martedì 31 gennaio 2017

Il giornalista-scrittore Khushwant Singh, III parte, umorismo

L’ultima sezione del libro di Khushwant Singh “Not a nice man to know” (http://informazioniindiaenepal.blogspot.in/2017/01/il-giornalista-scrittore-khushwant.html) è dedicata alle barzellette, precedute da un breve saggio dell’autore sull’umorismo, scritto nel 1992 ed intitolato What’s so funny? (Cosa c’è di così divertente?).
Libera traduzione, cui segue una delle barzellette; altre verranno pubblicate in un successivo post.

Inventare barzellette non è una questione da ridere. È un lavoro serio che richiede conoscenza, intuito ed esperienza su cosa farà ridere le persone e cosa invece no. Prima di tutto dobbiamo scoprire perché le persone ridono. Per alcuni, la vista di una persona con un grande naso, il labbro leporino, le balbuzie, un’enorme pancia, una zoppia è abbastanza per farli ridere. Altri vogliono più azione, come uno che scivola su una buccia di banana, per avere la stessa reazione. Non bisogna avere senso dell’umorismo per ridere di queste cose, ma al contrario ne rivelano una totale mancanza.

Ci sono molte cose che fanno ridere diversamente le persone. Ma cercare di analizzare le risate è come sezionare una rana: potrai osservarne le interiora e tutto quello che si trova nel suo corpo, ma ucciderai la rana. Dovresti invece cercare di accettare le risate come un fenomeno che rilascia la tensione e ti fa sentire più leggero e contento. Persone di età diverse reagiscono in maniera diversa in differenti situazioni. Un bambino ride quando vede qualcuno cadere dalle scale, mentre un adulto sarà dispiaciuto perché gli è successa una cosa simile e sa quanto sia doloroso. Anche tra gli adulti comunque gli stimoli che scatenano una risata sono sono diversi da nazione a nazione. Sebbene gli europei abbiano un gran numero di barzellette sugli ebrei, gli scozzesi, gli irlandesi, i polacchi, sono considerate di cattivo gusto. Al contrario in India, molte delle nostre barzellette sono dirette a certe comunità e prendiamo in giro i marwari (gruppo etnico rajasthano), i bania (una casta di mercanti del nord dell’India), i parsi, i sikh, ma sono tutte largamente basate su stereotipi e non hanno alcuna base reale. Gli europei si lasciano andare al black-humour con barzellette sui funerali e sulla morte, in India le consideriamo di cattivo gusto. Sebbene, condividiamo lo stesso interesse nelle barzellette sulle nostre suocere e le nostre mogli; fare del cognato il bersaglio di barzellette, poi, è una specialità tipica indiana.

Questo mostra che tutti siamo appassionati all'umorismo. E più si cerca di sopprimerlo, più si manifesta. Se vieti ad una persona di ridere, riderà ancora di più. Per questo le barzellette su Hitler, Stalin, il fascismo, il comunismo fiorirono in Russia e Germania. Quando il Generale Zia-ul Haq impose la dittatura militare in Pakistan, venne in gran parte ridicolizzato nel suo paese. Come in India, quando Indira Gandhi instaurò il regime dell’Emergenza e divenne l’obiettivo dell’umorismo per aver soppresso la libertà di parola.

Ridere degli altri è molto più facile che ridere di se stessi. Solo persone con una notevole sicurezza di sé si possono permette di ridere delle proprie debolezze. C’è stato un tempo, prima dell’Operazione Blue Star (l’invio dell’esercito nel tempio più sacro per i sikh per debellare un gruppo di terroristi) che i sikh si vantavano, giustamente, di creare le più belle barzellette sui sikh. Ma da allora hanno sviluppato un atteggiamento negativo e si offendono per le barzellette indirizzate a loro. In ogni caso, le barzellette sui sikh continuano a fiorire. Un’altra comunità che eccelle nel prendersi gioco di se stessa è quella dei parsi. Ci sono molte barzellette sui parsi, ma andrebbero recitate in lingua parsi del Gujarat. Non conosco nessun’altra comunità indiana che sia così sicura di sé da prendersi in giro da sola.

Non molte persone sono a conoscenza del fatto che l’India ha una lunga tradizione di umorismo fin dai tempi di Kalidas (poeta sanscrito del V secolo). Ogni generazione ha prodotto grandi umoristi, come Birbal, Tenali Raman e Gopal Bhat, senza contare i numerosi bhand (menestrelli) che hanno mantenuto viva questa tradizione attraverso i secoli.

Io ho i miei obiettivi cui mirare. Oltre i potenti e quelli che pensano sempre di avere ragione, trovo estremamente ridicole le persone che si vantano di conoscere gente importante; non credo esista un solo indiano che non si auto elogi e non si vanti di conoscere qualcuno. Questa malattia affligge i nostri politici che non perdono occasione per accennare a quanto siano vicini al Primo Ministro, al Capo dei Ministri o ad altre alte cariche. In più, i nostri politici sono dei bigotti conta frottole che dichiarano il loro sacrificio per il paese e la loro dedizione al servizio della società. Non è molto difficile sgonfiare la loro autostima con mirate punzecchiature. Considero l’autoincensarsi una forma di volgarità particolarmente comune tra i miei connazionali, che introducono invariabilmente con frasi tipo “sebbene non debba essere io a dirlo, ma...”.

L’umorismo dell’uomo comune è di un’ordine inferiore rispetto a quello delle persone sofisticate. Le persone acculturate reagiranno ad allusioni letterarie, giochi di parole e barzellette su poeti, scrittori, compositori e pittori, che non significano nulla per la media delle persone. Il pubblico dei cinema, ad esempio, si diverte con le più generiche tipologie: un semplice riferimento ad una moglie come il Ministro del Interni, farà scoppiare dalle risate un’audience indiana. Ogni situazione in cui una donna caparbia e determinata viene umiliata, li farà sbellicare. La nostra gente deve essere educata per capire e divertirsi con un umorismo più sottile.

Le più sofisticate riviste di umorismo sono Punch (settimanale inglese purtroppo chiuso nel 2002) e The New Yorker (pubblicata dal 1925), perché non sono solo comiche, ma hanno una forma molto sottile e ricercata di spirito, ironia, sarcasmo, che solleticano la fantasia. Ogni tanto le loro vignette sono così sottili che ci vuole un po’ di tempo per capirne il vero significato.

Non sono molti i giochi scritti e stampati che fanno esplodere dalle risate, il massimo che possono provocare è un sorriso pensieroso. Per l’esplosione di risate, le battute devono essere recitate da qualcuno che conosca l’arte di raccontare barzellette. Per fortuna questo tipo di persone si trovano in ogni classe sociale e ad ogni festa. Anche a me viene spesso chiesto di raccontare alcune delle mia barzellette preferite. Personalmente non ho una lista delle migliori, ma ce ne sono una dozzina che racconto spesso per migliorarle dopo ogni volta che le ripeto. Purtroppo la maggior parte non sono pubblicabili perché sono sconce e basate sul sesso.

Ad ogni modo, eccovene alcune dalla mia collezione, che ho scelto insieme alla mia nipotina...

Una ricca signora aveva quattro figli molto brillanti e non faceva altro che vantarsi dei loro risultati scolastici, sicura che da grandi sarebbero diventati delle importanti personalità. Io, ironicamente, le chiesi se aveva mai sentito parlare dello slogan sulla pianificazione familiare “Hum do, hamari do” (Noi siamo due, i nostri sono due, per porre un limite all’eccessivo numero di nascite), e lei mi rispose altezzosamente “Sì, ma quello è per le persone comuni, non per quelli come noi che hanno figli altamente intelligenti e si possono permettere di dargli la migliore istruzione”.
“In questo caso, non potreste farne cinque di più e dare all’India altri Nau Ratan?” (letteralmente Le Nove Gemme, riferito ai famosi nove eccellenti consiglieri di cui si era circondato l’imperatore Akbar)
La signora ignorò il mio sarcasmo e mi rispose “No, no! Ho appena letto un libro sulle statistiche della popolazione mondiale che dice che ogni cinque bambini che nascono al mondo uno è cinese!”.

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