizioni indiane.
Tra le varie tabelle, in cui i dati
venivano divisi in popolazione rurale e urbana, interessanti sono appunto quelle
che riguardano la vita di tutti i giorni, cioè le proprietà delle persone, le
fonti di luce e l’acqua potabile.
Per quanto riguarda le “ricchezze” in
Uttar Pradesh il 24% della popolazione possiede una radio, il 33% la
televisione, il 61% possiede un telefono cellulare, l’8% un computer, l’1,9% la
connessione internet (e c’è chi pensa che l’India sia una nuova Silicon
Valley...).
Riguardo i mezzi di trasporto il 19%
possiede un veicolo a due ruote, il 3,8% (!) un veicolo a quattro ruote e il
67% possiede la bicicletta.
Per quanto riguarda la fonte di luce è
enorme la differenza tra le zone rurali e quelle urbane: nelle campagne il 75%
della popolazione utilizza ancora il kerosene, solo il 23% l’elettricità,
mentre nelle città l’elettricità è la fonte maggiore con l’81% e il kerosene il
17%.
L’approvigionamento di acqua potabile
nelle campagne è affidato in gran parte alle pompe manuali che estraggono
l’acqua dal sottosuolo, circa il 73%, mentre in città la fonte maggiore sono le
tubature del governo 50%, seppur le pompe a mano resistano ancora con circa il
36%.
Infine riportiamo i dati, quasi
agghiaccianti, riguardo la reperibilità di acqua potabile, la disponibilità di
servizi igienici, il tipo di fogna e la presenza di cucine.
Nelle zone rurali il 44% della popolazione
ha accesso all’acqua potabile nel luogo dove abita, il 41% nelle vicinanze, il
14% piuttosto lontano; nelle città invece le statistiche sono leggermente
migliori con il 78%, il 16% e il 5%.
Per quanto riguarda i servizi igienici,
nelle campagne essi sono disponibili solo per il 17% della popolazione, mentre
il 29% possiede un luogo nelle vicinanze a cielo aperto e il 53% non possiede
nessun tipo di servizio igienico.
Di nuovo, in città la situazione è
migliore, o forse bisognerebbe dire meno tragica: il 69% ha a disposizione i
servizi, mentre il 15% utilizza un luogo riservato ma all’aria aperta e circa
il 15% non ha nessun servizio.
Lo schema delle fogne era diviso in 3
categorie: fogna chiusa, fogna aperta e no fogna.
Le percentuali per le zone rurali
sono: 7%, 54% e 38%; mentre nelle zone urbane: 32%, 61% e 6%, chiaramente
disastrose in entrambi i casi.
Infine la tabella sulle cucine, dove
venivano considerate: la disponibilità di una stanza apposita, la possibilità
di cucinare in casa ma non in una vera e propria cucina, la possibilità di
cucinare ma non in casa, infine la possibilità di cucinare in senso assoluto.
Nelle zone rurali solo il 32% della
popolazione ha a disposizione una cucina, mentre, per fortuna, in città questa
percentuale sale al 68%; quindi nelle campagne il 60% cucina in casa da qualche
altra parte, come avviene anche per il 30% della popolazione urbana.
Le ultime due voci, grazie al cielo,
occupano percentuali molto basse, seppur sarebbe auspicabile che fossero assenti
del tutto: il 6% degli abitanti delle campagne cucina fuori dalla casa, mentre
tra gli abitanti delle città solo l’1,5% è costretto a tale sacrificio; infine
le percentuali di chi non si può neppure permettere di cucinare sono solo dello
0,2% e 0,3%.
Oltre a queste statistiche, la pagina
conteneva anche un interessante articolo sul triste fenomeno degli “human
scavengers”, tanto inumano che facciamo perfino fatica a trovare una traduzione
appropriata in lingua italiana.
Queste persone, nella maggior parte
dei casi donne, hanno l’ingrato compito di pulire manualmente le latrine
pubbliche, in particolare le cosiddette “dry toilets”, che non sono le moderne
latrine ipertecnologiche, bensì gabinetti privi di scarico, quindi “asciutti”.
Sebbene sia stato bandito legalmente dallo
stato dell’Uttar Pradesh ben 19 anni fa, secondo il recente censimento in 42
distretti vi sono ancora 34.921 gabinetti “asciutti” e ben 5.530 persone
addette alla loro pulizia.
L’articolo, chiaramente critico,
evidenziava come il fenomeno non è circoscritto solo alle zone più degradate,
il titolo infatti ironicamente diceva “Human scavengers exist, even in the City
of Nawabs; 57 still practising.” (I pulitori manuali esistono, perfino
nella Città dei Nababbi; in 57 sono ancora attivi).
Il riferimento alla città di Lucknow
come la residenza dei Nababbi evidenzia, ancora una volta, le irritanti
contraddizioni indiane.
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