lunedì 30 gennaio 2017

Il giornalista-scrittore Khushwant Singh, II parte

Not a nice man to know (Non una bella persona da conoscere) è il titolo di un libro del giornalista-scrittore indiano Khushwant Singh, pubblicato nel 1993.
Come intuibile anche dal sottotitolo The best of Khushwant Singh, si tratta di una raccolta di alcuni dei suoi scritti più significativi, divisi in: rubriche editoriali, articoli, traduzioni, opere di saggistica, fiction, una commedia teatrale ed una serie di barzellette.
Il titolo prende spunto dall’ultima frase del primo testo presente nel libro, un editoriale in cui Khushwant Singh scrive di se stesso, con particolare onestà e schiettezza.
Segue libera taduzione.

Seein oneself (Guardare se stessi)
Gli dei, nella loro saggezza, non mi hanno garantito il dono di vedermi come gli altri vedono me. Avranno pensato che sapere cosa gli altri pensano di me avrebbe potuto portarmi a tendenze suicide, così hanno deciso di lasciarmi a cuocere nella mia autostima. Ora sono davanti al difficile compito di scrivere su me stesso.

È un incarico davvero spaventoso. Avete mai provato a guardarvi dritto negli occhi davanti allo specchio? Provateci e capirete cosa intendo. Dopo pochi secondi inizierete a spostare lo sguardo dagli occhi a qualche altro punto, come le donne quando si truccano e gli uomini quando si radono. Guardare nella profndità dei propri occhi rivela la nuda verità. E la nuda verità circa se stessi può essere molto sgradevole.

Lo so di essere un uomo brutto. Però la bruttezza fisica non mi ha mai impedito di approcciare le più belle donne che ho incontrato. Sono convinto che solo delle ninfomani testevuote siano in cerca di bellissimi gigolò. Non gli interessano le persone come me; e a me non interessano quelle come loro. Non sono preoccupato per il mio aspetto esteriore, il mio turbante disordinato, la mia barba incolta o il mio sguardo vitreo (una volta mi dissero che miei occhi sono quelli di un perfido libidinoso), ma per ciò che si trova al di là dell’aspetto fisico, il vero me, composto da emozioni conflittuali, amore e odio, una generale irritabilità, l’occasionale equilibrio, le irose denuncie e la tolleranza verso il punto di vista degli altri, la rigida aderenza ai regimi che mi sono imposto e l’adattabilità alle comodità degli altri. Ed altri ancora. È sulla base di queste qualità che considero la stima di me stesso.

Prima di tutto dovrei occuparmi della questione che spesso la gente mi chiede “Cosa pensi di te stesso come scrittore?”. Senza voler mostrare falsa modestia, lasciatemi dire, onestamente, che non mi considero molto in alto. So distinguere un buon scritto da uno non così buono, le prime scelte da quelli passabili. So che tra gli scrittori indiani o nati in India, Nirad Chaudhuri, V.S. Naipaul, Salman Rushdie, Amitav Gosh e Vikram Seth padroneggiano la lingua inglese meglio di me. So anche che posso, e l’ho fatto, scrivere bene come molti altri, R.K. Narayan, Mulk Raj Anand, Manohar Mangolkar, Ruth Jhabvala, Nayrantara Sahgal o Anita Desai. In più, al contrario della maggior parte degli appertenenti a queste due categorie, non ho mai rivendicato di essere un grande scrittore. Credo che auto elogiarsi sia la più grande forma di volgarità. Quasi tutti gli scrittori indiani che ho incontrato sono propensi a lodare i propri risultati; questo è qualcosa che non ho mai fatto. Nemmeno richiesto qualche premio o riconoscimento, e nemmeno divulgato false storie sull’essere considerato per il Premio Nobel per la letteratura. La lista di prominenti indiani che hanno sparso questa fandonia su se stessi è impressionante: Vatsayan (Agyeya), G.V. Desani, Dr. Gopal Singh Dardi (ex-governatore di Goa), Kamla Das e molti altri.

Sono una persona gradevole? Non ne sono sicuro. Non ho molti amici perché non dò molto spazio all’amicizia. Ho scoperto che gli amici, seppur bravi e sinceri, richiedono più tempo di quello che sono disposto a dedicargli. Mi annoio piuttosto facilmente in compagnia delle persone e preferisco leggere un libro od ascoltare musica piuttosto che parlare a lungo con qualcuno. Ho avuto alcuni amici molto vicini durante la mia vita e mi vergogno di ammettere che quando qualcuno di loro si è allontanato da me, invece di essere scontento, mi sono sentito sollevato. E quando qualcuno è morto, ho amato il loro ricordo più della loro compagnia quando erano vivi.

Ho sempre avuto lo stesso atteggiamento verso le donne che mi sono piaciute o ho amato; non ci metto molto a diventare emotivo con le donne. Spesso, al primo incontro, pensavo di aver trovato la mia Elena, ma nessuna di quelle infatuazioni è durata a lungo. Qualche volta, il tradimento della fiducia mi ha ferito profondamente, ma niente ha lasciato cicatrici indelebili nella mia psiche. L’unica lezione che ho imparato è che appena senti che l’altro si sta raffreddando, devi essere tu a lasciare. Lasciare le persone da quasi un senso di trionfo, mentre essere lasciati è una sconfitta che ferisce profondamente l’ego. Non ho il dono di essere amichevole, né di amare o essere amato.

La mia passione più grande è l’odio. Fortunatamente non è mai stato diretto verso gruppi specifici, ma solo contro certe tipologie di persone. Odio con una passione indegna per chiunque gli piaccia descriversi come civilizzato. Faccio del mio meglio per ignorarli, ma sono come il male a un dente che periodicamente mi spinge a cercarlo con la lingua per assicurarmi che faccia ancora male. Il mio odio va al di là delle persone che odio, me la prendo anche con quelli che diventano i loro amici; l’amico del mio nemico diventa mio nemico.
Fortunatamente non odio molte persone, posso contarle sulla punta delle dita di una mano sola, non più di 4-5, e se raccontassi perché le odio, forse sareste daccordo con me che meritano odio e disprezzo.
Odio quelli che vantano amicizie altolocate, che si auto elogiano, gli arroganti, i bugiardi; c’è qualcosa di sbagliato nell’odiare questo tipo di persone? Le gente mi chiede “Ma perché non li lasci stare? Perché non ignori la loro esistenza?”. No, questo è qualcosa che non posso fare. Non posso resistere alla tentazione di prendere in giro chi si vanta di conoscere persone importanti, di dire in faccia ad un bugiardo che è un bugiardo e adoro maltrattare gli arroganti. Ho avuto spesso dei problemi per la mia incapacità di resistere a schernire questo tipo di persone. E siccome la maggior parte di questi passa da un successo all’altro, diventano ministri, governatori e ricevono riconoscimenti che non gli spettano, la mia rabbia spesso esplode e li denuncio anche nei miei scritti. In passato sono stato trascinato in tribunale e di fronte al Consiglio della Stampa, che è una gran perdita di tempo e di soldi. Penso che mi procurerò delle statue di cera dei miei odiati preferiti e sfogherò il mio malumore infilando degli aghi sulle loro effigi; possano le mosche di un migliaio di cammelli infestare le loro ascelle!

Non sono una brava persona da conoscere.

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