Poco più di un anno fa il Nepal, per l’esattezza il 25
Aprile 2015, è stato colpito da una violenta scossa di terremoto intorno
all’ottavo grado della scala Richter, seguita da un lungo “sciame” di scosse di
assestamento, tra cui un’altra potentissima, il 12 Maggio, di circa 7.3 gradi.
L’epicentro del primo terremoto è stato individuato presso
la piccola città di Gorkha, situata a circa 80-90 chilometri a ovest di
Kathmandu, più o meno a metà strada tra la capitale nepalese e Pokhara,
rinomata località turistica situata molto suggestivamente sulle sponde di un
lago ai piedi dell’Himalaya.
Le scosse successive si sono invece verificate proprio nei
pressi della Valle di Kathmandu che ha subito quindi i maggiori effetti di
tutto il fenomeno sismico che ha interessato il Nepal per mesi e che ancora
oggi stenta a cessare con sporadiche scosse intorno ai 4 gradi della scala
Richter, quindi ampiamente avvertibili non solo dai sismografi ma anche dalla
gente comune.
Gli effetti sono stati particolarmente devastanti nella
Valle di Kathmandu a causa dell’urbanizzazione ma anche della conformazione del
terreno, creatosi circa un millennio fa, quando un altro fenomeno sismico formò
una spaccatura tra le colline a sud della valle, facendo defluire l’acqua che
al tempo la ricopriva formando un gigantesco lago.
Grazie a questa particolare conformazione, il terreno di
tutta questa grande area è ancora oggi estremamente fertile, fattore che anche
storicamente favorì i primi e prolifici insediamenti umani, ma allo stesso
tempo si rivela controproducente in caso di terremoti, poiché un terreno così
soffice tende ad espandere le onde sismiche.
Al contrario, la città di Pokhara, per esempio, pur
trovandosi alla stessa distanza dalla prima forte scossa, ha subito un danno
molto minore, grazie al fatto che, essendo situata vicino alle montagne, il
sottosuolo è costituito in gran parte da dure rocce che tendono a rallentare e
diminuire gli effetti delle onde sismiche.
I danni sono stati molto ingenti, sia per quanto riguarda
le vite umane, le infrastrutture ed i numerosi monumenti artistici della Valle
di Kathmandu.
La prima scossa ha causato poco meno di 9 mila vittime,
mentre le seconda 218, di cui la grande maggioranza nei distretti della
capitale o in quelli adiacenti.
Le già disastrate strade nepalesi hanno subito un duro
colpo a causa delle numerose frane che oltre agli incidenti ed i danni hanno
interrotto per giorni, talvolta per settimane, le vie di comunicazione.
I problemi più grandi hanno interessato quindi i numerosi
paesini sparsi tra le colline, già normalmente difficili da raggiungere, ed in
molti casi pressoché rasi al suolo dalle varie scosse.
La risposta del governo nepalese è stata chiaramente lenta
e limitata, ma grazie anche ai numerosi aiuti stranieri, soprattutto dalla
vicina India, non ci sono stati particolari episodi spiacevoli nella
distribuzione dei pochi aiuti possibili.
Una piccola mano era arrivata anche dal clima, con un
monsone piuttosto debole, che non ha quindi contribuito più di tanto nel
rallentamento dei primi lavori di ristrutturazione, sia delle strade che degli
edifici.
Venendo ai danni al patrimonio artistico del Nepal, in
particolare della Valle di Kathmandu, la situazione è abbastanza critica, nel
senso che, per fortuna, non è stato distrutto proprio del tutto, ma ha subito
parecchi danni, anche molto estesi.
Nonostante la volontà politica, sociale e religiosa del
paese, nonché agli ingenti aiuti finanziari stranieri, di ricostruire al più
presto tutto come prima, sarà davvero difficile riuscire a ridare lustro ai
numerosi grandi e piccoli monumenti che sono stati danneggiati.
Di contro, se le risorse non vengono sprecate, in
particolare a causa della dilagante corruzione, è possibile che già tra pochi
anni sarà possibile riassaporare le esotiche atmosfere che molti angoli delle
città della Valle di Kathmandu sanno regalare.
Ad esempio, il complesso religioso sorto presso il
sacrissimo Tempio di Pashupatinath (http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/07/il-tempio-di-pashupatinath.html) ha subito qualche danno ma
molti dei più suggestivi templi ed ostelli della zona sono rimasti in piedi.
Discorso simile può essere fatto anche per quanto riguarda
gli stupa buddisti, come quelli importantissimi di Bodhnath e Swayambunath,
grazie alla conformazione di queste strutture, delle mezze sfere rovesciate,
che quindi riescono a sopportare meglio le scosse sismiche.
Purtroppo lo stesso non si può dire dei tipici templi indù
nepalesi in stile a pagoda, con una pianta quadrata o rettangolare in muratura
ed i tetti in legno, con le tipiche forme curvate verso l’alto.
Molti di quelli che riempivano le piazze reali delle tre
città più importanti della Valle di Kathmandu, cioè Kathmandu stessa, più Patan
(o Lalitpur) e Bakhtapur, sono andati distrutti e le grande scalinate in
mattoni sui quali sorgevano ora rimangono desolatamente vuote.
Tra le tante vittime illustri dispiace segnalare, ad
esempio, il meraviglioso Nyatapola Temple di Bakhtapur, sormontato da ben
cinque tetti decorati, che riuscì a sfuggire al terremoto del 1934, ma che
questa volta è andato distrutto e si sono salvate solo la base piramidale e la
scalinata fiancheggiata da grandi statue di pietra.
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