La dieta caratteristica della maggior
parte degli indiani viene definita latto-vegetariana, in quanto esclude il consumo di carni e uova di ogni genere, ma comprende latticini e verdure.
In realtà oggigiorno il consumo di
carne e uova è sempre più diffuso, grazie a migliori condizioni economiche e
minori pressioni di tipo cultural-religioso, ma bisogna ricordare che molte
persone che consumano carne e uova, seppur tecnicamente non possano essere
considerate vegetariane, lo fanno in maniera decisamente sporadica ed il
fabbisogno giornaliero di proteine lo assumono anche loro tramite i latticini,
oppure dalla combinazione cereali-legumi, entrambi molto utilizzati nella
culinaria indiana.
I cereali vengono assunti sotto forma
di riso o di pane, di solito prodotto da farine di grano più o meno raffinate,
mentre maggiore è la varietà di legumi.
Più precisamente bisognerebbe parlare
di civaie, termine che in agronomia indica i semi prodotti dalle piante della
famiglia delle fabaceae o leguminose, dalle quali è derivato il
colloquiale termine legumi, inizialmente attribuito alle piante ma poi esteso
ai semi commestibili che producono.
L’India è il maggior produttore mondiale
di lenticchie, con una produzione pari a quasi il 30% del totale (curioso
notare come, al secondo posto, con il 24%, ci sia un paese dal clima
completamente differente da quello indiano, il Canada).
Nella produzione di ceci l’India
supera addirittura il 50% mondiale con quasi 6 milioni di tonnellate dei 9
milioni prodotti globalmente.
Nei fagioli comuni, del genere phaseolus vulgaris, l’India è al primo
posto per quelli secchi e al quarto per quelli freschi, seppur tra questi
ultimi la maggior parte appartengano ad altre specie, soprattutto dolichos lablab, ma anche la locale cyamospsis
tetralonogoba.
Riguardo i piselli l’India è il quarto
produttore di quelli secchi e il secondo di quelli freschi.
Prima di iniziare la nostra breve
panoramica sulle civaie indiane dobbiamo premettere che la distinzione tra i
termini lenticchie, ceci, fagioli e piselli, non ha basi
scientifico-tassonomiche e può cambiare in base alla lingua: in hindi infatti
il termine per lenticchie, dal, viene esteso anche per le civaie in
generale, e molti semi ritenuti lenticchie in India, vengono chiamati fagioli in
inglese e italiano.
Proprio per definire meglio la
questione, recentemente è stato fatto un aggiornamento tassonomico che ha visto
lo spostamento di alcune piante del genere phaseolus,
che prima le comprendeva quasi tutte, nel nuovo genere vigna, distinguendo così civaie con caratteristiche chiaramente
diverse.
Prendendo come base i prodotti più presenti
comunemente nei mercati e i nomi datigli dagli indiani, i legumi che in India
rientrano nella categoria delle lenticchie sono di numerose specie e tipi.
La lenticchia più comune, e primo
esempio di discrepanza linguistica, è la moong
dal, che in hindi descrive la lenticchia, dal, della pianta vigna radiata (precedentemente phaseoulus radiatus), ma in inglese ed
italiano viene invece chiamata mung bean e fagiolo mungo verde.
Il seme provvisto di buccia assomiglia
infatti ad un piccolo fagiolo verde, ma raramente viene utilizzato in forma
intera, bensì decorticato e diviso in due, assomigliando quindi a piccole
lenticchie gialle.
Il loro uso in cucina è ampissimo,
dalle comuni zuppe, a saporiti snack, fino ai numerosi dolci che prevedono l’utilizzo
della farina di questa comune e versatile civaia.
Il moong dal può essere confuso con
un’altro legume che si presenta di solito di colore giallo e diviso in due,
seppur abbia dimensioni ben maggiori: l’arahar
dal.
Esso viene prodotto dalla pianta cajanus cajanus (talvolta cajanus indicus), da cui il nome
italiano caiano, mentre in inglese viene riconosciuto come un pisello, pigeon
pea.
Il suo utilizzo in cucina è pressoché
identico al moong dal, rispetto al quale è leggermente meno versatile ma più
apprezzato per possedere una maggior consistenza e un più distinto sapore.
Tra le numerose varietà della “vera”
lenticchia, prodotta dalle piante della specie lens culinaris subspecie culinaris,
la più diffusa nel subcontinente indiano è
chiamata localmente masoor dal,
in italiano lenticchia rossa.
Di colore rosa vivo e di piccole
dimensioni, in India viene venduta decorticata, sia rotta a metà che intera, ma
è possibile trovarla anche intera con la buccia, quindi all’apparenza di colore
marrone.
Il suo utilizzo è simile a quello del
comune moong dal, seppur la lenticchia masoor sia più delicata e saporita.
Ma le lenticchie più gustose sono
sicuramente quelle provenienti dalla pianta vigna
mungo, chiamate in hindi urad dal
e in italiano fagiolo mungo nero, per distinguerle dagli affini fagioli mungo
verdi, moong dal, i primi della nostra lista, prodotti dalla pianta congenere vigna radiata.
Utilizzate intere, con tanto di
buccia, le lenticchie urad dal sono molto apprezzate in Punjab, la cui cucina è
tra le più ricche e saporite del subcontinente, e sono l’ingrediente principale
di gustosi misti di legumi.
Una volta che il seme viene decorticato
e diviso in due, l’urad dal appare come una piccola lenticchia bianca,
importantissimo ingrediente della cucina del sud dell’India: idli, vada, dosa e
uttapam, specialità tipiche, sono tutte preparate partendo da una pasta
prodotta attraverso la macinazione di questi semi.
Altre due qualità di dal, inteso come
civaie in generale, molto comuni sono la matar
ki dal e la chana ki dal, che non
sono affatto lenticchie, bensì piselli (matar) e ceci (chana).
In questa loro versione vengono
venduti decorticati, secchi e divisi in due, quindi dato il loro colore giallo,
assomogliano ai già citati moong dal ed arahar dal, dai quali si differenziano
per la forma rotondeggiante piuttosto che oblunga.
Di solito vengono utilizzati in misti
di legumi o di verdure e risultano essere decisamente più saporiti delle
lenticchie.
I ceci interi più diffusi, chiamati chana,
provengono dalla cultivar indiana dal seme piccolo ricoperto da una spessa
buccia marrone (nella varietà europea ha invece una tonalità verdognola) che
sono comunissimi nella cucina indiana, soprattutto per arricchire misti di
verdure, e versatili per essere abbrustoliti per vari tipi di snack.
Molto diffusa è anche la cultivar di cicer arietinum (nome scientifico della
pianta del cece, tratto dalla vaga somiglianza del seme con la testa di un
ariete) che produce un grande seme di colore bianco-giallino, che in India
viene chiamato kabuli ki chana (ceci di Kabul), rimandando ad una
sua supposta origine afghana.
Dal sapore più delicato di quelli
marroni ma anche più costosi, i kabuli ki chana sono l’elemento principale
della nota pietanza indiana chana masala, un curry molto popolare e saporito.
Anche l’utilizzo della farina di ceci
è elevatissimo, noto soprattutto per i numerosi tipi di saporite frittelle
chiamate pakora.
I piselli secchi, oltre che divisi in
due sotto forma di “lenticchie”, vengono venduti anche interi, ma data la
comune reperibilità di quelli freschi, soprattutto in inverno, non sono molto utilizzati.
Venendo ai fagioli propriamente detti,
della specie phaseolus vulgaris, la
cultivar più utilizzata è quella rossa chiamata in inglese kidney bean, per la somiglianza,
nella forma e nel colore, ai reni.
Come tutte le altre civaie è uno dei
vari ingredienti dei misti di legumi e vengono talvolta cucinati da soli, con
la loro speciale mistura di spezie, per la pietanza chiamata rajma masala,
curry di fagioli.
Meno diffusa ma sempre presente nei
caratteristici negozi alimentari è la cultivar bianca con sottili rigature
marroni, sempre per misti di verdure e legumi.
Un altro tipo di fagiolo secco presente
sul mercato, seppur cucinato raramente, è quello prodotto dalla pianta vigna unguiculata subspecie unguiculata, chiamata in hindi lobya e in italiano fagiolo con l’occhio
o dolico dall’occhio nero
Caratteristica è la sua colorazione,
dalla quale è derivato il termine italiano: bianco con un cerchietto nero
dentro al quale si trova un punto bianco.
Sempre del genere vigna, la pianta vigna
aconitifolia, apprezzata dai coltivatori per la sua notevole resistenza
alla siccità, produce dei piccoli fagioli marroncini, chiamati in hindi moth
ed in inglese moth bean.
Un’ultima civaia tipica del
subcontinente indiano è prodotta dalle piante macrotyloma uniflorum, i cui fagioli di varie tonalità di marrone
vengono chiamati kulthi in hindi e horse-gram, seme da cavallo, in
inglese.
Il moth-bean e l’horse-gram sono civaie
sub-tropicali o tropicali e crescono bene su terreni aridi, grazie ai quali
sono particolarmente ricche di ferro.
Insieme ai lobya, grazie alla facile
digeribilità, questi fagioli vengono anche spesso cucinati per malati e degenti.
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