Il motivo principale della popolarità e
del successo dei trekking in Nepal è sicuramente il contatto con la natura.
Sia grazie al poter camminare per
giorni tra le stupende cime himalayane, letteralmente immersi in boschi quasi incontaminati,
ma anche perché, allontanandosi dalla civiltà e dalle sue comodità, spesso
superflue, si riesce ad apprezzare il piacere di una vita più semplice, genuina
e naturale, come quella che si conduce nei villaggi di montagna.
Questo privilegio, oltretutto, risulta
essere piuttosto facile da ottenere dato che l’unico requisito richiesto per
affrontare la maggior parte dei percorsi di trekking, oltre ad un minimo di
intraprendenza ed organizzazione, è saper camminare; gli itinerari classici
infatti seguono sentieri ben battuti attraversando ridenti e ospitali villaggi
di montagna, dotati di semplici alberghi e guest-house, dove trovare quel poco
indispensabile per riposare e rifocillarsi.
Dal punto di vista prettamente
naturalistico, caratteristica unica del Nepal è quella di ospitare numerosi
ecosistemi, in quanto il paese si sviluppa dal livello del mare delle pianure
meridionali, fin sopra gli ottomila metri delle cime himalayane.
In trekking capita quindi molto spesso
di passare in pochi giorni, o anche nello stesso giorno, attraverso ambienti decisamente
diversi: le foreste subtropicali delle colline (fino ai 2.000 m.l.m.); le
foreste di querce e pini della zona temperata media (tra i 1.700 e i 2.700
m.l.m.); i rododendri e altri pini della zona temperata alta (tra i 2.400 e i
4.000 m.l.m.); gli abeti e le betulle della zona subalpina (tra i 3.000 e 4.000
m.l.m.); i piccoli arbusti e cespugli della zona alpina (tra i 3.500 e i 5.000);
infine le pietraie, i ghiacciai e i nevai perenni delle cime delle montagne.
Anche la fauna risulta essere quindi molto
diversificata, in particolare l’esuberante avifauna himalayana che, in forme
particolarmente varie, occupa indisturbata tutte le numerose nicchie ecologiche
a sua disposizione.
Seppur in Nepal (e volendo anche in
India) gli uccelli siano numerosi ovunque, comprese le inquinatissime e
caotiche città, allontanandosi dai centri abitati si possono esprimere in variegate
forme e comportamenti.
Numerosissimi sono i passeriformi rappresentati
pressoché in ogni ecosistema, fino alle cime più elevate, con il piccolo Alpine
Accentor reperibile talvolta fin sopra i 7.000 m s..l.m..
Tra le famiglie più comuni e
caratteristiche delle montagne nepalesi vanno segnalati i babblers (garruli),
presenti con numerose e differenti specie: dalle piccole e bellissime yuhina,
con la testa a punta e i tenui colori pastello (che si mischiano in genere ai
piccoli gruppetti di cincie, anch’esse numerosissime); ai grossi e rumorosi
tordi ridaioli; o i più rari ma spettacolari garruli dal becco a scimitarra.
Altri uccelli che si incontrano
facilmente lungo i percorsi di trekking sono: sgargianti fagiani, colorati piccioni,
chiassosi merli, potenti barbuti, schive civette, narcisistiche ballerine, spericolati
codaforcuta, attivi pigliamosche, etc...
Un altro aspetto che rende i trekking
in Nepal molto interessanti e suggestivi è quello antropologico in quanto gli
abitanti delle montagne appartengono a diverse etnie e spesso le differenze
sono piuttosto evidenti.
Non tanto per l’abbigliamento, i
vestiti tradizionali infatti, escluse cerimonie e ricorrenze particolari, hanno
ormai ceduto il passo al più pratico abbigliamento moderno (in particolare ad
imitazioni cinesi di capi occidentali), ma nella costruzione dei villaggi e
delle case che grossomodo seguono, o hanno seguito, i sistemi tradizionali.
I magar,
per esempio, sono un’etnia tibetano-birmana che costruisce case (spesso
circolari) ricoperte di fango rosso e dal tetto in paglia, mentre i tamang, anch’essi tibetano-birmani,
costruiscono le loro case in mattoni, con un porticato e un cortile, oppure gli
sherpa, originariamente tibetani, che
invece usano la pietra per i muri e l’ardesia per i tetti.
Le differenze religiose invece, seppur
presenti, risultano essere un po’ più difficili da cogliere.
Di base la maggior parte delle etnie
di montagna sono buddhiste, ma sono spesso presenti sia una forte influenza
indù, sia del bon, una religione
tibetana pre-buddhista.
I tamang
sono noti per la costruzione di chorten,
altari buddhisti a base quadrata con una cupola sopra, e nei loro territori è
facile imbattersi nei muri di pietre mani,
dei sassi tondeggianti sopra i quali vengono incise le lettere dei mantra in
lingua pali.
Gli sherpa invece sono noti per la costruzione di monasteri e nei loro
villaggi è quasi sempre presente un gompa, tipico tempio quadrato dai muri
bianchi e il tetto in legno.
A prescindere dall’etnia, ogni paesino
sfoggia comunque le sue colorate e allegre bandiere della preghiera, in genere
appese alla maniera classica tra le case o tra gli alberi, ma talvolta anche
issati su lunghissime aste di bambù.
Sebbene il trekking sia un’attività
praticabile ovunque ci siano colline o montagne, e il Nepal è formato
soprattutto da colline e montagne, le aree attrezzate più importanti, dove si
possono incontrare facilmente locande per dormire e mangiare, sono
essenzialmente tre.
Partendo da oriente, a circa 150
chilometri da Kathmandu, si erge il Monte Everest che, oltre ad essere
chiaramente meta di vero e proprio alpinismo, offre numerosi e affascinanti percorsi
di trekking (di cui il più famoso è senza dubbio quello per il Campo Base
dell’Everest), che permettono quindi di osservare da vicino il monte più alto del Mondo.
L’unico inconveniente dei percorsi di
questa zona è la difficoltà nel raggiungerli, visti i lunghi percorsi in
autobus, ed evitando possibilmente i piccoli, inquinanti e pericolosi aereoplani
locali
Una seconda zona di trekking si trova
appena a nord della Valle di Kathmandu, nelle regioni del Lantang e
dell’Helambu.
Questa zona si sviluppa tra montagne
non altissime e non offre i migliori panorami dell’Himalaya, ma risulta essere
molto interessante per le differenze etniche, e molto comodo date le altitudini
non elevate e il fatto che si può iniziare a camminare da appena fuori la Valle
di Kathmandu.
Ma il vero paradiso dei trekkers è
sicuramente la zona a nord di Pokhara, intorno alle vette del massiccio dell’Annapurna.
Il percorso più importante è il
circolare periplo dell’Annapurna, che però richiede un particolare spirito di
sacrificio, visto che dura circa 12-15 giorni (sempre evitando aereoplani o
altri inquinanti mezzi a motore) e attraversa il famoso Passo Thorung La che si
trova intorno ai 5.400 metri.
Altro trekking molto noto è quello che
porta al Campo Base dell’Annapurna, seppur anche in questo caso si raggiungano in
pochi giorni altitudini superiori ai 4.000 metri.
Nel caso non si fosse abbastanza
intraprendenti per percorrere questi trekking, è però possibile compiere una
serie di percorsi “minori” della durata di 7-8 giorni (ma anche meno), che sono
comunque molto popolari visto che offrono stupende atmosfere di montagna nonché
impareggiabili paesaggi himalayani.
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