martedì 12 luglio 2016

La Valle di Kathmandu: cultura e arte

Nonostante (come abbiamo visto in un precedente post http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/07/la-valle-di-kathmandu-geografia-e-storia.html) la lunga storia della Valle di Kathmandu sia alquanto drammatica e travagliata, la notevole varietà culturale ha influito positivamente sulla produzione artistica.
येँदेय्.jpgCirca l’82% della popolazione è induista mentre il 15% è buddista, sebbene bisogna notare come la differenza tra le due religioni, in Nepal, sia spesso quasi impercettibile.
La posizione geografica, infatti, ne ha fatto da sempre il crocevia tra queste due culture molto esuberanti: l’induista dell’India a sud e quella buddista del Tibet a nord.
Quella nepalese, in particolare nella Valle di Katmandu, risulta essere quindi un perfetto sincretismo delle due che fungono da base ed ispirazione per una cultura particolarmente viva e originale.

La frammentazione della valle, divisa tra i piccoli regni delle tre città più importanti, Kathmandu, Patan e Bakhtapur, fu sicuramente controproducente da numerosi punti di vista, soprattutto quello politico, e terminò infatti con la sottomissione e l’unificazione da parte di una dinastia proveniente da fuori, la città di Gorkha a circa 80 chilometri a ovest.
Questa stessa frammentazione però si rivelò un grande incentivo per l’arte, in quanto i regnanti delle tre città della valle spesso trasferirono la loro rivalità nella costruzione di meravigliosi templi e luoghi di culto, favorendo lo sviluppo di un attivo e pregevole artigianato.
Nel frattempo i comuni nepalesi purtroppo vivevano miseramente ed i finanziameni utilizzati per queste opere d’arte sarebbero stati utilizzati meglio per migliorare la loro condizione, però non si può non notare l’interessante soluzione di risolvere i conflitti per la supremazia politica non solo sul campo di battaglia, ma anche a colpi di martello e scalpello.
Fu così che le piazze dove si affacciavano i palazzi reali (le famose Durbar Square), si riempirono letteralmente di bellissimi templi che sembrano ancora oggi esibirsi narcisisticamente nell’attirare lo sguardo ammirato dei passanti.
(Purtroppo il terremoto del 2015 ha distrutto e danneggiato molti edifici storici che si spera che col tempo, nonché lauti aiuti finanziari esteri, verrano lentamente ricostruiti)

I templi indù sono in genere ottimi esempi dell’architettura e della scultura nepalese, mentre i monasteri buddisti offrono i migliori esempi di pittura; per quanto riguarda invece la musica, data la semplicità degli strumenti (caratteristico del Nepal è il sarangi, una specie di rustico violino di legno a quattro corde) e delle musiche (sia quella devozionale indù, sia quella buddista, ma anche la musica popolare), non ha invece mai prodotto particolari opere o artisti, seppur la musica folk nepalese sia in generale piuttosto piacevole http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/04/breve-cenno-alla-musica-folk-nepalese.html).

Venendo al dettaglio dell’architettura, lo stile caratteristico dei templi nepalesi è quello a pagoda, tipico asiatico, con la struttura principale, quadrata o rettangolare, in mattoni e i tetti in legno costruiti gli uni sugli altri da un minimo di uno fino a ben 5.
Le travi dei tetti, essendo di lavorabilissimo legno, sono sempre molto decorate, con sculture rappresentati divinità e demoni sulle assi principali, ma spesso anche piccole scene erotiche, talvolta al limite di una giocosa pornografia.
Meritano inoltre una citazione i torana, pannelli di metallo (oro, bronzo e ottone) a forma di semicerchio rovesciato, riccamente lavorati, che si trovano posizionati sopra le entrate dei templi.
Da queste arti si è anche sviluppato un fiorente artigianato con prodotti in ceramica, legno e metalli riccamente decorati.

Se quindi le costruzioni che ospitano le divinità sono così finemente decorate, altrettanta cura e maestria viene riservata alla creazione delle divinità stesse: ci riferiamo alla scultura.
Caratteristica di tutti i templi indù è quella di aver collocato, di fronte all’entrata, una figura che rappresenta il veicolo della divinità custodita all’interno; si tratta, nella maggior parte dei casi, del toro Nandi, davanti ai templi di Shiva; di Garuda (creatura metà uomo, metà uccello) davanti ai templi di Vishnu; e di Apu il topo, davanti ai templi dedicati a Ganesha.
Spesso davanti ai templi nepalesi sono presenti più di una scultura rappresentante il veicolo della divinità e questo permette di confrontare stili diversi: le statue di Garuda, in particolare, sono molto varie e si passa dalle semplici sculture in pietra che lo raffigurano come una creatura dalle sembianze umane, col naso leggermente aquilino e le ali sulla schiena, inginocchiato con le mani giunte al petto, a più elaborate sculture in metallo dove viene rappresentato molto più simile ad un uccello, se non ad una specie di drago, ricordando le raffigurazioni indonesiane di Bali o del sud-est asiatico.
Molte sculture di divinità sono così importanti da un punto di vista religioso, che sono considerate in sé stesse templi, senza che gli sia stata costruita attorno nessuna struttura particolare: ottimi esempi sono i tre Vishnu dormienti, scolpiti magistralmente durante l’era licchavi nel VII/VIII secolo, conservati uno a Budhanilkanta (il più bello e sacro dei tre http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/03/vishnu-budhanilkantha.html), uno nei giardini di Balaju (il più piccolo, meno sacro, ma forse più antico) ed infine uno conservato dentro al Palazzo Reale di Kathmandu, ad uso della famiglia reale.
Nella Durbar Square di Kathmandu si può notare anche un grande e colorato bassorilievo dell’aspetto terrifico di Shiva Bhairab, al quale i pellegrini porgono continuamente offerte; mentre a sud della Valle, il sanguinoso “tempio” di Dakshinkali è costituito da un bassorilievo protetto da un grande baldacchino d’oro.

La cultura buddista, da un punto di vista architettonico e scultoreo, offre invece esempi più sobri, con i grandi stupa circolari o i piccoli chorten (santuari quadrati, sormontati da piccoli stupa), ma trova la sua massima espressione nella pittura, sia all’esterno che all’interno dei coloratissimi monasteri.
I monasteri buddisti, detti gompa, concentrati in alcune aree ma riscontrabili un po’ ovunque, oltre ad essere anche loro ospitati in decorate costruzioni, offrono il meglio di sé nella pittura delle pareti interne, dove viene rappresentata la multicolore mitologia buddista.
Il miglior esempio è a Patan, dove, tra i vicoli a nord della Durbar Square, si trova il cosiddetto Tempio d’Oro, probabilmente il monastero buddista più bello e interessante della valle; non molto grande, ma ricco di dettagli, sia nel cortile che negli ambienti interni, offre una atmosfera intensamente tibetana.
Altra caratteristica della pittura buddisto-tibetana è la creazione di coloratissimi mandala (diagrammi rappresentanti il cosmo secondo la dottrina buddista) sia su muri, che su stoffe e tele; i famosi thangka, ad esempio, sono delle striscie di stoffa dove vengono dipinti, o ricamati, elaborati disegni o scritte, e quindi appesi ai muri

L’attiva partecipazione popolare alla vita religiosa della Valle di Kathmandu, è quindi rappresentata dai numerosi templi e luoghi di culto, che ne costellano letteralmente tutto il territorio, ma un’altro aspetto molto importante sono le festività, che a loro volta costellano letteralmente il calendario nepalese.
Le tre Durbar Square principali (Kathmandu, Patan e Bakhtapur), piene come sono di templi dedicati a diverse divinità, fungono spesso da fulcro di feste che durano anche dieci-quindici giorni, durante le quali vengono eseguiti numerosi rituali (non ultimi sacrifici animali), per placare le ire, o favorirsi le grazie, della divinità di turno.
La festività più importante del Nepal è sicuramente Dasain (o Durga Pooja), che cade generalmente in Ottobre, e durante la quale i templi dedicati alle divinità terrifiche femminili, principalmente Durga e Kali o loro rappresentazioni, vengono letteralmente lavati dal sangue dei sacrifici di polli, montoni e bufali.
La più spettacolare, e meno macabra, manifestazione religiosa è forse quella di Patan dedicata a Rato Machendranath, e durante la quale la statua della divinità viene portata in processione su di un pericolante carro di legno, a forma di tempio, alto circa 20 metri.
Oltre all’entusiasmo trainante della folla, bisogna notare la fatica immane dei portatori e le difficoltà tecniche di tale operazione, che avviene tra stretti vicoli intasati di gente e di pericolosi fili elettrici; senza contare che eventuali incidenti al carro di Machendranath sono visti come terribili segni di cattivo presagio.
Anche a Bakhtapur vi è una festa dei carri particolarmente movimentata, ma date le caratteristiche della città, molto meno claustrofobica di Patan, ed all’accorgimento di costruire delle specie di rotaie sulle quali far scorrere i carri, i festeggiamenti risultano leggermente più ordinati ed in genere esenti da incidenti.
Da notare come queste ultime festività sono in onore di divinità venerate sia dagli indù che dai buddisti, per cui entrambe le comunità partecipano assieme gioiose.
Stesso discorso vale per il Capodanno, festeggiato in Nepal per ben tre volte: l’ateo, ma allegro Capodanno “occidentale” del 31 di Dicembre; il coloratissimo Capodanno buddista, chiamato Lohar, durante la prima luna nuova di Febbraio; nonché il Capodanno induista compreso tra i lunghissimi festeggiamenti di Diwali a Ottobre-Novembre.

Durante i (rari) giorni in cui non ci sono feste, i luoghi principali di culto della Valle di Kathmandu, e forse dell’intero Nepal, sono Pashupatinath per l’induismo e Bodhnath per il buddismo.

Nessun commento:

Posta un commento