giovedì 28 aprile 2016

Verdure indiane, III parte

Senza addentrarci nel complessissimo argomento dei legumi secchi (ai quali abbiamo dedicato un post specifico http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2016/04/i-legumi-indiani.html), tra le verdure reperibili sui mercati dell’India del nord, in inverno sono molto diffusi i piselli freschi, abbastanza economici e di buona qualità, come anche i fagiolini, seppur i più comuni siano i fagioli egiziani prodotti dalla pianta dolichos lablab, chiamati in hindi bora.
Speso si trovano due qualità di bora piuttosto diverse, una verde chiaro ed una scuro, ma non siamo riusciti a determinare se si tratti di due cultivar diverse o la stessa a differente maturazione.
Lunghi entrambi circa 30-40 cm, rispetto ai fagiolini comuni in Italia, che non sono altro che i baccelli immaturi dei fagioli comuni della specie phaseolus vulgaris, i bora di colore chiaro sono leggermente più spessi, più duri e meno saporiti, mentre quelli scuri sono più simili ai fagiolini nostrani, infatti sono ottimi in casseruola con aglio e pomodoro, alla maniera mediterranea.
Abbastanza comuni sono anche i lunghi fagiolini del genere vigna unguiculata sottospecie sesquipedalis, che in inglese vengono chiamati, esagerando un po’ le dimensioni, yardlong bean (una yard corrisponde a circa 90 cm).
Trichosanthes cucumerina
Esistono anche altri bacelli di cultivar di fagioli chiamati in italiano “mangiatutto”, che esteticamente sembrano un incrocio tra i normali fagiolini e le fave (purtroppo assenti nel subcontinente indiano), il cui uso è di solito limitato ad arricchire misti di verdure.
Un ultimo legume consumato fresco, tipico di India e Pakistan, è il bacello della pianta cyanopsis tetragonoloba, chiamato in hindi gavar.
Il nome significa “cibo per mucche”, ma dato il suo sempre maggior costo, sta perdendo questo suo antico uso, per venire sempre più spesso cucinato per gli esseri umani, anche perché si è recentemente scoperto possedere ottime proprietà, oltre alla facilità nell’essere coltivato.
Nell’aspetto ricordano molto i comuni fagiolini, solo leggermente più piatti e di una tonalità di verde più chiara.

Altri ortaggi tipici del subcontinente indiano sono prodotti dalle piante del genere trichosanthes, presenti in India con più specie tra cui la più diffusa per uso culinario è la trichosanthes dioica, che produce abbondanti frutti chiamati in hindi parwal.
Di forma oblunga e dimensioni tra gli 8 e i 10 cm, hanno una lucente buccia liscia verde, talvolta con striscie più chiare, mentre all’interno racchiudono una polpa verdina e numerosi grossi semi.
Seppur tagliati a fette siano comuni ingredienti di misti di verdure, il gusto leggero e dolciastro dei parwal, e soprattutto la loro consistenza irregolare, non ne fanno una delle verdure più gradite.
Oltre alla buccia, piuttosto resistente, che contrasta con la poca polpa morbida, possiedono numerosi semi, di forma variabile e duri, simili a fagioli secchi, e non perdono questa poco piacevole consistenza neppure dopo lunghe cotture.
L’ampissimo utilizzo dei parwal è dato, fondamentalmente, dalla comune reperibilità e dai prezzi estremamente economici tutto l’anno.
Simile è la congenere trichosanthes cucumerina, della quale si consuma il frutto che si presenta in forma allungata (da cui il nome inglese serpent gourd, zucca serpente), quelli edibili sui 30 cm, verde opaco, la cui polpa risulta essere ben poco consistente e quasi insapore.
Simili sono i taroi, o tori, frutti delle piante luffa acutangula e luffa aegyptiaca, che ricordano in qualche modo nell’aspetto le zucchine, ma purtroppo ne sono molto lontane nel gusto.
Come i succitati parwal, questi ultimi ortaggi hanno caratteristiche organolettiche piuttosto scarse, ma sono apprezzatissimi grazie alla vasta diffusione ed al conseguente prezzo economico.

Tra i numerosi ortaggi cucinati nei misti di verdure, bisogna ricordare i jack-fruit, giganteschi frutti prodotti dalla pianta artocarpus heterophyllus, reperibili tutto l’anno sul mercato, essendo l’India non solo il paese di provenienza ma anche il maggior produttore mondiale.
In italiano i frutti possono essere chiamati in due modi: giaca, dal portoghese jaca, o catala, dall’hindi katahal.
Tolta la spessa buccia legnosa, vengono tagliati a dischi spessi 2-3 cm e cucinati a pezzetti, ed hanno una caratteristica consistenza che ricorda la carne, mentre il gusto è decisamente leggero e dolce, sebbene sia difficile da distinguere negli speziati curry indiani.

Come ultima pianta commestibile citiamo la moringa oleifera, originaria delle zone pedemontane dell’himalaya.
Questa pianta risulta essere particolarmente versatile visto che se ne mangiano le foglie, i fiori, i frutti e le radici
Più comunemente vengono usate le foglie, alla maniera degli spinaci, e i frutti giovani, grandi bacelli triangolari, che contengono dei semi rotondi simili a fagioli; questi bacelli, chiamati in inglese drumstick, per la forma vagamente simile a bastoni da tamburo, vengono cucinati per arricchiere i classici misti di verdure.

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