martedì 26 luglio 2016

Luoghi sacri buddisti, III parte: Sarnath

Sarnath 1858.jpg
Il Dhammaka Stupa in un disegno del 1858
Sarnath, il luogo dove il Buddha promulgò il primo sermone dopo l’illuminazione, si trova a circa 20 chilometri dalla sacra e turistica città di Varanasi, quindi gode di un afflusso di visitatori piuttosto costante.
Purtroppo questo però non è quasi di nessun aiuto per l’economia del posto, in quanto Sarnath rappresenta una gita da Varanasi di mezza giornata, durante la quale, i pur danarosi turisti, al massimo comprano qualche bottiglia d’acqua o due cianfrusaglie nei negozietti e nelle bancarelle d’artigianato.

Il luogo sacro principale è il Parco dei Cervi, dove ancora oggi ne viene allevato un piccolo branco, che è possibile nutrire, con dei pezzettini di verdure che delle anziane signore vendono per poche rupie.
(Questa abitudine dei buddisti di rinchiudere gli animali, soprattutto uccelli e pesci, ma spesso anche mammiferi, per poi nutrirli o liberarli per mostrare la grande compassione del Buddha, andrebbe comunque scoraggiata.)
In mezzo al curato giardino nei pressi dell’entrata principale si trova il grazioso tempio della Mahabodhi Society (un’importante associazione internazionale che si occupa del buddismo in India), di dimensioni modeste ma ben proporzionate e riccamente decorato.
Non molto lontano, in un’area appartata, si trovano alcune sculture piuttosto recenti che rappresentano il Buddha che impartisce il primo sermone ai suoi primi 5 storici discepoli; la cosa più interessante, per certi versi sorprendente, sono in realtà i cartelli esplicativi, costituiti da grandi lastre di pietra, dove è scolpito il primo celebre sermone del Buddha in molte lingue asiatiche, oltre all’inglese, creando un particolare effetto linguistico-artistico.

Poco lontano dall’ingresso del Parco dei Cervi, sulla strada verso l’area archeologica, si incontra un raro tempio Jainista, grazie al fatto che a Sarnath nacque Shreyansanatha, 11esimo tirthankara (profeta) della religione Jaina.
In realtà questo tempio, contrariamente al classico stile jainista noto per le decorazioni, esternamente non è molto particolare, ma si trova dentro un piccolo giardino ben curato ed ospita un altare piuttosto semplice dominato da una gradevole statua di Shreyansanatha; interessanti sono anche i colorati disegni che adornano i muri della stanza.

L’area archeologia è costituita da un grande giardino molto ben tenuto, dominato dall’imponente mole del Dhammaka Stupa.
Costruito intorno al V secolo d.C. per sostituire una più piccola e antica costruzione fatta erigere dall’imperatore Ashoka (http://informazioniindiaenepal.blogspot.it/2016/02/limperatore-ashoka.html) nel III-II secolo a.C., pare indichi il punto esatto dove il Buddha promulgò il primo sermone.
Al giorno d’oggi purtroppo sono sparite quasi tutte le decorazioni esterne, quindi si presenta come un grande cilindro a punta in solidi mattoni, alto circa 43 metri e largo 28.
Nel parco che ospita il Dhammaka Stupa si trovano numerosi resti in mattoni di antichissimi templi e monasteri, in uno dei quali potrebbero essere stati raccolti in passato alcuni dei resti mortali del Buddha, seppur il punto esatto non sia stato ancora rintracciato.

Sempre nei pressi del grande Dhammaka Stupa, sorgeva una delle famose colonne di Ashoka, rinvenuta nei primi anni del ‘900 rotta in più pezzi, ma della quale si è salvato quasi intatto il meraviglioso capitello che oggi rappresenta il simbolo ufficiale dell’India.
La scultura raffigura 4 leoni appoggiati schiena contro schiena, sotto ai quali scorre una fascia dove sono rappresentati un elefante, un cavallo, un toro ed un leone, intervallati da piccole ruote del dharma (etica, morale) a 24 raggi, in India chiamate anche ruote di Ashoka.
Probabilmente una di queste ruote era scolpita anche sopra alla testa dei leoni del capitello, ma purtroppo ne erano rimasti solo pochi frammenti rotti nei paraggi.
Infine, la base della scultura è composta da un grande ed elegante fiore di loto rovesciato.

Per proteggere quest’opera ed altri reperti rinvenuti in zona, già nel 1905 vennero inziati i lavori di costruzione di un piccolo museo, completato nel 1910 e quindi uno dei primi musei in situ dell’India, l’entrata del quale si trova infatti non molto lontano dall’accesso al parco storico.
Nonostante le modeste dimensioni, la visita a questo museo è assolutamente imprescindibile per poter ammirare da vicino appunto il meraviglioso capitello di Ashoka, che fa bella mostra di sé in mezzo alla stanza principale.
Ai lati si aprono due corridoi simmetrici a forma di L, fiancheggiati da pregevoli sculture, datate dal III secolo a.C. fino al XIII d.C., che adornavano gli antichi edifici più importanti dell’area; le più datate sono di ispirazione buddista mentre le più recenti rappresentano divinità indù, secondo la successione storico-cronologica delle due religioni in questa parte settentrionale del subcontinente indiano.

Il Chaukandi Stupa, situato sempre nelle vicinanze, proseguendo oltre il museo, venne costruito dalla dinastia Gupta intorno al IV-VI secolo d.C. per commemorare il luogo dove il Buddha incontrò i suoi 5 discepoli.
Come  avvenuto in altri casi, originariamente lo stupa venne sviluppato da un cumulo funerario e serviva come protezione per alcune reliquie del Buddha.
Successivamente, intorno alla metà del XVI secolo, sulla cima dello stupa venne aggiunta una piccola torre ottagonale in mattoni in stile moghul, per commemorare la visita dell’imperatore Humayun.

Infine, come succede anche negli altri 3 luoghi sacri più importanti per la vita del Buddha (Lumbini, Bodhgaya e Kushinagar), Sarnath ospita numerosi templi e monasteri costruiti nelle ultime decine d’anni dai paesi a maggioranza o forte influenza buddista.

Tra i più originali si segnalano quello thailandese, giapponese, tibetano, birmano e cinese.

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