domenica 8 gennaio 2017

Il racconto Pus ki raat, I parte

“Pus ki raat” è un racconto di Premchand tra i più noti per quanto riguarda il realismo e la descrizione delle misere condizioni delle persone povere ed indigenti.
Il titolo significa “Una notte di Pus”, che è il mese indù più freddo, cadendo tra il 22 di Dicembre ed il 20 di Gennaio, e vi sono narrate le vicende di una coppia di contadini alle prese con il pagamento dei debiti ed il mantenimento dei campi, durante una fredda notte invernale.
Segue libera traduzione divisa in due parti.

Rientrando in casa Halku disse “È arrivato il riscossore dell’affitto dei campi. Dammi le rupie rimaste che gliele do e me lo levo di torno”.
La moglie stava spazzando il pavimento, si girò e disse “Abbiamo solo tre rupie, se le diamo a lui come farai a comprarti la coperta? Come farai a passare la notte nei campi? Digli di tornare dopo il raccolto, ora non possiamo pagarlo”.
Per un momento Halku rimase perplesso. L’inverno era arrivato e non poteva stare di notte nei campi a fare la guardia senza una coperta. Ma il riscossore non accetterà di passare dopo il raccolto, lo insulterà e lo minaccerà. Sarà meglio affrontare l’inverno in qualche modo e almeno risolvere questo problema. Pensando ad una soluzione, si diresse verso la moglie cercando di convincerla “Per favore, dammi i soldi e ci leviamo questo pensiero. Troverò una soluzione per la coperta”.
Munni si allontanò da lui e inarcando le sopracciglia disse “Un’altra soluzione? Tu? Fammi sentire come la risolverai. Gli dobbiamo tanti soldi che questa storia non finirà mai. Dico, perché non lasci perdere l’agricoltura? Ti spacchi la schiena per lavorare nei campi e quando arriva il raccolto lo consegni a lui. Siamo nati per pagare debiti e lavoriamo duro solo per riempire il nostro stomaco. Che senso ha coltivare in questo modo? No, non te li do i soldi”.
Amareggiato a sentire questo, Halku chiese “Quindi dovrò farmi insultare?”.
Munni rispose “Perché dovrebbe insultarti? Chi è, il nostro padrone?”.
Ma appena disse queste parole, la sua arrabbiatura diminuì, perché c’era del vero nell’affermazione di Halku, che si sentiva come preda di un animale feroce.
Munni tirò fuori i soldi dalla nicchia nel muro e li diede ad Halku dicendo “Questa volta abbandona l’agricoltura. Se lavorerai alla giornata almeno potrai guadagnare dei soldi e mettere da parte qualcosa. E non saremo costretti a subire insulti da nessuno. Questo sì che è un bel lavoro: ci spacchiamo la schiena nei campi, diamo via tutto ciò che raccogliamo e dobbiamo ancora subire tutto questo”.
Halku prese i soldi e lasciò la stanza addolorato, come se dovesse strapparsi il cuore dal petto e consegnarlo.
Aveva risparmiato tre rupie con un duro lavoro per comprarsi una coperta e oggi doveva darle via. Ogni passo che faceva aumentava il peso della sua impotenza.

Che buia notte invernale! Sembrava che perfino le stelle nel cielo stessero rabbrividendo. Halku era seduto sulla sua brandina di canne da zucchero, avvolto in un vecchio lenzuolo, e stava tremando dal freddo. Sotto alla branda c’era il suo cane Jabra, che raggomitolato stava gemendo per il gelo. Nessuno dei due riusciva a dormire.
Tirando su le ginocchia fino al mento Halku disse “Hai freddo Jabra? Ti avevo detto di stare a casa, perché sei venuto? Ora trema dal freddo, cosa ci posso fare? Pensavi che stessi andando a banchettare ed ora ti lamenti”.
Jabra scondinzolò e dopo uno sbadiglio smise di gemere, come se stesse pensando che fosse quello il motivo per cui il suo padrone non riusciva a dormire.
Halku accarezzò il suo gelido pelo “Non venire con me domani, altrimenti morirai di freddo. Non so proprio da dove arrivi questo vento ghiacciato. Alziamoci, fumiamo una pipa e cerchiamo di passare la notte in qualche modo. Ho già fumato otto pipe, questo è il lato divertente dell’agricoltura. Per il resto noi lavoriamo duro ed altri ne traggono vantaggio a nostre spese”.

Halku si alzò, riempì la sua pipa e l’accese prendendo della brace dal fuoco ormai spento. Anche Jabra si era alzato ed Halku gli chiese “Anche tu vuoi fumare? Ti aiuterà a rallegrarti un po’”.
Jabra lo guardò con occhi amorevoli ed Halku gli disse “Resisti a questo freddo solo per oggi. Domani ti porto qualche straccio, così con quelli potrai scaldarti un pochino”.
Jabra mise le zampe sulle ginocchia di Halku ed avvicinò il muso al viso del suo padrone, che ne fu quasi rallegrato, sentendo il calore del suo fiato.
Dopo aver fumato la sua pipa, Halku si sdraiò di nuovo, risoluto che in qualche modo avrebbe dormito un pochino, ma presto iniziò di nuovo a tremare. Per un po’ continuò a tossire e rigirarsi, ma il freddo sembrava un demone che gli si pressava sul petto.
Non riuscendo a risolvere la questione, accarezzò la testa di Jabra, lo sollevò e si sdraiò con il cane di fianco a lui. Il cattivo odore non l’avrebbe trattenuto dall’avere quel sonno che gli era stato negato negli ultimi tempi. Jabra pensava di essere in paradiso e nel cuore di Halku non c’era la minima avversione verso il cane. Lo stava abbracciando come avrebbe fatto con i suoi famigliari ed i suoi cari. Non era toccato dall’impotenza della situazione che lo aveva portato a quello stato. Questa amicizia aveva aperto le porte della sua anima ed ogni suo poro stava brillando di felicità.

All’improvviso Jabra sentì il movimento di un animale. Questa particolare intimità aveva infuso in lui nuovo vigore che faceva passare il freddo in secondo piano. Quindi uscì dal rifugio ed iniziò ad abbaiare. Halku cercò di farlo tornare indietro facendo qualche verso ma Jabra continuò imperterrito a correre intorno al campo abbaiando. Ogni tanto tornava per qualche secondo ma poi correva di nuovo via. Il dovere ormai aveva occupato il suo cuore come uno sfrenato desiderio.

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