venerdì 27 gennaio 2017

Il tè in India

File:Loose leaf darjeeling tea twinings.jpg
Foglie di tè di Darjeeling
La coltivazione del tè in India venne iniziata dagli inglesi nei primi anni dell’800, con lo scopo di rompere il monopolio della Cina.
Vennero quindi creati degli incentivi per favorire la diffusione delle coltivazioni di tè, principalmente negli stati del nord-est, come l’Assam, dal clima particolarmente favorevole, ed a metà del XIX secolo l’India era diventato il maggior produttore mondiale.
Considerato inizialmente un raffinato gusto dei colonizzatori, grazie ad una massiccia campagna pubblicitaria britannica, intorno ai primi anni del ‘900 il tè iniziò ad essere abbondantemente consumato da tutti gli indiani, anche per il fatto che l’acqua deve essere bollita, rendendola una bevanda sicura dal punto di vista igienico-sanitario.
Negli ultimi anni, con l’aumento della disponibilità dei terreni adatti, la Cina ha superato la produzione indiana, che comunque rimane al secondo posto, mentre per quanto riguarda il consumo, l’India è al primo posto, seppur il consumo pro-capite annuale, per questioni economiche, non sia molto elevato.

Come anticipato, le aree migliori per la coltivazione del tè sono le colline del nord-est del paese, con la zona di Darjeeling, cittadina di montagna dello stato del Bengala Occidentale al confine col Nepal, noto centro di produzione di un’ottima qualità di tè nero, come il vicino stato dell’Assam.
Vaste coltivazioni si trovano comunque anche in altri stati del nord dell’India, come l’Himachal Pradesh, mentre a sud la produzione di tè è concentrata in Karnataka, Kerala e Tamil Nadu.
Le qualità più apprezzate sono il tè di Darjeeling e dell’Assam, il Kangra Tea, dell’omonima area collinare dell’Himachal Pradesh, ed il Nilgiri Tea, delle omonime colline del Tamil Nadu, tutti tè scuri e molto aromatici.
La produzione di tè verde è in India molto limitata, meno del 10% del totale, anche perché il 70% del tè indiano viene consumato all’interno del paese sotto forma di chai (del quale vedremo tra poco), dove viene utilizzato preferibilmente tè nero.

Una tazza di chai
Per quanto riguarda il consumo, la bevanda nazionale indiana è appunto il chai, detto anche masala tea, un decotto a base di acqua, latte, zucchero e tè, cui viene aggiunta una mistura di spezie tipiche del subcontinente, in particolare zenzero e cardamomo, ma anche cannella, chiodi di garofano, noce moscata e pepe nero.
Il risultato è una bevanda molto saporita, seppur il gusto del tè venga in gran parte coperto da quello di latte e spezie.
Le caratteristiche di un buon chai, reperibile pressoché ovunque in migliaia di minuscoli “chai shop” sparsi letteralmente ovunque, stanno chiaramente in un saggio bilanciamento delle spezie, che prima dell’uso vengono leggermente schiacciate con un pestello per liberarne l’aroma, nell’utilizzo di latte fresco, generalmente di bufala, e nella giusta quantità di zucchero.

Essendo quest’ultimo ingrediente quello che richiede il maggior sforzo economico, i chai di strada tendono ad essere meno dolci di quelli preparati in casa o nei ristoranti, che spesso però risultano iperzuccherini e probabilmente sono tra le cause dei diffusi obesità e diabete.

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